2008-02-28 15:35:11

Nuovi raid israeliani nella Striscia di Gaza causano numerose vittime tra i palestinesi


Due nuovi raid aerei sono stati compiuti nella tarda mattinata di oggi nel nord della Striscia di Gaza. Fonti mediche hanno riferito all'ANSA che un miliziano di Hamas è rimasto ucciso e altri tre feriti. Gli attacchi sono stati compiuti vicino a a Beit Hanun e a Beit Lahia. Da questa mattina sale così a otto il totale dei palestinesi uccisi: sette nella Striscia di Gaza, tra cui 4 bambini, e uno in Cisgiordania. Sempre da questa mattina sono 17 i razzi Qassam che, sparati da miliziani palestinesi contro la città israeliana di Sderot, hanno provocato finora quattro feriti. Ieri, sono rimasti uccisi 13 palestinesi (compreso un miliziano in Cisgiordania) e un civile israeliano (colpito da un razzo Qassam a Sderot). Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto “preoccupato dell'escalation di violenza” ed ha espresso “la speranza che questo non faccia deragliare il processo di pace”.

Israele
L'ex presidente israeliano, Moshe Katzav, è stato formalmente incriminato per reati di natura sessuale dal procuratore generale dello Stato davanti al tribunale distrettuale di Gerusalemme. Katzav è accusato di atti immorali senza consenso e con l'esercizio di pressioni nei confronti di una sua ex dipendente quando era ministro del Turismo, di molestie sessuali e di aver infastidito un testimone. I capi di imputazione sono stati pattuiti con gli avvocati della difesa lo scorso giugno, stralciando le imputazioni più pesanti, come stupro e violenze sessuali.

Iraq
Un civile iracheno è stato ucciso dalle forze americane nei pressi di un posto di blocco a Muqdadiya, 90 km a nord-est da Baghdad. Secondo fonti USA non si era fermato a un blocco, ma non aveva armi. Intanto a Mossul, due poliziotti iracheni, padre e figlio, sono stati uccisi in un agguato.

Gli Stati Uniti a colloquio con i vertici turchi per le incursioni in Nord Iraq
“Gli Stati Uniti ritengono che l'offensiva in corso debba essere breve ed il più possibile mirata negli obiettivi”. Così, il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, da Ankara, ha esortato la Turchia a limitare la durata delle operazioni militari nel nord dell’Iraq tese a colpire le basi del PKK nel Kurdistan iracheno. Le autorità turche non hanno fornito date per la conclusione delle operazioni. Quali sono, dunque, i rischi che possono scaturire da questa situazione di tensione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mirella Galletti, docente di Diritto delle Comunità Islamiche presso l’Università Cà Foscari di Venezia:RealAudioMP3


R. – Il problema non è tanto il PKK, che già da anni è al confine tra il Kurdistan iracheno e il Kurdistan turco ed iraniano, ma il problema per i militari turchi è rappresentato dalla regione autonoma del Kurdistan iracheno. Di fatto questi attacchi mirano non tanto a distruggere il PKK, quanto ad indebolire questa specie di Stato che de facto è quasi indipendente nel Kurdistan iracheno. Vorrei anche sottolineare che questi bombardamenti più che distruggere le basi del PKK, distruggono le infrastrutture che sono all’interno del Kurdistan iracheno.

 
D. – Il Kurdistan iracheno è una delle regioni più ricche di petrolio e da sempre indirizzata verso l’autonomia. Le tensioni tra Baghdad ed Ankara di questi ultimi giorni sono più politiche o economiche?

 
R. – Probabilmente sono più politiche, ma poi dopo – come è stato anche sottolineato nell’ambiente del presidente della regione autonoma del Kurdistan, Massud Barzani - di fatto Baghdad e il governo iracheno sembra che abbiano espresso delle proteste, anche se tiepide, nei confronti della Turchia. Non c’è stato, poi, un atteggiamento molto vigoroso contro la Turchia, perché di fatto questa regione autonoma dà fastidio a tutti.

D. – C’è, però, da sottolineare che molti analisti dicono che c’è stata una reazione tiepida anche da parte della Comunità internazionale. Perché questo atteggiamento?

