Il rapimento del vescovo caldeo di Mosul: si aspettano segnali dai rapitori
Dopo 24 ore di silenzio e riservatezza per favorire le delicate trattative per la
liberazione dell’arcivescovo caldeo di Mosul, Paulos Faraj Rahho, oggi in Iraq si
vivono momenti di grande attesa. A riaccendere la speranza della comunità cristiana
irachena è stato il vescovo latino di Baghdad, mons. Jean Benjamin Sleiman, dichiarando
al Sir che aspetta “di sapere qualcosa di nuovo nella giornata di oggi”. “Il rapimento
– ha proseguito il presule – non è stato rivendicato, ma si suppone che in quella
zona abbiano operato dei fondamentalisti, forse sunniti. Nella visione delle cose
irachene - ha detto Mons. Sleiman - i cristiani sono identificati con gli occupanti.
Se coloro che fanno certi atti sapessero quanto rifiuto la politica americana susciti
nei ceti cristiani, forse non avrebbero compiuto un tale gesto. Purtroppo la mentalità
tribale irachena confonde tutto e tutti”. Si spera quindi di riprendere le trattative
che sembravano essersi arenate a seguito delle richieste di un ingente riscatto. Una
richiesta peraltro avanzata senza che sia stata fornita alcuna prova sull’esistenza
in vita dell’ostaggio. Intanto ieri si è registrato l’appello del Consiglio episcopale
della Chiesa cattolica maronita del Libano, che ha chiesto il rilascio del presule
e ha condannato l’uccisione dell'autista e delle due guardie del corpo. Liberazione
richiesta con forza anche dal gruppo dei saggi musulmani che hanno preso parte all’incontro
in Vaticano con la Curia per discutere come migliorare i rapporti tra musulmani e
cattolici. (M.G.)