2008-03-13 20:08:22

Un atto di disumana violenza: così il Papa dopo la tragica morte dell'arcivescovo di Mossul, mons. Rahho, rapito nei giorni scorsi in Iraq




“Un atto di disumana violenza”: con queste parole il Papa ha definito la morte dell'arcivescovo caldeo di Mossul Paulos Faraj Rahho, rapito il 29 febbraio scorso Iraq e il cui corpo è stato ritrovato oggi a Mossul. In un telegramma inviato al cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei, Benedetto XVI esprime il suo profondo dolore e manifesta la sua “particolare vicinanza” alla chiesa caldea e all’intera comunità cristiana del Paese “riaffermando la più decisa deplorazione per un atto di disumana violenza che offende la dignità dell’essere umano e nuoce gravemente alla causa della fraterna convivenza dell’amato popolo iracheno”. Il Papa assicura “fervide preghiere di suffragio per lo zelante pastore sequestrato proprio al termine della celebrazione della Via Crucis” e invoca “dal Signore la sua misericordia perché questo tragico evento serva a costruire nella martoriata terra dell’Iraq un futuro di pace”. Ma ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi RealAudioMP3

La notizia della morte di mons. Rahho, rapito nei giorni scorsi, colpisce a addolora profondamente il Santo Padre, che è stato subito informato. Tutti avevamo continuato a sperare e a pregare per una sua liberazione, come il Papa aveva più volte chiesto nei suoi appelli. Purtroppo la violenza più assurda e ingiustificata continua ad accanirsi sul popolo iracheno e in particolare sulla piccola comunità cristiana, a cui il Papa e tutti noi siamo particolarmente vicini nella preghiera e nella solidarietà in questo momento di grande dolore. Vi è da augurarsi che questo tragico evento richiami ancora una volta e con più forza l’impegno di tutti e in particolare della comunità internazionale per la pacificazione di un Paese così travagliato.

 
A dare l’annuncio del ritrovamento del cadavere, è stato il vescovo ausiliare di Baghdad mons. Shlemon Warduni. Il servizio di Debora Donnini. RealAudioMP3
 
I funerali di mons. Rahho dovrebbero svolgersi domani nel villaggio cristiano di Karamles, vicino Mosul. L’arcivescovo sarà sepolto vicino a padre Ragheed, il suo sacerdote e segretario ucciso il 3 giugno 2007 all’uscita dalla messa da un commando terrorista. ''Una grande Croce per la nostra Chiesa prima della Pasqua'' commenta il vescovo di Arbil, mons. Rabban al Qas che, intervistato da Marie Duhamel, spiega come la chiesa irachena vive queste ore di angoscia. RealAudioMP3
 
Sulla tragica notizia della morte dell’arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Rahho, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, il visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa, mons. Philip Najim RealAudioMP3
 
R. - Il martirio di mons. Rahho speriamo serva all’Iraq e alla riconciliazione. E’ morto, ma la Chiesa è viva e continua la sua missione e noi tutti continuiamo la nostra testimonianza come cristiani in tutto il mondo. Preghiamo per l’Iraq, per i nostri fedeli e per il popolo iracheno. Preghiamo anche per il governo, perchè sappia veramente realizzare la sua responsabilità nel proteggere i cittadini che hanno dato fiducia a questi politici. E chiediamo a Dio Onnipotente che ci sia pace per l’Iraq e per tutto il popolo iracheno

 
.D. – E ora è il momento del silenzio e della preghiera...
R. – Infatti, perchè questo sangue serva per creare la pace in Iraq, perchè è un sangue puro, un sangue di fede. E’ un sangue di cristiani che danno la vita per gli altri. E così gli altri capiranno benissimo il significato vero e autentico della pace, del rispetto della vita umana, dell’uomo, del dono sacro di Dio che è la vita. Coglieranno questa significato in Iraq, terra dove è nata la fede, perché è la terra di Abramo. E’ anche la terra dove Dio si è rivelato per la prima volta al mondo.

 
D. – Nei giorni scorsi il Papa ha rivolto più appelli per la liberazione di mons. Rahho. Adesso quali appelli possiamo lanciare per l’Iraq?

 
R. – Pace, dialogo, riconciliazione e rispetto del dono di Dio della vita. Si devono rispettare gli iracheni, i loro diritti, perchè possano vivere una vita normale, una vita che dia loro la possibilità di rientrare nella comunità internazionale. Spero che questa volta la coscienza della comunità internazionale sia viva e faccia qualcosa per l’Iraq. Spero che si fermi questo mare di sangue, queste ondate di gente che lascia il Paese. Spero si arresti questo flusso di migrazioni, di gente che cerca la pace, una vita normale. Questo non è un modello di democrazia, né di un mondo civile. Questo è il modello di un disastro naturale, contro l’uomo, contro il popolo iracheno e contro tutto l’Iraq.

 

 

 

 
 







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