Nuovi raid israeliani nella Striscia di Gaza causano numerose vittime tra i palestinesi
Due nuovi raid aerei sono stati compiuti nella tarda mattinata di oggi nel nord della
Striscia di Gaza. Fonti mediche hanno riferito all'ANSA che un miliziano di Hamas
è rimasto ucciso e altri tre feriti. Gli attacchi sono stati compiuti vicino a a Beit
Hanun e a Beit Lahia. Da questa mattina sale così a otto il totale dei palestinesi
uccisi: sette nella Striscia di Gaza, tra cui 4 bambini, e uno in Cisgiordania. Sempre
da questa mattina sono 17 i razzi Qassam che, sparati da miliziani palestinesi contro
la città israeliana di Sderot, hanno provocato finora quattro feriti. Ieri, sono rimasti
uccisi 13 palestinesi (compreso un miliziano in Cisgiordania) e un civile israeliano
(colpito da un razzo Qassam a Sderot). Il segretario generale delle Nazioni Unite,
Ban Ki-moon, si è detto “preoccupato dell'escalation di violenza” ed ha espresso “la
speranza che questo non faccia deragliare il processo di pace”.
Israele L'ex
presidente israeliano, Moshe Katzav, è stato formalmente incriminato per reati di
natura sessuale dal procuratore generale dello Stato davanti al tribunale distrettuale
di Gerusalemme. Katzav è accusato di atti immorali senza consenso e con l'esercizio
di pressioni nei confronti di una sua ex dipendente quando era ministro del Turismo,
di molestie sessuali e di aver infastidito un testimone. I capi di imputazione sono
stati pattuiti con gli avvocati della difesa lo scorso giugno, stralciando le imputazioni
più pesanti, come stupro e violenze sessuali.
Iraq Un civile iracheno
è stato ucciso dalle forze americane nei pressi di un posto di blocco a Muqdadiya,
90 km a nord-est da Baghdad. Secondo fonti USA non si era fermato a un blocco, ma
non aveva armi. Intanto a Mossul, due poliziotti iracheni, padre e figlio, sono stati
uccisi in un agguato.
Gli Stati Uniti a colloquio con i vertici turchi per
le incursioni in Nord Iraq “Gli Stati Uniti ritengono che l'offensiva in corso
debba essere breve ed il più possibile mirata negli obiettivi”. Così, il segretario
alla Difesa americano, Robert Gates, da Ankara, ha esortato la Turchia a limitare
la durata delle operazioni militari nel nord dell’Iraq tese a colpire le basi del
PKK nel Kurdistan iracheno. Le autorità turche non hanno fornito date per la conclusione
delle operazioni. Quali sono, dunque, i rischi che possono scaturire da questa situazione
di tensione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mirella Galletti, docente
di Diritto delle Comunità Islamiche presso l’Università Cà Foscari di Venezia:
R. –
Il problema non è tanto il PKK, che già da anni è al confine tra il Kurdistan iracheno
e il Kurdistan turco ed iraniano, ma il problema per i militari turchi è rappresentato
dalla regione autonoma del Kurdistan iracheno. Di fatto questi attacchi mirano non
tanto a distruggere il PKK, quanto ad indebolire questa specie di Stato che de facto
è quasi indipendente nel Kurdistan iracheno. Vorrei anche sottolineare che questi
bombardamenti più che distruggere le basi del PKK, distruggono le infrastrutture che
sono all’interno del Kurdistan iracheno.
D. – Il
Kurdistan iracheno è una delle regioni più ricche di petrolio e da sempre indirizzata
verso l’autonomia. Le tensioni tra Baghdad ed Ankara di questi ultimi giorni sono
più politiche o economiche?
R. – Probabilmente sono
più politiche, ma poi dopo – come è stato anche sottolineato nell’ambiente del presidente
della regione autonoma del Kurdistan, Massud Barzani - di fatto Baghdad e il governo
iracheno sembra che abbiano espresso delle proteste, anche se tiepide, nei confronti
della Turchia. Non c’è stato, poi, un atteggiamento molto vigoroso contro la Turchia,
perché di fatto questa regione autonoma dà fastidio a tutti.
D. – C’è,
però, da sottolineare che molti analisti dicono che c’è stata una reazione tiepida
anche da parte della Comunità internazionale. Perché questo atteggiamento?
