Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
Nella quinta Domenica di Quaresima la Liturgia ci propone il Vangelo della risurrezione
di Lazzaro. Gesù giunge a Betania dove l’amico è morto ormai da quattro giorni. Ai
discepoli confida che questo evento “non è per la morte, ma per la gloria di Dio”.
Quindi incontra le due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, si commuove profondamente
e scoppia in pianto. Prima di risuscitarlo dice:
“Io sono la risurrezione
e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non
morrà in eterno”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo
il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla
Pontificia Università Lateranense:
A Marta
è morto il fratello da quattro giorni e Gesù le dice: «Io sono la risurrezione e la
vita!» Ella non può comprendere il rapporto che c'è tra quel che Gesù afferma di sé
e il fatto che suo fratello giace morto nel sepolcro da quattro giorni.
Marta
crede nella risurrezione e crede anche che Gesù sia il Cristo, cioè, il Messia, il
Figlio del Dio vivo. Ma Gesù vuol condurre la sua fede verso una più grande perfezione
mostrandole qualcosa in più del mistero della Sua identità e, conseguentemente, mostrandole
l'implicazione con la sua concreta realtà esistenziale presente: con suo fratello
che giace morto e con il suo dolore.
Senza questo
affondo nel mistero della persona di Gesù e senza l'intersezione con il suo momento
di dolore e di morte, la fede di Marta rimane ancora troppo staccata dalla sua reale
esistenza e da quella di Gesù.
«Io sono, sono io
la risurrezione e la vita!» Allora, non è il passato ad essere decisivo in ultima
istanza («se tu fossi stato qui»), ma il presente, la Sua presenza qui e ora e l'aver
parte a Lui, non a qualcosa che Lui darà, o a qualcosa di Lui, ma proprio a Lui, a
Lui stesso. «Sono io la risurrezione e la vita». Il miracolo è che la Sua presenza
riapre la vita nel mio presente, liberandolo dai ceppi di un passato irrimediabilmente
chiuso.