La Parola di Dio, come "cammino di santificazione personale", al centro della terza
predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa
Accogliere la Parola di Dio, contemplarla e metterla in pratica significa compiere
un “cammino di santificazione personale”. E’ quanto sottolinea padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa pontificia, nella terza predica di Quaresima pronunciata stamani
alla presenza del Santo Padre nella cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La Parola
di Dio è “cammino di santificazione personale”, “sostanza della nostra anima” e strumento
per un “intimo colloquio” con Dio. Per completare questo cammino sono necessarie tre
operazioni: la Parola - osserva padre Cantalamessa, riprendendo la lettera di San
Giacomo - deve essere ascoltata, meditata e messa in pratica. In questo percorso,
si devono evitare il rischio di una “lettura impersonale”, limitandosi solo a studiare
le Sacre Scritture, e quello di una interpretazione alla lettera, “senza alcuna mediazione
ermeneutica”. Si tratta di due pericoli apparentemente opposti - fa notare il predicatore
della Casa pontificia - che hanno in realtà in comune il fatto di trascurare lo Spirito.
La seconda tappa suggerita da San Giacomo consiste nel “fissare lo sguardo” sulla
Parola per crescere in una duplice conoscenza, di sé e di Dio:
“L’anima
che si guarda nello specchio della Parola impara a conoscere ‘com’è’, impara a conoscere
se stessa, scopre la sua difformità dall’immagine di Dio e dall’immagine di Cristo”.
Più
che scrutare la Scrittura, si tratta quindi “di lasciarsi scrutare dalla Scrittura”:
la Parola di Dio - aggiunge padre Cantalamessa - assicura una “fondamentale” ed “infallibile”
direzione spirituale. La tappa successiva è quella di mettere in pratica la Parola:
“Le
Parole di Dio, sotto l’azione dello Spirito, diventano espressione della vivente volontà
di Dio per me, in un dato momento… L’obbedienza alla Parola di Dio è l’obbedienza
che possiamo fare sempre”.
La predica del religioso francescano si conclude
con la preghiera che Sant’Agostino eleva a Dio nelle sue Confessioni: “Siano le tue
Scritture le mie caste delizie; che io non m’inganni su di esse, né inganni gli altri
con esse”.