Il Papa convoca per sabato mattina il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione
di quattro Beati
Benedetto XVI ha convocato per sabato prossimo, alle 11, il Concistoro ordinario pubblico
per la Canonizzazione di quattro Beati: Gaetano Errico, sacerdote e fondatore dei
Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria; Maria Bernarda Bùtler (Verena), vergine,
fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice;
Alfonsa Dell'immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu), religiosa della Congregazione
delle Clarisse del Terzo Ordine di San Francesco, e Narcisa Di Gesù Martillo Moràn,
laica ecuadoriana. Per un loro rapido profilo biografico, il servizio di Alessandro
De Carolis:
(musica)
Gateano
Errico non può pagarsi gli studi di sacerdote perché lui, povero figlio di un maccaronaio
alla periferia nord di Napoli, non ha i soldi per pagarsi la retta. Da casa sua, il
Seminario dista 16 chilometri, andata e ritorno: Gaetano li percorre a piedi ogni
giorno, portando al servizio della Chiesa una mente brillantissima e una grande conoscenza
dell’animo umano, lui figlio di ambienti dove miseria materiale e miseria morale non
hanno fine. Don Gaetano si segnala subito per la grande capacità di amore verso i
malati e i poveri e per le sue non comuni doti di confessore. Sono i primi anni dell’Ottocento
e il futuro Santo, molto ascoltato anche come predicatore, si batte per abolire ogni
residuo di giansenismo e arginare l'opera scristianizzante delle "sette". Per questo
lo picchiano, lo minacciano di carcere, attentano alla sua vita. Ma non lo intimoriscono.
Nel 1833, fonda la Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Muore nella sua città, Napoli, nel 1860.
Contemporanea
di don Gaetano, anche se molto più giovane, è Narcisa di Gesù Martillo y Moràn, ecuadoriana
di Nobol dove nasce nel 1832. Quindicenne, impara a cucire per aiutare la famiglia,
ma a nemmeno vent’anni è già orfana. Non ha denaro e la sua sopravvivenza è legata
all’ospitalità offertale in un cenobio. Vive in soffitte e ripostigli dove trascorre
lunghe ore in preghiera, durante le quali si infligge aspre penitenze corporali per
la conversione dei peccatori. L’amore totale per Cristo la spinge alla consacrazione
fra le Terziarie domenicane. Testimoni oculari la vedono frequentemente cadere in
estasi, ma la sua vita di intima comunione con Dio termina presto. Narcisa muore a
soli 37 anni, nel 1869.
In quello stesso anno, fa
la sua prima professione religiosa un’altra delle prossime canonizzande, Maria Bernarda
Verena Bütler. E’ svizzera, ha 21 anni, e da due fa parte del monastero delle Cappuccine
di Maria Ausiliatrice di Altstätten, nel Cantone di San Gallo. In dieci anni ricopre,
sempre con grande dedizione, i vari incarichi che le affida la sua comunità finché,
diventata superiora di un monastero ricco di vocazioni, riesce a realizzare un suo
antico sogno: partire in missione. E’ proprio l’Eucador della prossima Santa Narcisa
la terra dove approda Maria Bernarda Bütler. A Chone, apre un monastero con annessa
infermeria e una scuola per bambine. Supera opposizioni, guerre, malattie per soccorrere
i poveri e il suo Istituto viene presto amato dalla popolazione locale. Incomprensioni
col monastero di origine di Altstätten la portano a separarsene e a fondare le Suore
Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice”. A fine Ottocento, la persecuzione
antireligiosa la costringe a trasferire il monastero in Colombia, dove muore a Cartagena,
nel 1924.
Dall’America Latina all’Asia, teatro della
vicenda di Alfonsa dell'Immacolata Concezione, originaria dello Stato indiano del
Kerala, dove nasce nell’agosto del 1910. Orfana, rimane molto presto affascinata dalla
vita religiosa. I suoi parenti hanno altri obiettivi e la costringono al matrimonio
dal quale lei si sottrae con la forza, riuscendo ad essere ammessa fra le Clarisse
Malabaresi. La salute malferma le impone grandi rinunce, che suor Alfonsa patisce
senza lamentele, anche quando la malattia le si presenta nel modo più violento e doloroso.
Muore nel 1946, a 36 anni. Diceva: “Io sento che il Signore mi ha destinata ad essere
un’oblazione, un sacrificio di sofferenza… Il giorno in cui non ho sofferto è un giorno
perduto per me”. La sua tomba è meta di pellegrinaggi di cattolici, musulmani, induisti.
Nel 1986, Giovanni Paolo II la proclama Beata, prima dell’India.