Stasera in Aula Paolo VI, la Veglia di preghiera del Papa con migliaia di studenti,
in occasione della VI Giornata europea degli universitari
“Europa e Americhe insieme per costruire la civiltà dell’amore”: è il tema della sesta
Giornata europea degli universitari, che vivrà il suo momento culminante stasera con
la Veglia di preghiera del Papa assieme a migliaia di studenti, in Aula Paolo VI.
L’incontro con il Benedetto XVI, a partire dalle ore 18, sarà seguito in collegamento
satellitare da alcune città europee e delle due Americhe. L'evento, promosso dal Consiglio
delle conferenze episcopali europee (CCEE) e organizzato dalla Pastorale universitaria
del Vicariato di Roma, sarà seguito dalla nostra emittente in radiocronaca diretta
in lingua italiana, per la zona di Roma, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione
di frequenza di 105 MHz. Sul tema della giornata, Alessandro Gisotti ha intervistato
mons. Aldo Giordano, segretario generale della CCEE:
R. -
La prima realtà è che si vuole rispondere alle sfide della globalizzazione. La Chiesa
cattolica è universale, riguarda quindi tutto il mondo ed ha questa grande chance
di mettere insieme, di mettere in "rete" addirittura i continenti. Dall’altra parte,
c’è una presa di coscienza nuova del compito delle Università e soprattutto delle
generazioni giovani che stanno studiando nelle Università. Le Università sono un luogo
di pensiero, di formazione: sono un luogo della cultura e sono sempre più interconnesse
fra loro sia a livello europeo, sia a livello mondiale. Saranno proprio questi giovani
che domani avranno una visione planetaria e che anche a livello di lavoro e a livello
di contatti avranno a che fare con tutti i continenti.
D.
- Quale contributo i giovani universitari possono offrire alla costruzione di una
nuova Europa, aperta ma senza disconoscere la propria identità?
R.
- Da una parte, i giovani sono certamente più liberi dalle ideologie - le generazioni
più anziane hanno infatti dovuto affrontare le ideologie e quindi si confrontano ancora
con questi problemi - ed hanno inoltre una spontanea esperienza di legame tra i popoli
e tra le culture. Sono sempre al di là delle frontiere. La stessa Università oggi
favorisce queste esperienze in Paesi stranieri proprio per far conoscere queste realtà.
I giovani possono allora portare una novità, possono avere una intuizione di un mondo
veramente diverso, di una civiltà diversa, di una civiltà più giusta, di una civiltà
che cerca la pace. Dall’altra parte, però, perché questo desiderio dei giovani non
sia senza radice, noi abbiamo un grosso compito di formazione per poter trasmettere
dei valori che sono stati già sedimentati nei secoli e nei millenni. C’è una esperienza
dell’umanità, c’è una esperienza culturale, c’è un’esperienza di ricerca e di valori
che noi abbiamo la responsabilità di trasmettere.
D.
- Benedetto XVI propone una fede amica della ragione. Come portare avanti questo impegno
nelle Università e nel mondo della cultura, in particolare, europea?
R.
- Direi che l’Università rappresenta proprio il luogo tipico per potare avanti tutto
questo. E questo perché in Europa, da una parte, abbiamo una grande tradizione sul
tema della ragione, con il rischio però di eliminare ogni tipo di riferimento ad altro
dalla ragione o riferimento dalla trascendenza. Il Papa, invece, intuisce e capisce
che la ragione può realizzare in pienezza il suo compito quando è aperta al trascendente,
quando è aperta all’oltre e, infondo, quando è aperta a Dio. In questo senso, anche
dialogare come europei con l’America Latina è interessante. Quando, ad esempio, abbiamo
partecipato nel maggio scorso alla V Conferenza dei vescovi dell’America Latina abbiamo
colto come in quel continente vi sia quasi una naturale apertura al trascendente.
Cosa, questa, che noi qui in Europa - per via della secolarizzazione - rischiamo di
perdere. Dobbiamo quindi recuperare la vera tradizione dell’Europa, che è una ragione
che è sempre stata aperta e che ha contribuito alla crescita del mondo intero.