Il commento del cardinale Ruini al discorso del Papa sull'emergenza educativa
Educare non è mai stato facile ma oggi sembra diventare sempre più difficile. E' questa
una delle affermazioni di Benedetto XVI sull'emergenza educativa, oggi in Piazza San
Pietro. Ascoltiamo in proposito il commento del cardinale vicario Camillo Ruini,
al microfono di Giovanni Peduto:
R.
– Purtroppo questa frase del Santo Padre rispecchia quello che, più o meno, tutti
constatiamo nella vita di ogni giorno nelle famiglie, nelle scuole ed anche negli
stessi ambienti parrocchiali: educare diventa difficile perché mancano gli obiettivi.
Il relativismo ha oscurato il concetto di uomo e formare l’uomo è proprio lo scopo
dell’educazione. Inoltre un diffuso permissivismo ha tolto autorità agli stessi educatori.
D. – Nella sua Lettera, Benedetto XVI rileva che
sia tra i genitori che in genere tra gli educatori c’è la tentazione di rinunciare
e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia la missione ad essi
affidata…
R. – Esattamente. Rinunciare per le troppe
difficoltà, mentre il rischio di non comprendere la propria missione deriva da due
fattori: uno è che spesso e in particolare nelle scuole si pensa che il compito degli
insegnanti sia soltanto quello di fornire nozioni, istruzioni e non autentica e profonda
educazione ai valori decisivi che possano guidare la vita; e il secondo motivo è che
non ci sente più portatori di un messaggio che possa essere autorevolmente testimoniato
e che possa così essere norma per le persone stesse che vengono educate.
D.
– Il Papa indica così il punto più delicato dell’opera educativa: “trovare un giusto
equilibrio tra la libertà e la disciplina”. Ci vogliono quindi regole, ma allo stesso
tempo occorre accettare il rischio della libertà...
R.
– Certamente e questo perché l’educazione è fatta per formare alla libertà, per far
crescere le persone nell’autentica libertà. Ma proprio per questo occorrono delle
norme che non devono essere sentite come una imposizione esterna, ma delle norme che
vengono interiorizzate. Questo può avvenire soprattutto attraverso la testimonianza
personale degli educatori.
D. – “Oggi – afferma
ancora il Papa – alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia
nella vita”. Come superare questa crisi, eminenza?
R.
– E’ una crisi profonda che ha la sua radice ultima nel nichilismo contemporaneo e
cioè nella perdita di ogni valore e alla fine, soprattutto, nella perdita della fede
in Dio. Perciò il Papa nell’Enciclica “Spe salvi” dice che i cristiani non possono
essere come coloro che non hanno speranza, perché sono senza Dio in questo mondo,
riprendendo così la parola dell’Apostolo Paolo. Il fondamento primo, quindi, per ridare
speranza a tutti è il testimoniare e il proporre la fede in Dio, la fede nel Dio che
ci salva in Gesù Cristo.
D. – San Giovanni Bosco
poneva tre principi alla base del suo sistema educativo: fede, amore e ragione. Diceva
anche che l’educazione è questione di cuore. Come arrivare al cuore dei giovani oggi?
R.
– La ricetta fondamentale è sempre quella: facendo sentire concretamente ai giovani
che vogliamo loro bene. Questa è la grande forza dei genitori nei confronti dei figli,
questa è la forza dei sacerdoti nei confronti dei bambini, dei ragazzi e dei giovani
loro affidati e questa deve essere la forza e la prima arma che hanno fra le mani
gli insegnanti. Per amare, però, davvero occorre molta generosità ed occorre cercare
non il bene proprio, ma il bene delle persone che educhiamo. E’ per questo che abbiamo
bisogno noi per primi di credere profondamente in quel Dio che è amore.