Padre Cantalamessa alla seconda predica di Quaresima: la Chiesa predichi il Vangelo
con la carità evitando le "chiacchiere profane"
“Parlare come con parole di Dio”. È stato questo il tema della seconda predica di
Quaresima, pronunciata stamani da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della
Casa Pontificia, alla presenza del Santo Padre. Nella cappella “Redemptoris Mater”,
il religioso francescano ha messo in guardia dai “falsi profeti” che pronunciano “parole
inutili”, non ispirate da Dio. Il servizio di Isabella Piro:
“Di
ogni parola inutile, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio” (Mt 12,36):
il versetto del Vangelo di Matteo ha offerto lo spunto a tutta la predica di Padre
Cantalamessa. Ricordando che il vero predicatore è colui che non predica se stesso,
ma Cristo Gesù, il frate cappuccino ha messo in guardia dalle parole inutili ed inefficaci:
“La parola inutile, di cui gli uomini dovranno rendere conto nel giorno
del giudizio, non è ogni e qualsiasi parola inutile; è la parola inutile, vuota, pronunciata
da colui che dovrebbe invece pronunciare le 'energiche parole di Dio'. È, insomma,
la parola del falso profeta, che non riceve la parola da Dio e tuttavia induce gli
altri a credere che sia parola di Dio”. Di qui, il richiamo
a tutti gli uomini di Chiesa perché non stravolgano la verità della parola di Dio:
"[Gli] uomini che dovranno rendere conto di ogni parola inutile
sono gli uomini di Chiesa; siamo noi predicatori della parola di Dio. I falsi profeti
non sono soltanto coloro che di tanto in tanto spargono eresie; sono anche coloro
che 'falsificano la parola di Dio. (…) I falsi profeti sono coloro che non presentano
la parola di Dio nella sua purezza, ma la diluiscono ed estenuano in mille parole
umane che escono dal loro cuore”. In un’umanità “malata
di chiasso”, ha continuato padre Cantalamessa, è necessario un “digiuno di parole”
e la Chiesa stessa deve evitare le “chiacchiere profane” che non hanno attinenza con
la sua missione, “paglia di parole inutili” che finiscono solo per riempire i giornali.
Importante poi evitare il rischio di strumentalizzazione del Vangelo:
“Quando
un uditorio è così predeterminato da condizionamenti psicologici, sindacali, politici
o passionali, da rendere, in partenza, impossibile non dire ciò che esso si aspetta
e non dare ad esso completamente ragione su tutto; quando non c'è alcuna speranza
di poter portare gli ascoltatori a quel punto in cui è possibile dire loro: 'Convertitevi
e credete!', allora è bene non proclamare affatto la parola di Dio perché essa non
sia strumentalizzata per fini di parte e, quindi, tradita. È meglio, in altre parole,
rinunciare a fare un annuncio vero e proprio, limitandosi, semmai, ad ascoltare, a
cercare di capire e prendere parte alle ansie e alle sofferenze della gente, predicando
piuttosto con la presenza e con la carità il Vangelo del regno”. Il
vero predicatore, allora, ha aggiunto Padre Cantalamessa, è colui che sottomette l’esperienza
umana alla parola di Dio, ponendola al suo servizio. E questo significa “parlare in
Cristo”, parlare “come con parole di Dio”:
“Non vuol dire certo ripetere
materialmente e solo le parole pronunciate da Cristo e da Dio nella Scrittura. Vuol
dire che l’ispirazione di fondo, il pensiero che 'informa' e sorregge tutto il resto
deve venire da Dio, non dall’uomo. L’annunciatore deve essere 'mosso da Dio' e parlare
come in sua presenza”. Infine, il predicatore pontificio ha
invitato i religiosi a pregare sempre prima di dedicarsi alla stesura di un’omelia,
poiché solo in questo modo si può fare propria la parola di Dio, quella che tocca
il cuore e conduce più di un ascoltatore al confessionale.