In corso a Palermo l'incontro dei segretari di Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali
europee nel ricordo di don Puglisi
"Il discepolo di Cristo è un testimone e la testimonianza cristiana va incontro a
difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi, è proprio il martirio
che dà valore alla testimonianza". E’ uno dei pensieri di Don Pino Puglisi, assassinato
dalla mafia nel ’93 per il suo impegno in favore della legalità e a fianco dei giovani
più deboli, facili prede per Cosa Nostra, con cui si sono aperti, ieri pomeriggio,
i lavori del meeting a Palermo dei segretari di Giustizia e Pace delle Conferenze
episcopali europee che si concluderà domani. “E’ questo un momento critico - ha detto
monsignor Paolo Tarchi, responsabile dell’ufficio pastorale e sociale della CEI -
in cui esponenti della Chiesa siciliana, subiscono minacce e vivono in pericolo” come
mons. Pennisi, il vescovo della diocesi di Piazza Armerina, minacciato dalle cosche
di Gela per essersi rifiutato di far celebrare, in forma solenne, il funerale di un
boss; o come i salesiani di Palermo, vittime di intimidazioni mafiose e di tentate
estorsioni. "Sebbene vada aprendosi a Palermo un cammino di legalità - ha dichiarato
l’arcivescovo Paolo Romeo nel suo discorso di benvenuto - nessuno fa la fila davanti
i posti di polizia per denunciare di essere vittima del racket". Oggi pomeriggio il
meeting farà tappa nella piazza del quartiere Brancaccio in cui padre Puglisi ha combattuto
i mafiosi che lo hanno minacciato, picchiato e ucciso. "Padre Puglisi voleva che la
gente aprisse gli occhi sulla verità della mafia", ha detto suor Carolina, che ha
lavorato a fianco del sacerdote. E ha aggiunto: "Credo che il suo sangue, ancora oggi,
gridi nelle persone che, in qualche modo, vogliono fare la rivoluzione del Vangelo
e dell’amore". (Da Palermo: Alessandra Zaffiro)