 
R. – Il problema è che la Turchia rappresenta un punto vitale per l’Occidente, soprattutto per gli Stati Uniti. Dal canto suo, la Turchia ha anche delle relazioni strettissime con Israele.Il suo governo islamico rappresenta anche un volto modernizzante dell’islam. Abbiamo, quindi, una reazione internazionale estremamente tiepida.

 
Pakistan
Un missile ha colpito una casa nella regione pachistana del Waziristan, facendo almeno otto vittime. L'attacco è avvenuto nel sud della regione, vicino al villaggio di Kaloosha, una zona ritenuta rifugio dei militanti di al Qaeda, al confine con l'Afghanistan. Un ufficiale della sicurezza ha affermato di ritenere che il missile sia stato sparato dalle forze americane dal vicino Afghanistan. Tuttavia, nè gli Stati Uniti nè le autorità pachistane hanno confermato questa ipotesi.

Afghanistan
La polizia afghana ha ucciso 25 combattenti talebani, tra cui un loro comandante, in uno scontro nel sud del Paese. I militanti sono stati uccisi ieri a Nadi Ali, nel distretto di Helmand, uno dei principali bastioni talebani e uno dei maggiori produttori di droga regionali dell'Afghanistan. L'Afghanistan sta assistendo ad una crescente ondata di violenza, in cui sono morte più di 11 mila persone negli ultimi due anni.

Libano
I vertici della forza ONU schierata in Libano (UNIFIL) hanno assicurato oggi che “non c'è ragione di temere un aumento della tensione” dopo le minacce di “guerra aperta” rivolte da Hezbollah a Israele in seguito all'uccisione, in un attentato due settimane fa, a Damasco di Imad Mughniyeh, capo militare del movimento sciita libanese. Tutte le parti hanno ancora una volta confermato il pieno impegno a rispettare la risoluzione ONU 1701, che ha posto fine nell'agosto 2006 alle ostilità tra Hezbollah e Israele dopo 34 giorni di guerra. Le rassicurazioni dell'UNIFIL contrastano tuttavia con alcuni recenti rapporti di stampa stranieri.

Questione cipriota
Segnali di apertura da parte del leader turco cipriota, Mahmet Ali Talat, nei confronti del neo presidente di Cipro, Demetris Christofias, considerato favorevole al rilancio del dialogo per la riunificazione dell’isola. L’ultimo tentativo di risolvere la crisi cipriota, apertasi nel 1974 dopo l’occupazione turca della parte settentrionale del Paese, è stato con il referendum sulla riunificazione promosso dalle Nazioni Unite nel 2004, ma bocciato dal 76% dei greco ciprioti. Servirà, dunque, l’uscita di scena dell’ex presidente nazionalista Papadopulos a rilanciare il dialogo tra le due parti di Cipro e a far crollare l’ultimo muro all’interno dell’UE? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Stefano Silvestri, direttore dell’Istituto Affari Internazionali:RealAudioMP3


R. – Credo sia possibilee questo non solo perché i due leader si riferiscono alla tradizione del partito comunista, che a Cipro è sempre stata molto forte, ma perché così hanno detto. Così ha detto Christofias e così ha detto anche il presidente turco-cipriota. Il problema è vedere quanto di tutto questo è un movimento – diciamo – di public relations e quanto è, invece, sostanziale. È comunque un segnale positivo, che sia stata espressa questa volontà di andare avanti.

 
D. – Per la Turchia, Cipro rappresenta il principale ostacolo all’avvio di un processo di integrazione nella Unione Europea. Potrebbe essere possibile se solo si presentasse l’occasione di salvare la faccia e quindi di soprassedere sull’occupazione di Cipro?

R. – Credo che ci voglia prima una qualche soluzione politica. per il resto tutti sono d’accordo che la Repubblica di Cipro, la Repubblica turco-cipriota è uno Stato che non ha possibilità di sopravvivere da solo. Diciamo che i turchi sarebbero favorevoli ad una soluzione di tipo federale mentre i ciprioti greci sono più favorevoli ad una soluzione di tipo unitario. Il problema è, come sempre, sui dati particolari e quindi sulle case, sui terreni, sulle popolazioni. Ci sono tutti questi elementi che poi diventano difficili all’interno del negoziato.

