Dolore e commozione alle esequie di mons. Rahho, il cui corpo è stato trovato a Mossul
Migliaia di persone, tra cui vescovi, fedeli cristiani e musulmani, hanno partecipato
stamani ai funerali di mons. Rahho, arcivescovo caldeo di Mossul, il cui corpo è stato
trovato ieri nei pressi della città irachena, dove il presule era stato rapito lo
scorso 29 febbraio. Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone,
ha sottolineato stamani che la morte di mons. Rahho testimonia che in Iraq ''la sofferenza
di cristiani è molto grave''; è ''un atto disumano - ha aggiunto - con il quale si
è giunti alla soglia della disperazione, sostenuta però dalla speranza che l'aiuto
di Dio e il valore dei sangue dei martiri sono sempre seme di nuove risorse ed energie''.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Se il
dolore e le sofferenze della comunità cristiana irachena possono essere circoscritti
in una sola area, quel luogo è il villaggio cristiano di Karamles, nel nord Iraq,
dove oggi si sono svolte i funerali dell’arcivescovo caldeo di Mossul, Paulos Faraj
Rahho. In questo villaggio sono stati già sepolti i tre cristiani, l’autista e due
guardie del corpo, assassinati durante le concitate fasi del sequestro del presule.
Sempre a Karamles, si è tenuta la cerimonia funebre di padre Ragheed Ganni, ucciso
lo scorso 3 giugno a Mossul insieme con suoi tre subdiaconi.
In questo
villaggio, dunque, si sono svolti stamani i funerali di mons. Rahho: il corteo funebre
è stato guidato da mons. Shleimun Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, e da mons.
Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul, rapito nel 2005 e liberato
dopo un giorno. Alla cerimonia, presieduta dal patriarca di Babilonia dei caldei,
il cardinale Emmanuel III Delly, hanno partecipato molti vescovi iracheni migliaia
di persone. Suor Iva delle Figlie di Maria Immacolata:
"C’era
tantissima gente: cristiani, musulmani, il patriarca, il nunzio, tanti preti. Noi
cristiani non perdiamo la fede, ma al contrario, questo ci dà la forza. Perchè facciamo
parte della storia, delle origini di questo Paese. Non abbiamo paura, abbiamo la fede,
abbiamo il coraggio. La gente, nonostante tutto, prega".
Durante il
corteo, lo struggente silenzio della gente è stato interrotto dai canti funebri. Ai
lati della strada, molte donne con in mano mazzi di fiori hanno lanciato grida di
dolore al passaggio della bara, portata da fedeli e benedetta con ramoscelli d’ulivo.
All’interno della chiesa, emblematica fra tante l'immagine di un giovane soldato,
con la testa tra le mani, il corpo immobile, in attesa dell’inizio della cerimonia
funebre. In tutti è vivo e forte il ricordo di mons. Rahho. Ancora suor Iva:
"[Mons.
Rahho] Voleva il bene dell’Iraq. Diceva: 'L'Iraq è di tutti'. Vogliamo costruire l’Iraq.
Questa sua frase mi ricordo, in particolare. Lui era amico di tutti, non solo dei
cristiani. Aveva bei rapporti anche con molti musulmani e faceva del bene a tutti.
Era una persona che tutti amavano, anche i musulmani. Era simpatico, non faceva distinzioni".
L’amministratore
patriarcale di Erbil, mons. Rabban al Qas, ricorda proprio questo
grande impegno di mons. Rahho per tutti gli iracheni:
"Il vescovo non
è solo il vescovo dei cristiani, è il figlio di questa città di Mossul. Le porte del
vescovado erano aperte a tutti, non solo ai cristiani, ma anche agli arabi. Il terrorismo,
però, non sarà la fine della nostra amicizia. Siamo uniti nel difendere i cristiani
dai terroristi".
Sulle cause della morte di mons.
Rahho mancano elementi certi. Sul suo corpo, ritrovato vicino ad un’area usata come
discarica, sembra non ci siano segni di violenze. Stando alle ultime notizie, l’autopsia
avrebbe anche accertato che il decesso risale ad almeno cinque giorni fa. È dunque
possibile che l’arcivescovo sia morto per la mancanza di medicinali che doveva assumere
regolarmente per gravi problemi di salute.
Per quanto riguarda il sequestro,
sembra inoltre che i rapitori abbiano richiesto, oltre ad un riscatto di almeno 1
milione di dollari, anche forniture di armi e la liberazione di prigionieri arabi
nelle carceri curde. Il premier iracheno, Nouri Al Maliki, ha dichiarato poi che i
responsabili del rapimento, avvenuto lo scorso 29 febbraio, sono membri all’organizzazione
terroristica Al Qaeda.
I cristiani in Iraq sono circa
un milione, di cui 600 mila caldei, ma al momento attuale è difficile riportare cifre,
a causa della diaspora in Siria e in Giordania, in seguito alla guerra, ma anche degli
spostamenti all’interno dello stesso Iraq. Mossul si conferma la città più pericolosa
per la comunità cristiana. Solo nel 2007 sarebbero almeno 13 i cristiani uccisi più
due sacerdoti e un vescovo rapiti, mentre in tutto l’Iraq, per l’anno passato, il
bilancio delle vittime, tra i cristiani, di azioni violente sarebbe di 47 morti.