2008-02-23 14:22:00

Al via il Capitolo generale della Congregazione Salesiana


Con un pellegrinaggio di tre giorni nei luoghi del fondatore, San Giovanni Bosco, si apre oggi a Torino il 26.mo Capitolo generale della Congregazione Salesiana. Al centro dei lavori, che inizieranno a Roma il primo marzo, il ritorno al carisma di Don Bosco, l’urgenza dell’evangelizzazione, la testimonianza della povertà consacrata e la necessità di qualificare le vocazioni. Ma cosa danno oggi i salesiani alla Chiesa? Giovanni Peduto lo ha chiesto a don Enrico Dal Covolo, professore all’Università Pontificia Salesiana, nonché postulatore generale della Famiglia salesiana:RealAudioMP3

 
R. - I Salesiani si impegnano a dare alla Chiesa quello che l'allora cardinale Ratzinger raccomandava, nel dicembre 2004, a tutti i provinciali (noi li chiamiamo "Ispettori") dell'Europa, riuniti nella nostra Casa Generalizia. In quell'occasione il cardinale ci raccomandò la "profezia dell'educazione". Che cosa significa questo? Si tratta anzitutto di evangelizzare in tutti gli ambiti dell'educazione; e si tratta, in secondo luogo, di portare nell'evangelizzazione il contributo specifico dell'educazione, che garantisce una ricezione più intima, personale e profonda del Vangelo. Questa è una "profezia", perché ci impegna a camminare sulle frontiere più avanzate dell'educazione, dove le sfide sono più grandi ...

 
D. - Quali sono oggi le difficoltà più gravi della famiglia salesiana?

 
R. - Molti giovani di oggi sono affascinati - in ogni parte del mondo - da Don Bosco e dal suo carisma. Ma - quando si mettono a seguirlo più da vicino - rivelano spesso motivazioni deboli, e una scarsa capacità di perseveranza. Questa "fragilità vocazionale" nella formazione iniziale trova riscontro anche nella formazione permanente, dove l'aspetto problematico rimane quello della perseveranza, in ogni senso. Bisogna aggiungere che - soprattutto nel contesto europeo - le nostre opere sono spesso molto impegnative, si espandono e tendono a moltiplicarsi, mentre le vocazioni scarseggiano. Così non sempre si riesce ad assicurare in esse un'adeguata presenza salesiana consacrata, che garantisca l'autenticità del carisma.

 
D. - Il Papa ha ribadito anche che c'è un'emergenza educativa. Gli adulti oggi spesso rinunciano all'educazione. Che cosa propongono i Salesiani per i giovani?

 
R. - I Salesiani propongono soprattutto la passione educativa. Non è sufficiente, infatti, proporre contenuti validi, e tenere una condotta esemplare di vita. Occorre avere questa passione educativa, cioè la capacità di comunicare intensamente con i giovani, e affrontare "fino alla temerarietà" le risposte alle sfide del momento presente. Don Bosco diceva, sulla base della sua personale esperienza, che non basta amare i giovani. Occorre che essi si accorgano di essere amati. Come? Proprio condividendo la vita con loro, ma non lasciandoli come sono, bensì accompagnandoli nel trovare le risposte ai loro fondamentali interrogativi esistenziali: accompagnandoli, cioè, all'incontro con Gesù Cristo, unico salvatore dell’uomo, ieri, oggi e sempre.

 
D. - Oggi, infatti, il mondo ha bisogno di un nuovo annuncio del Vangelo: qual è lo stile salesiano?

 
R . - Ancora una volta, è quello indicato da Don Bosco, cioè il "metodo preventivo", che si basa tutto sull'amorevolezza. E' lo stile inconfondibile dei Salesiani, fatto di vicinanza, famigliarità, confidenza ... Sono decisive le relazioni personali, su cui si innestano l'ascesi educativa e la carità pastorale. Direi che per noi Salesiani questo concetto fecondo di carità pastorale, che il Concilio ha riproposto, si concretizza in una medaglia a due facce. Da una parte sta il famoso "nulla, assolutamente nulla anteporre all'amore di Cristo" - precetto fondamentale e irrinunciabile della vita consacrata, fin dalle sue origini, e in ispecie dalla Regola di san Benedetto -, cioè l'innamoramento radicale per il Signore. Dall'altra faccia della medaglia sta il "da mihi animas, cetera tolle" di Don Bosco, cioè la dedizione totale ai destinatari, e in particolare ai giovani più bisognosi. Le due facce della medaglia si richiamano continuamente, e si alimentano reciprocamente. Si può dire che una faccia è la motivazione dell'altra. Così non si dovrebbe dare un Salesiano che ami Cristo senza amare i giovani, e neppure, dall'altra parte, un Salesiano che ami i giovani senza amare Cristo e la sua Chiesa.

 D. - Le sue speranze per il Capitolo?

 R. - Innanzitutto, che quello che abbiamo detto fin qui trovi nelle deliberazioni capitolari autentica realizzazione operativa: un vero ritorno a Don Bosco, una rinnovata passione educativa, una riscoperta della carità pastorale, precisamente nel senso che abbiamo appena esplicitato ... E insieme, che cresca la conoscenza, l'amore, l'imitazione di Don Bosco, e anche - lo dico da Postulatore della famiglia salesiana - dei nostri santi e dei nostri beati. Spero e prego - infine - che noi Salesiani, e tutti coloro che partecipano in qualunque modo alla missione di Don Bosco, sappiamo mantenere intatto il carisma delle origini. Detto in altri termini, che tutti i membri della famiglia salesiana si rendano "segni e portatori" efficaci dell' amore di Dio ai giovani, soprattutto i più poveri.







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