 
D. – Christofias è stato indicato, durante la campagna elettorale come un antieuropeista e per quanto riguarda l’Unione Europea si presenta come l’unico leader ancora comunista tra i 27. Questo può essere un elemento di difficoltà?

 
R. – Bisognerà vedere. Se risolve la questione di Cipro sarà un altro benefattore dell’Unione Europea. In fondo anche Sarkozy aveva iniziato come un mezzo euroscettico e poi è riuscito a far passare il Trattato di Lisbona. Diciamo che l’aiuto può venire dalle parti più inaspettate.

 
Ultime fasi di alleanze e candidature in Italia, in vista del voto di aprile
Fervono le trattative all’interno degli schieramenti per definire alleanze e candidati. Accordo fatto sulle liste tra Forza Italia e Alleanza Nazionale. Confronto ancora aperto invece tra UDC e Rosa Bianca. Mentre Veltroni prova a rassicurare i cattolici del partito democratico sulla natura dell’intesa con i radicali. Servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3


Il tempo stringe. Entro domenica vanno infatti depositati i simboli delle liste ed essere decisi apparentamenti e coalizioni. L’incognita maggiore riguarda il centro: UDC e Rosa Bianca non hanno ancora trovato l’intesa. Intanto, nel Partito democratico Veltroni assicura di poter fare una sintesi sui temi etici tra i valori laici e quelli cattolici. E a proposito dell’ingresso dei radicali nel PD osserva: hanno accettato la cultura del dialogo e della mediazione. Siamo il partito del lavoro, aggiunge Veltroni che questa mattina ha presentato altri tre candidati, tra i quali l’unico sopravvissuto al rogo della Thyssenkrupp di Torino. Nel Popolo delle Libertà, Forza Italia e Alleanza Nazionale hanno trovato un accordo sulle quote delle candidature: ogni dieci parlamentari, tre saranno del partito di Fini. Ma si registrano i malumori dei partiti più piccoli. Nel fine settimana il PDL presenterà il proprio programma elettorale. Il primo problema da affrontare, spiega Berlusconi,  è quello dei rifiuti di Napoli; poi si metterà mano alla riduzione delle tasse a beneficio delle famiglie, delle imprese e del lavoro. Saranno anche allestiti gazebo in tutta Italia dove gli elettori del PDL potranno esprimersi sulle priorità. Il programma è stato presentato anche dalla Sinistra Arcobaleno: 14 i punti cardine, dalla sicurezza sui luoghi di lavoro alle misure per l'informazione, dalla nuova scala mobile alla lotta contro la precarietà, dalle misure per l’ambiente alla difesa della laicità dello Stato e della 194. Poi una serie di no: dal Mose di Venezia al ponte sullo Stretto alla TAV. (Giampiero Guadagni per la Radio Vaticana)

 
A Bruxelles si discute l’ingresso del Liechtenstein nello spazio Schengen
L'UE firmerà oggi col Liechtenstein l'estensione dello spazio Schengen di libero movimento. Un passaggio diventato più delicato, in seguito allo scandalo, scoppiato prima in Germania e che man mano si sta estendendo a numerosi Paesi europei, sulle centinaia di contribuenti che hanno frodato il fisco dei rispettivi Paesi, portando i fondi a Vaduz. Sarebbero venute proprio dalla Germania le maggiori perplessità all'inserimento del piccolo principato alpino fra i Paesi che godono delle condizioni previste dallo spazio Schengen. Lo spazio Schengen conta attualmente 24 Paesi, dei quali 22 UE, più Islanda e Norvegia. A novembre dovrebbe entrare anche la Svizzera.

