Da oggi al 9 marzo la visita del cardinale Bertone in Armenia e Azerbaigian: le speranze
della Chiesa nelle parole del nunzio, mons. Gugerotti
E’ iniziato oggi il viaggio in Armenia del cardinale Tarcisio Bertone, segretario
di Stato vaticano, la cui partenza da Roma era stata rimandata domenica scorsa a seguito
dei violenti scontri nel Paese dopo le elezioni presidenziali e lo stato di emergenza
dichiarato dal governo dell’ex Repubblica sovietica, indipendente – ricordiamo - dal
1991, visitata da Giovanni Paolo II nel 2001. Il soggiorno del cardinale Bertone in
Armenia, su invito della autorità religiose e civili, durerà tre giorni e precede
la visita nel confinante Azerbaigian, dal 6 al 9 marzo. Nella prima giornata, in programma
a Etchmiadzin - sede della Chiesa armena apostolica - l’incontro del porporato con
il Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin II, e la consegna di
una Lettera autografa di Benedetto XVI, a confermare la stima e il desiderio di procedere
nel cammino ecumenico. In seguito, il cardinale Bertone incontrerà, nella capitale
Yerevan, il primo ministro Serge Sarkisian. Sono però possibili variazioni all’agenda
prevista. Ma sulla situazione nel Paese ascoltiamo l’arcivescovo Claudio Gugerotti,nunzio apostolico in Georgia, Armenia e Azerbaigian, intervistato da Giovanni
Peduto:
R. –
La situazione in Armenia rimane molto tesa a causa della contrapposizione politica
che si è verificata dopo le elezioni e a causa dello spargimento di sangue dei giorni
scorsi e dello stato di emergenza che ancora perdura.
D.
– Quali sono le prospettive?
R. – Le prospettive
sono molto nebulose. Credo che un compito molto importante avrà la diplomazia internazionale
per evitare che questa contrapposizione politica possa diventare uno scontro permanente
e bloccare il Paese.
D. – Quali sono le attese per
questo viaggio del cardinale Bertone?
R. – Le attese
sono molto forti, anche perché come è ben comprensibile in questo momento non ci sono
visite ufficiali. Il cardinale, pur ritardando di due giorni la visita, ha voluto
confermarla, proprio per dare un senso particolare della presenza della Chiesa cattolica,
della Santa Sede, del Santo Padre, accanto al popolo armeno in questo momento di grande
sbandamento e difficoltà interiore. Le attese sono molto grandi, anzitutto per una
consolazione spirituale. C’è poi il tentativo della Chiesa armena apostolica di pacificare
la situazione, gli animi, le difficoltà concrete. E poi anche il fatto che il cardinale
si incontrerà con le massime autorità civili. Quindi, certamente, porterà un invito
molto vibrante, perché cessi ogni tipo di contrapposizione violenta, che potrebbe
essere fatale per questo Paese.
D. – Il cardinale
Bertone visiterà poi anche l’Azerbaigian, che al contrario dell’Armenia, è un Paese
a maggioranza musulmana. Qual è la situazione? Quale Paese si troverà davanti il porporato?
R.
– Si troverà davanti un Paese che tenta disperatamente di uscire dall’eredità postsovietica
e che quindi tenta di superare i problemi che ne conseguono: la corruzione, la difficoltà
nel far partire un’economia che sia effettivamente a vantaggio di tutti e non solo
concentrata nelle mani di pochi, un Paese che sta facendo di tutto, per sfuggire alla
morsa del fondamentalismo islamico e che vuole porsi come esempio di tolleranza e
per questo ha invitato il cardinale.
D. – Qual è
la situazione dei cristiani in Azerbaigian?
R. –
I cristiani in Azerbaigian sono di tre tipi. C’è una presenza tradizionale della Chiesa
ortodossa russa, molto numerosa come comprensibile, ma anche in una posizione di grosso
pericolo, perché sarebbe una delle vittime principali di questo fondamentalismo, dal
momento che la Cecenia è molto vicina. La seconda, è la presenza dei cattolici, una
presenza molto limitata di numero, fatta di emigrati, o meglio immigrati per ragioni
di lavoro, oppure di discendenti da famiglie di origine cattolica. Poi c’è un pullulare
di gruppi religiosi cristiani, che chiamiamo “nuove chiese” oppure “sette”, che sono
sempre più diffusi, perché c’è un’enorme ricerca nel Paese, soprattutto da parte dei
giovani, di una prospettiva di vita che possa essere permanente. Quindi, la situazione
religiosa è molto fluida e le autorità musulmane sono impegnate per il momento a promuovere
un grande impegno di tolleranza. La Santa Sede desidera appoggiarle in questo e mostrare
che una convivenza e un affetto reciproco, pur nelle difficoltà esistenti, è possibile.
D.
– Lei è nunzio apostolico in Georgia, Armenia e Azerbaigian, quali sono le sue speranze
per queste terre?
R. – Le speranze sono che si possa
presto uscire da questa situazione di transizione dalla mentalità e anche dall’eredità
del mondo sovietico, e che si possa lasciare a queste terre la possibilità di esprimere
il meglio di sé. Perché questo avvenga è necessario che l’Europa si accorga che esistano
e che esistono autonomamente dai propri interessi, ciò vuol dire che non sono solo
dei luoghi strategici da poter raggiungere, ma sono delle reali risorse con cui potersi
confrontare. Il ruolo dell’Occidente in queste aree è determinante per il futuro di
questa regione, strategicamente importantissima.