8 marzo, Giornata internazionale per i diritti delle donne
Si celebra oggi, 8 marzo, la Giornata internazionale per i diritti delle donne, sotto
l'egida dell'ONU, sul tema "Investire nelle donne e nelle ragazze". Ancora oggi nel
mondo i diritti delle donne sono spesso violati. D'altra parte, insieme alla necessaria
azione della comunità internazionale, è importante anche "proporre alle giovani non
modelli di vita astratti, ma testimonianze concrete”: è questo l’invito di Cristiana
Dobner, carmelitana scalza, in occasione di questa Giornata. Intervenuta nel recente
Convegno promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici per il 20.mo anniversario della
Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II Mulieris Dignitatem, la religiosa spiega
così, al microfono di Silvia Gusmano, qual è, a suo avviso, la battaglia più
importante sul fronte della promozione dei diritti delle donne nel mondo:
R. –
Creare nella donna la consapevolezza di dover ritrovare se stessa, partendo da sé,
e quindi puntando sull’educazione. Manca un’educazione anche scolare nella donna,
in molti Paesi; e mancano anche spazi sociali e familiari adeguati. Quindi, una donna
che sia capace di collocarsi all’interno della Parola di Dio e lasciarsi quasi coprire,
avvolgere dalla Parola di Dio, ma che sia anche aperta alle sollecitazioni del mondo.
D.
– Recentemente, Benedetto XVI ha richiamato l’irriducibilità della differenza tra
uomo e donna; numerose correnti politiche e culturali, tuttavia, vanno in una direzione
opposta, oggi...
R. – Sì. Soprattutto il gender.
A mio avviso, c’è una grande sfida culturale, che noi dovremmo essere capaci di affrontare
per poter proporre tutta la profondità ontologica della Parola di Dio, che ci ha creati
uomo e donna. Nel contempo, tentare di capire oggi come uomo e donna vengano letti
dalla cultura contemporanea, ma anche da un’antropologia evangelica.
D.
– E per quanto riguarda la presenza della donna nella Chiesa, ritiene che qualcosa
sia cambiato in questi 20 anni dalla Lettera apostolica “Mulieris dignitatem” di Giovanni
Paolo II?
R. – Relativamente, sì. Nel senso che si
è prestata più attenzione alla donna. Da un punto di vista concreto e di efficienza,
mi pare che si muovano i primi passi. Però, bisognerebbe davvero creare degli spazi
di evangelizzazione tipici della donna, non in concorrenza con un’evangelizzazione
maschile o soltanto presbiterale. Trovare la modalità specifica della donna nella
Chiesa, oggi.
D. – Come immagina questa modalità
specifica?
R. – Potrebbe essere riportata ad una
evangelizzazione nel senso di educazione evangelizzatrice, partendo da una predicazione
della Parola, da una riflessione teologica seria.
D.
– Nel recente convegno della Chiesa sulla donna, lei è intervenuta sul tema “Il senso
religioso al femminile”. Qual è il modello di questo senso religioso, e in cosa consiste?
R.
– Miriam di Nazareth è la donna evangelica che più, a mio avviso, ha colto anche quelle
che sono le dinamiche odierne a cui noi prestiamo molta attenzione. Mi riferisco al
riflettere, al partire da sé. Quando Maria si è trovata dinanzi all’evento di Gesù
e ne è rimasta scossa – perché i verbi greci che si usano non sono verbi di riflessione
pacata, ma di turbolenza, di fatica – Miriam di Nazareth è stata capace di riflettere
e di agire di conseguenza. Da qui mi pare che debba dipanarsi ogni sentire religioso
della donna.