2008-02-27 12:43:55

La vera elemosina ha come fine il bene dell'altro e non un ritorno d'immagine. Alla vigilia della plenaria di "Cor Unum", mons. Dal Toso parla della carità del Papa


L'enciclica Deus caritas est ha cambiato il volto alla "carità del Papa". E' questo lo spunto centrale della riflessione che da domani, a Roma, verrà avviata dalla plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum, l’organismo che si occupa di portare nel mondo il concreto sostegno del Pontefice ai Paesi o alle popolazioni più povere. Alla vigilia dei lavori, Giovanni Peduto ha parlato di questo tema con il sottosegretario del dicastero vaticano, mons. Giampiero Dal Toso:RealAudioMP3


R. - Per noi, durante questa plenaria, sarà importante ribadire che c’è un discorso che ha avuto una sua svolta specifica con l’enciclica Deus caritas est. Volevo ribadire questo discorso - che riguarda l’attenzione a chi opera la carità - non solo riguardo alle finalità del nostro agire, ma anche ai soggetti stessi che realizzano l’attività caritativa. Dice la Deus caritas est che soggetto dell’attività caritativa è la Chiesa stessa, la quale poi, ovviamente, lo rende concreto attraverso le tante persone - e grazie a Dio sono davvero tante - che lavorano nei nostri organismi - spesso a titolo di volontariato - in favore degli altri. Ecco: noi vogliamo semplicemente ribadire, con questa plenaria, che l’attività caritativa, oltre ad essere un beneficio per coloro che la ricevono, può essere una grande occasione di crescita umana e spirituale per chi la compie. Vogliamo cioè riflettere, con i membri del nostro dicastero, sulle possibilità che l’attività caritativa offre come scuola di maturazione umana, come scuola di fede, come scuola di approfondimento delle proprie convinzioni cristiane, per coloro che la realizzano. Quindi, in breve, il compito della plenaria è quello di riflettere sulle opportunità che l’attività caritativa rappresenta per i soggetti stessi che la realizzano.

 
D. - Benedetto XVI ha posto al centro del messaggio per la Quaresima di quest’anno il valore dell’elemosina che - ha detto tra l’altro - dev’essere "nascosta". Oggi, tuttavia, non esiste praticamente campagna di aiuto - e sono in continuo aumento - che non sfrutti al massimo il "tam tam" mediatico. Ci può essere un rischio di "usura" del concetto di solidarietà?

 
R. - Innanzitutto, io vorrei affermare che per noi, in questo tempo di Quaresima, è importante ribadire il concetto di elemosina sulla linea della tradizione della Chiesa. E’ vero quello che lei dice: che oggi assistiamo a forme di elemosina che sono molto presenti nei media, e alle quali viene dato anche particolare rilievo. E’ chiaro che l’elemosina ha una sua dimensione nascosta. Ma è però vero anche quello che ricorda lo stesso Santo Padre nel messaggio quaresimale, ovvero che il Vangelo ci ricorda come siamo chiamati a compiere le nostre opere di bene perché gli uomini le possano vedere e rendere gloria al Padre che è nei Cieli. Quello che interessa, dunque, fondamentalmente - quello che è determinante, discriminante - è lo spirito con il quale si opera l’elemosina: se, cioè, l’elemosina è intesa come atto che va a beneficio della persona che lo riceve - e anche come atto di distacco da se stessi e dai propri beni - o se viene intesa come operazione mediatica. Ecco: questo è il punto discriminante. E il messaggio quaresimale voleva ribadire che questo atteggiamento profondo del cuore è la qualifica determinante per un’elemosina che si possa dire "cristiana".

 
D. - Per molti giovani, pur capaci di generosità, l’elemosina risulta una parola superata, spesso confusa con la semplice moneta data ad un povero e dunque poco stimolante. Come si può insegnare loro il valore autentico anche del piccolo gesto lontano dai riflettori, quello che - sempre secondo le parole del Papa - "educa alla generosità e all’amore"?

 
R. - Io direi che proprio la Lettera per la Quaresima di quest’anno risponde a questa sua giusta domanda. Può sembrare, a volte, che l’elemosina sia un po’ fuori moda. In realtà, io vorrei sottolineare due cose: l’elemosina è alla portata di tutti, grandi, piccoli, giovani, anziani, poveri e ricchi. Quindi, è uno strumento quotidiano alla portata di tutti. Secondo: l’elemosina, la moneta data, è chiaro non serve per lavarci la coscienza. L’elemosina serve come segno di un qualche cosa di più profondo: solo nella condivisione di quello che abbiamo, e soprattutto di quello che siamo, possiamo trovare vera felicità. In questo senso, anche l’elemosina può essere una scuola importante e può essere un esercizio importante anche per i giovani. La vera felicità consiste nel vivere per se stessi o la vera felicità consiste nel condividere se stessi con l’altro? Io credo che l’elemosina possa essere un segno importante, un gesto quotidiano ma altamente educativo, che può insegnarci ad aprire a tutti, non solo ai giovani, il nostro orizzonte verso l’altro, perché in questa condivisione possiamo raggiungere la pienezza della nostra maturità, umana e cristiana.







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