Il cardinale Bertone traccia un bilancio positivo del suo viaggio a Cuba
Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone è rientrato ieri sera in
Vaticano dopo una visita a Cuba nell’ambito delle celebrazioni del decimo anniversario
dello storico viaggio di Giovanni Paolo II nell’isola caraibica. Lo stesso cardinal
Bertone ha fatto un primo bilancio di questo viaggio in un'intervista rilasciata stamane
alla Radio Vaticana e all'Osservatore Romano, di cui oggi diamo una prima parte. Domani
la pubblicheremo integralmente insieme al quotidiano della Santa Sede (edizione di
sabato primo marzo). Ascoltiamo il porporato al microfono di Giovanni Peduto:
R. –
Mi pare che il bilancio possa dirsi senz’altro positivo, anzitutto per quanto riguarda
l’incontro con la Chiesa cubana: una Chiesa viva, nonostante le difficoltà di azione
in certe circostanze, però una Chiesa che è raccolta attorno ai vescovi, una bella
Conferenza episcopale unita, i sacerdoti, i religiosi, le religiose che si proiettano
oltre la testimonianza della preghiera, della vita spirituale in una grande azione
sociale di assistenza ai più poveri ed ai bisognosi, e di lavoro in mezzo ai giovani
... E poi, sul versante dei rapporti con le autorità civili il bilancio è stato altrettanto
positivo: ho avuto incontri bilaterali con delegazioni composte di responsabili della
vita civile, del governo, e incontri anche con singole persone, come poi l’ultimo
giorno con il nuovo presidente, Raúl Castro. Mi sembra che ci siano le prospettive
per un lavoro insieme, di fiducia nell’azione della Chiesa e di possibilità di apertura
di nuovi spazi di presenza.
D. – Quale messaggio
lei ha voluto lasciare al Paese?
R. – Ho lasciato
questo messaggio: di essere molto vicini al popolo, di ascoltare le aspirazioni, “los
anhelos del pueblo” che ha sofferto molto, ha sofferto anche – come sappiamo – per
le congiunture economiche e per le restrizioni che vengono dall’esterno, all’economia,
allo sviluppo dell’Isola; è un popolo che, però, continua ad avere grandi ideali,
soprattutto in mezzo ai giovani che vogliono risorgere e vogliono affermare la loro
identità: una identità cattolica, in buona parte dei giovani: l’ho sperimentato sia
negli incontri all’Università dell’Avana, sia alla Scuola di formazione di medicina
latinoamericana. Ho lasciato anche il messaggio di avere fiducia nel futuro, perché
tutti insieme si può lavorare per uno sviluppo integrale verso un umanesimo integrale.
D.
– Sulla scia di Giovanni Paolo II lei, eminenza, ha definito l’embargo contro Cuba
“eticamente inaccettabile”. Ma ha parlato anche di libertà e, infine, un appello per
i detenuti...
R. – Sì. Ci sono due fattori che in
qualche modo “affliggono” l’economia, lo sviluppo economico dell’Isola: l’embargo
degli Stati Uniti e anche molte restrizioni che sono ancora mantenute dall’Unione
Europea. Mi sembra che questi atteggiamenti sono naturalmente mirati a fare evolvere
il governo dell’Isola ad una maggiore libertà, ad un maggiore rispetto dei diritti
umani; però io ritengo che questi provvedimenti così pesanti, presi unilateralmente,
non favoriscono lo sviluppo. Intanto fanno soffrire la popolazione perché è la popolazione,
sono le famiglie, sono i bambini, i giovani quelli che sono penalizzati da questi
provvedimenti, e non riconoscono la dignità di nazione nei suoi valori, nella sua
indipendenza, nella sua tradizione, a Cuba. Quindi, sono inaccettabili. Io ho assicurato
che la Santa Sede si adopererà perché vengano almeno ridotte queste sanzioni, se non
eliminate, tolte. Poi, certamente, questo deve comportare uno sviluppo verso una maggiore
libertà, verso un riconoscimento maggiore dei diritti personali e dei diritti sociali,
come dei diritti politici e dei diritti economici. Ma ci sono anche prospettive promettenti,
perché adesso Cuba si appresta a firmare le due Convenzioni delle Nazioni Unite proprio
sui diritti personali, sui diritti sociali, sui diritti economici, sui diritti politici.
D.
– Lei ha incontrato il neo presidente Raúl Castro. Come è andato il colloquio?
R.
– Ho visto un uomo molto realista, aperto a discutere su tutto e preoccupato della
tenuta dei valori, degli ideali. Naturalmente ho presentato al presidente Raúl anche
il problema dei prigionieri di ogni tipo, non solo dei prigionieri politici, e della
cura pastorale dei prigionieri.
D. – Eminenza, un
accenno alle difficoltà, ma anche alle speranze della Chiesa cubana…
R.
– Le difficoltà sono davanti ai nostri occhi e sono le difficoltà di tutti giorni,
come ad esempio quelle relative alla costruzione di nuove Chiese. Ci sono tante comunità
che nascono, che sorgono a livello popolare, specialmente nei villaggi, ma senza avere
la possibilità di riunirsi in una chiesa; possono farlo soltanto nelle famiglie. Le
speranze sono relative a questa nascita o meglio rinascita di comunità vive, ovvero
di piccole comunità anche senza sacerdoti, perché i sacerdoti sono pochi, ma i religiosi
e le religiose cubane stanno crescendo. Ci sono vocazioni nelle diverse famiglie religiose,
ma sono sempre insufficienti rispetto al fabbisogno. C’è però un entusiasmo, c’è una
freschezza di vita cristiana soprattutto in mezzo ai giovani.