Il commissario UE all’Allargamento annuncia accordo con la Bosnia Erzegovina
L'Unione Europea potrebbe firmare l'accordo di preadesione (ASA) con la Bosnia Erzegovina entro aprile ed è pronta in qualunque momento a riprendere il cammino interrotto con la Serbia. Lo ha detto il commissario UE all'Allargamento, Olli Rehn, al termine di un seminario informale di due giorni sull'avvenire europeo della Bosnia Erzegovina, a Bruxelles. Il commissario Rehn ha spiegato che il parlamento bosniaco dovrebbe completare le riforme richieste in tempi molto stretti. Possibile dunque in altrettantti tempi brevi la prospettata firma dell'ASA con la Bosnia, che farà fare un nuovo passo in avanti al processo di avvicinamento alla UE dei Paesi dei Balcani occidentali. Passo in avanti tanto più significativo dopo la situazione delicata che si è creata con la proclamazione dell'indipendenza del Kosovo. La firma per un accordo politico ad interim tra UE e Belgrado, programmata per il 7 febbraio scorso, è stata, infatti, congelata dopo le violenze scoppiate in seguito alla separazione della ex provincia serba. Da parte sua, Rehn ha affermato di ritenere che la Serbia abbia una prospettiva europea “concreta e tangibile”. “Siamo pronti a riprendere il cammino, appena la Serbia riconfermerà la sua disponibilità alla prospettiva europea”, ha aggiunto il commissario. In realtà, il riconoscimento del Kosovo pone problemi anche alla Bosnia Erzegovina. Le autorità non hanno ancora deciso quale linea prendere in ragione delle differenze esistenti tra l'entità serbo bosniaca della Repubblica Srpska e la Federazione croato musulmana, le due entità che compongono la Bosnia Erzegovina dagli accordi di pace di Dayton, che nel 1995 hanno messo fine alla guerra civile.

Kenya
Un accordo per un governo di unità nazionale con divisione bilanciata dei poteri è stato raggiunto in Kenya. Lo ha annunciato l'ex segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che sta mediando tra le parti da oltre un mese, dopo lunghi colloqui col presidente Mwai Kibaki ed il leader dell'opposizione Raila Odinga.

Sahara occidentale
Deve essere trovata una soluzione alla questione del Sahara occidentale, "congelata da tempo" e "qualsiasi soluzione deve rispettare i diritti del popolo saharaoui, compreso il diritto ad esprimere il proprio parere sulla questione". Lo ha dichiarato il sottosegretario di Stato americano per il Medioriente, David Welch, in visita ad Algeri, dove ha avuto un incontro con il presidente Bouteflika. Dal 16 al 18 marzo si terrà a Manhasset, vicino a New York, il quarto round delle trattative dirette tra Marocco e Sahara Occidentale, previste dall'ultima risoluzione dell'ONU, 1754. I negoziati iniziati in giugno non hanno portato fino ad oggi a nessun risultato. Il Fronte Polisario continua a reclamare l'organizzazione di un referendum per l'autodeterminazione, mentre il Marocco è disposto a concedere un’autonomia della regione ma sotto sovranità marocchina. La disputa sull'ex colonia spagnola, occupata dal Marocco subito dopo la sua indipendenza nel 1975, continua a dividere il Maghreb da oltre 30 anni.

Russia
L'opposizione russa a Vladimir Putin vuole un suo parlamento ombra: lo ha annunciato l'ex campione di scacchi Garry Kasparov, leader del movimento Altra Russia, al quotidiano Kommersant. La prima seduta del “parlamento alternativo”, come lo ha battezzato, si dovrebbe tenere il 23 marzo. “In condizioni di possibile crisi del potere o di una sua delegittimazione, il parlamento alternativo potrà essere un utile strumento”, ha detto Kasparov. Nel frattempo, la "camera ombra" servirà all'opposizione come terreno di confronto ideologico.

Filippine
L'esercito e la polizia delle Filippine sono in stato di allerta in vista di una manifestazione di protesta domani contro il presidente Gloria Macapagal Arroyo, per i timori di attacchi da parte di militanti islamici o ribelli comunisti. Lo hanno riferito funzionari della sicurezza. Gli organizzatori della protesta hanno detto che le minacce sono solo un escamotage delle forze di sicurezza per convincere la gente a non partecipare alla marcia di domani. Alla manifestazione, nel distretto economico di Makati, sono attese alcune migliaia di partecipanti. La protesta è stata organizzata per chiedere l'allontanamento della Arroyo per uno scandalo di tangenti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 59

 
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