R.
– Il problema è che la Turchia rappresenta un punto vitale per l’Occidente, soprattutto
per gli Stati Uniti. Dal canto suo, la Turchia ha anche delle relazioni strettissime
con Israele.Il suo governo islamico rappresenta anche un volto modernizzante dell’islam.
Abbiamo, quindi, una reazione internazionale estremamente tiepida.
Pakistan Un
missile ha colpito una casa nella regione pachistana del Waziristan, facendo almeno
otto vittime. L'attacco è avvenuto nel sud della regione, vicino al villaggio di Kaloosha,
una zona ritenuta rifugio dei militanti di al Qaeda, al confine con l'Afghanistan.
Un ufficiale della sicurezza ha affermato di ritenere che il missile sia stato sparato
dalle forze americane dal vicino Afghanistan. Tuttavia, nè gli Stati Uniti nè le autorità
pachistane hanno confermato questa ipotesi.
Afghanistan La polizia
afghana ha ucciso 25 combattenti talebani, tra cui un loro comandante, in uno scontro
nel sud del Paese. I militanti sono stati uccisi ieri a Nadi Ali, nel distretto di
Helmand, uno dei principali bastioni talebani e uno dei maggiori produttori di droga
regionali dell'Afghanistan. L'Afghanistan sta assistendo ad una crescente ondata di
violenza, in cui sono morte più di 11 mila persone negli ultimi due anni.
Libano I
vertici della forza ONU schierata in Libano (UNIFIL) hanno assicurato oggi che “non
c'è ragione di temere un aumento della tensione” dopo le minacce di “guerra aperta”
rivolte da Hezbollah a Israele in seguito all'uccisione, in un attentato due settimane
fa, a Damasco di Imad Mughniyeh, capo militare del movimento sciita libanese. Tutte
le parti hanno ancora una volta confermato il pieno impegno a rispettare la risoluzione
ONU 1701, che ha posto fine nell'agosto 2006 alle ostilità tra Hezbollah e Israele
dopo 34 giorni di guerra. Le rassicurazioni dell'UNIFIL contrastano tuttavia con alcuni
recenti rapporti di stampa stranieri.
Questione cipriota Segnali
di apertura da parte del leader turco cipriota, Mahmet Ali Talat, nei confronti del
neo presidente di Cipro, Demetris Christofias, considerato favorevole al rilancio
del dialogo per la riunificazione dell’isola. L’ultimo tentativo di risolvere la crisi
cipriota, apertasi nel 1974 dopo l’occupazione turca della parte settentrionale del
Paese, è stato con il referendum sulla riunificazione promosso dalle Nazioni Unite
nel 2004, ma bocciato dal 76% dei greco ciprioti. Servirà, dunque, l’uscita di scena
dell’ex presidente nazionalista Papadopulos a rilanciare il dialogo tra le due parti
di Cipro e a far crollare l’ultimo muro all’interno dell’UE? Stefano Leszczynski
lo ha chiesto a Stefano Silvestri, direttore dell’Istituto Affari Internazionali:
R. –
Credo sia possibilee questo non solo perché i due leader si riferiscono alla tradizione
del partito comunista, che a Cipro è sempre stata molto forte, ma perché così hanno
detto. Così ha detto Christofias e così ha detto anche il presidente turco-cipriota.
Il problema è vedere quanto di tutto questo è un movimento – diciamo – di public relations
e quanto è, invece, sostanziale. È comunque un segnale positivo, che sia stata espressa
questa volontà di andare avanti.
D. – Per la Turchia,
Cipro rappresenta il principale ostacolo all’avvio di un processo di integrazione
nella Unione Europea. Potrebbe essere possibile se solo si presentasse l’occasione
di salvare la faccia e quindi di soprassedere sull’occupazione di Cipro?
R.
– Credo che ci voglia prima una qualche soluzione politica. per il resto tutti sono
d’accordo che la Repubblica di Cipro, la Repubblica turco-cipriota è uno Stato che
non ha possibilità di sopravvivere da solo. Diciamo che i turchi sarebbero favorevoli
ad una soluzione di tipo federale mentre i ciprioti greci sono più favorevoli ad una
soluzione di tipo unitario. Il problema è, come sempre, sui dati particolari e quindi
sulle case, sui terreni, sulle popolazioni. Ci sono tutti questi elementi che poi
diventano difficili all’interno del negoziato.
