2008-02-23 14:47:23

Kosovo: la Russia definisce "un precedente orribile" l'indipendenza di Pristina


Ancora polemiche per la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo. Moniti alla comunità internazionale arrivano soprattutto dalla Russia. Ieri, il presidente Putin ha parlato di “un precedente orribile” e per la prossima settimana è atteso in Serbia il suo “delfino” Medvedev. Intanto, la tensione è alta anche in Croazia: 42 gli arresti dopo una manifestazione scattata in risposta all’attacco contro l’ambasciata di Zagabria a Belgrado. Il servizio di Benedetta Capelli:RealAudioMP3


Il tono delle dichiarazioni che provengono dalla Russia non accenna ad abbassarsi. Stamani un consigliere del presidente Putin, riferendosi all’indipendenza del Kosovo, ha parlato di “un’arma caricata”, di un possibile rafforzamento del terrorismo e di conseguenze imprevedibili. Stesso clima nelle parole di ieri del capo del Cremlino che aveva definito il Kosovo "un precedente orribile" che “si ritorcerà sull’Occidente”. Sempre nella giornata di ieri si erano rincorse dichiarazioni e smentite da parte dell’entourage russo su una possibile azione militare, ma alla fine tutti hanno concordato sulla necessità di una soluzione politica. Domani intanto rientrerà a Belgrado l'ambasciatore di Serbia in Italia, un provvedimento deciso dopo il riconoscimento dell’indipendenza da parte di Roma. Segno di una tensione crescente, che ieri sera a Zagabria si è trasformata in una manifestazione per protestare contro l’attacco dei giorni scorsi alla sede diplomatica croata a Belgrado. 42 gli arresti eseguiti. Identificato, solo oggi, il corpo carbonizzato trovato all'interno dell'ambasciata statunitense di Belgrado: si tratta di un giovane profugo serbo-kosovaro. Delle violenze di giovedì scorso ha parlato all'agenzia SIR l’arcivescovo metropolita di Belgrado, mons. Stanilav Hocevar, per il quale solo “una minoranza si è data alle violenze”. Il presule ha sottolineato l’esistenza di un margine di dialogo tra le parti vista la mancanza di un confronto “approfondito e preventivo”. Resta dunque la preoccupazione. Ma esiste il rischio di una radicalizzazione dell’Islam in Kosovo? Klaudia Bumci, della redazione albanese, ha girato la domanda a mons. Dodë Gjergji, ammistratore apostolico di Prizeren, in Kosovo:

R. – Per la storia e per l’esperienza di convivenza che abbiamo avuto nel passato ed anche per la disponibilità e l’orientamento politico del nostro governo, penso che la comunità islamica non lascerà che l'Islam si orienti verso l’estremismo. Certo noi non possiamo dire che non ci siano fenomeni di tal genere, ma questo avviene dappertutto, non solo da noi.

 
D. – In questo momento, il Kosovo è indipendente, però quali sono le sfide che si trova davanti?

 
R. – Le sfide sono enormi perché con la proclamazione dell’indipendenza ci troviamo a convincere i nostri concittadini serbi che possono vivere con noi e convivere in futuro senza paura. Abbiamo bisogno, come Chiesa cattolica, di pregare tanto per la riconciliazione e per la pace, come ha detto il Papa giovedì.

 
D. – Qual è l’impegno della Chiesa cattolica in questo momento nel Kosovo?

 
R. – Noi stiamo lavorando, ogni giorno, per dare il nostro contributo per riconciliare le nostre realtà. Cerchiamo di trasmettere il Vangelo di amore e di perdono. Il nostro lavoro è orientato, tramite la Caritas del Kosovo, a dare un contributo concreto per lo sviluppo sociale del Paese.

 
Ma in che condizioni vive oggi la minoranza serba in Kosovo? Giovanni Augello lo ha chiesto a Elena Cavassa, volontaria per Operazione Colomba, il Corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII che dal 1999 opera nell’enclave serba di Gorazdevac,
nel nord-ovest del paese RealAudioMP3







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