La pratica quaresimale degli esercizi spirituali, una sosta per ritrovare freschezza
interiore. Intervista con il padre carmelitano Bruno Secondin
La Quaresima, tempo di "rinnovamento interiore". E' un insegnamento antico quanto
la Chiesa, che Benedetto XVI ha ribadito più volte in questi giorni e che ha personalmente
vissuto, in questo mese di febbraio, dando spazio alla riflessione interiore, sul
filo degli esercizi spirituali predicati dal cardinale Albert Vanhoye a tutta la Curia
Romana. Anche quella degli esercizi spirituali è una pratica di secolare esistenza
nella vita della Chiesa, e molti sono gli "specialisti" che in questo periodo invitano
sacerdoti, religiosi e laici ad un periodo di introspezione spirituale, lontano dalle
frenesie quotidiane. Giovanni Peduto ne ha parlato con uno di questi specialisti,
il padre carmelitano Bruno Secondin: R.
- Nella vita cristiana, c’è sempre bisogno di fare un attimo di attenzione, di mettersi
a riflettere sul cammino che si fa, di rivedere i sentieri percorsi per purificare
situazioni che possono essersi confuse, oppure per riprendere nuovo slancio e reincontrare
il Signore con freschezza interiore.
D. - Come sono
nati gli esercizi spirituali?
R. - Già nella Bibbia
troviamo dei periodi speciali che vivono alcuni, per esempio Abramo, Mosé, Davide:
vivono nel deserto, vivono nella solitudine per superare crisi, per affrontare passaggi
molto decisivi della loro vita. Gesù fa lo stesso: pensiamo ai 40 giorni nel deserto,
tentato da Satana. Lui stesso ha invitato a volte i discepoli a ritirarsi in disparte,
un attimo, per riposare, per confidarsi anche con più libertà. E poi pensiamo agli
eremiti, ai primi monaci: hanno sempre avuto l'attenzione a ritagliarsi dei periodi
particolari di solitudine, di deserto, di penitenza e questo è durato fino ad oggi.
Durante il Medio Evo c’erano tra i monaci dei momenti speciali, come la Quaresima,
durante i quali si teneva la Lectio divina con particolare cura. Intorno al
1300, si è iniziato ad organizzare le cose in maniera più individualistica e personale,
perché la spiritualità della devotio moderna tendeva a questa interiorità più
personale, un po’ unica. Si è introdotta una metodologia simile a quella degli esercizi
spirituali che poi, con Sant'Ignazio, diventerà una terminologia ed una metodologia
di grande valore e di grande compattezza.
D. - Quali
sono gli elementi specifici degli esercizi spirituali?
R.
- Si sono avvicendati vari modi di fare esercizi spirituali. Chi è più anziano ricorda,
forse anche con un po’ di tristezza, l'esperienza di quando si facevano quattro prediche
al giorno in un clima penitenziale veramente abbastanza triste. Oggi, invece, gli
elementi principali di solito sono: due riflessioni bibliche, due Lectio -
una al mattino e una alla sera - una liturgia ben curata, la possibilità di dialoghi
anche fra gruppi e poi il dialogo con la guida, se c’è. E ancora, la possibilità di
un’esperienza di riconciliazione celebrata insieme. Sono elementi più incoraggianti,
più facili anche da vivere, ma, nello stesso tempo, con molta serietà interiore.
D.
- Una componente degli esercizi è certamente il silenzio. Cosa vuol dire “fare silenzio”?
R.
- “Fare silenzio” non vuol dire mantenere la bocca chiusa, ma vuol dire lasciare che
il cuore si metta in ascolto di Colui che parla, e di solito i testi sono commenti
alla Scrittura, per cui il silenzio è necessario se uno vuole ascoltare. Dev’essere
l’orecchio del cuore che ascolta, non tanto la bocca che non parla. E perciò, anche
i movimenti, lo sguardo, tutto l’atteggiamento del corpo deve avere una specie di
tranquillità e di auto-sobrietà per poter davvero vivere il silenzio dell’ascolto.
D.
- Lei ha già accennato alla Lectio divina come elemento degli esercizi. Come
affrontare, come farsi penetrare dalla Parola di Dio?
R.
- Ecco, oggi quasi tutti negli esercizi usano questo metodo della Lectio divina,
che vuol dire proporre un testo, aiutare a penetrarne la ricchezza e poi invitare
ciascuno a riprenderlo da solo nella rilettura, nel confronto personale, per far risaltare
ciò che quel testo dice a me, come mi chiama ad una nuova stagione di fedeltà. Gli
esercizi spirituali non servono tanto a rinfrescare le cose, ma anche a riprendere
slancio: a "leggersi" nella storia, leggere come si sta evolvendo la propria identità
e leggersi nelle chiamate, nei segni dei tempi come persone impegnate a portare la
propria testimonianza e la propria capacità di fermentare la storia, perché giunga
verso il Regno. Perciò, la Parola di Dio ci apre a questa prospettiva: non è un testo
di consolazione, ma un testo provocatorio per una nuova missione.
D.
- Un suo invito ai nostri ascoltatori a come vivere questa Quaresima...
R.
- Viverla, sì, anche secondo la forma tradizionale della penitenza, dell’elemosina,
della preghiera: ma viverla soprattutto sapendo che si va incontro alla Pasqua, al
grande mistero. Viverla con il cuore desideroso di contemplare Colui che per noi si
è donato e Colui che è la nostra vittoria e la forza della nostra vita. Mettere al
centro il Gesù pasquale che ci tira e ci attira attraverso il tempo quaresimale.