D.
– Christofias è stato indicato, durante la campagna elettorale come un antieuropeista
e per quanto riguarda l’Unione Europea si presenta come l’unico leader ancora comunista
tra i 27. Questo può essere un elemento di difficoltà?
R.
– Bisognerà vedere. Se risolve la questione di Cipro sarà un altro benefattore dell’Unione
Europea. In fondo anche Sarkozy aveva iniziato come un mezzo euroscettico e poi è
riuscito a far passare il Trattato di Lisbona. Diciamo che l’aiuto può venire dalle
parti più inaspettate.
Ultime fasi di alleanze e
candidature in Italia, in vista del voto di aprile Fervono le trattative all’interno
degli schieramenti per definire alleanze e candidati. Accordo fatto sulle liste tra
Forza Italia e Alleanza Nazionale. Confronto ancora aperto invece tra UDC e Rosa Bianca.
Mentre Veltroni prova a rassicurare i cattolici del partito democratico sulla natura
dell’intesa con i radicali. Servizio di Giampiero Guadagni:
Il tempo
stringe. Entro domenica vanno infatti depositati i simboli delle liste ed essere decisi
apparentamenti e coalizioni. L’incognita maggiore riguarda il centro: UDC e Rosa Bianca
non hanno ancora trovato l’intesa. Intanto, nel Partito democratico Veltroni assicura
di poter fare una sintesi sui temi etici tra i valori laici e quelli cattolici. E
a proposito dell’ingresso dei radicali nel PD osserva: hanno accettato la cultura
del dialogo e della mediazione. Siamo il partito del lavoro, aggiunge Veltroni che
questa mattina ha presentato altri tre candidati, tra i quali l’unico sopravvissuto
al rogo dellaThyssenkrupp di Torino. Nel Popolo delle Libertà, Forza Italia
e Alleanza Nazionale hanno trovato un accordo sulle quote delle candidature: ogni
dieci parlamentari, tre saranno del partito di Fini. Ma si registrano i malumori dei
partiti più piccoli. Nel fine settimana il PDL presenterà il proprio programma elettorale.
Il primo problema da affrontare, spiega Berlusconi, è quello dei rifiuti di Napoli;
poi si metterà mano alla riduzione delle tasse a beneficio delle famiglie, delle imprese
e del lavoro. Saranno anche allestiti gazebo in tutta Italia dove gli elettori del
PDL potranno esprimersi sulle priorità. Il programma è stato presentato anche dalla
Sinistra Arcobaleno: 14 i punti cardine, dalla sicurezza sui luoghi di lavoro alle
misure per l'informazione, dalla nuova scala mobile alla lotta contro la precarietà,
dalle misure per l’ambiente alla difesa della laicità dello Stato e della 194. Poi
una serie di no: dal Mose di Venezia al ponte sullo Stretto alla TAV. (Giampiero Guadagni
per la Radio Vaticana)
A Bruxelles si discute l’ingresso
del Liechtenstein nello spazio Schengen L'UE firmerà oggi col Liechtenstein
l'estensione dello spazio Schengen di libero movimento. Un passaggio diventato più
delicato, in seguito allo scandalo, scoppiato prima in Germania e che man mano si
sta estendendo a numerosi Paesi europei, sulle centinaia di contribuenti che hanno
frodato il fisco dei rispettivi Paesi, portando i fondi a Vaduz. Sarebbero venute
proprio dalla Germania le maggiori perplessità all'inserimento del piccolo principato
alpino fra i Paesi che godono delle condizioni previste dallo spazio Schengen. Lo
spazio Schengen conta attualmente 24 Paesi, dei quali 22 UE, più Islanda e Norvegia.
A novembre dovrebbe entrare anche la Svizzera.
Il commissario UE all’Allargamento
annuncia accordo con la Bosnia Erzegovina L'Unione Europea potrebbe firmare
l'accordo di preadesione (ASA) con la Bosnia Erzegovina entro aprile ed è pronta in
qualunque momento a riprendere il cammino interrotto con la Serbia. Lo ha detto il
commissario UE all'Allargamento, Olli Rehn, al termine di un seminario informale di
due giorni sull'avvenire europeo della Bosnia Erzegovina, a Bruxelles. Il commissario
Rehn ha spiegato che il parlamento bosniaco dovrebbe completare le riforme richieste
in tempi molto stretti. Possibile dunque in altrettantti tempi brevi la prospettata
firma dell'ASA con la Bosnia, che farà fare un nuovo passo in avanti al processo di
avvicinamento alla UE dei Paesi dei Balcani occidentali. Passo in avanti tanto più
significativo dopo la situazione delicata che si è creata con la proclamazione dell'indipendenza
del Kosovo. La firma per un accordo politico ad interim tra UE e Belgrado, programmata
per il 7 febbraio scorso, è stata, infatti, congelata dopo le violenze scoppiate in
seguito alla separazione della ex provincia serba. Da parte sua, Rehn ha affermato
di ritenere che la Serbia abbia una prospettiva europea “concreta e tangibile”. “Siamo
pronti a riprendere il cammino, appena la Serbia riconfermerà la sua disponibilità
alla prospettiva europea”, ha aggiunto il commissario. In realtà, il riconoscimento
del Kosovo pone problemi anche alla Bosnia Erzegovina. Le autorità non hanno ancora
deciso quale linea prendere in ragione delle differenze esistenti tra l'entità serbo
bosniaca della Repubblica Srpska e la Federazione croato musulmana, le due entità
che compongono la Bosnia Erzegovina dagli accordi di pace di Dayton, che nel 1995
hanno messo fine alla guerra civile.
Kenya Un accordo per un governo
di unità nazionale con divisione bilanciata dei poteri è stato raggiunto in Kenya.
Lo ha annunciato l'ex segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che sta mediando tra
le parti da oltre un mese, dopo lunghi colloqui col presidente Mwai Kibaki ed il leader
dell'opposizione Raila Odinga.
Sahara occidentale Deve essere trovata
una soluzione alla questione del Sahara occidentale, "congelata da tempo" e "qualsiasi
soluzione deve rispettare i diritti del popolo saharaoui, compreso il diritto ad esprimere
il proprio parere sulla questione". Lo ha dichiarato il sottosegretario di Stato americano
per il Medioriente, David Welch, in visita ad Algeri, dove ha avuto un incontro con
il presidente Bouteflika. Dal 16 al 18 marzo si terrà a Manhasset, vicino a New York,
il quarto round delle trattative dirette tra Marocco e Sahara Occidentale, previste
dall'ultima risoluzione dell'ONU, 1754. I negoziati iniziati in giugno non hanno portato
fino ad oggi a nessun risultato. Il Fronte Polisario continua a reclamare l'organizzazione
di un referendum per l'autodeterminazione, mentre il Marocco è disposto a concedere
un’autonomia della regione ma sotto sovranità marocchina. La disputa sull'ex colonia
spagnola, occupata dal Marocco subito dopo la sua indipendenza nel 1975, continua
a dividere il Maghreb da oltre 30 anni.
Russia L'opposizione russa
a Vladimir Putin vuole un suo parlamento ombra: lo ha annunciato l'ex campione di
scacchi Garry Kasparov, leader del movimento Altra Russia, al quotidiano Kommersant.
La prima seduta del “parlamento alternativo”, come lo ha battezzato, si dovrebbe tenere
il 23 marzo. “In condizioni di possibile crisi del potere o di una sua delegittimazione,
il parlamento alternativo potrà essere un utile strumento”, ha detto Kasparov. Nel
frattempo, la "camera ombra" servirà all'opposizione come terreno di confronto ideologico.
Filippine L'esercito
e la polizia delle Filippine sono in stato di allerta in vista di una manifestazione
di protesta domani contro il presidente Gloria Macapagal Arroyo, per i timori di attacchi
da parte di militanti islamici o ribelli comunisti. Lo hanno riferito funzionari della
sicurezza. Gli organizzatori della protesta hanno detto che le minacce sono solo un
escamotage delle forze di sicurezza per convincere la gente a non partecipare alla
marcia di domani. Alla manifestazione, nel distretto economico di Makati, sono attese
alcune migliaia di partecipanti. La protesta è stata organizzata per chiedere l'allontanamento
della Arroyo per uno scandalo di tangenti. (Panoramica internazionale a cura di
Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 59 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.