2008-02-21 15:13:07

L’Italia riconosce il Kosovo. Belgrado ritira l’ambasciatore da Roma


In Italia il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al riconoscimento del Kosovo. A renderlo noto, il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Tutti i ministri hanno votato per il sì ad eccezione di ferrero di Rifondazione comunista. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3


Amicizia e affetto per la Serbia, ribadisce Romano Prodi, dopo le parole in tal senso del capo di Stato, Giorgio Napolitano. Prodi parla di allineamento con "la maggior parte dei Paesi europei” e soprattutto di “forte impegno europeo” nel Kosovo. D’Alema parla della presenza italiana nei Balcani "come un fattore di equilibrio e garanzia per tutti”. Sul piano delle istituzioni europee, ci sono le parole di Mario Mauro, vicepresidente dell’Europarlamento, che ha presieduto ieri la seduta plenaria per il dibattito sul Kosovo. L'UE deve significare per questi Paesi diritto ed integrazione”, afferma, e poi sottolinea la prospettiva europea per la Serbia. Guardando a Belgrado, è stato confermato proprio poco fa l’annunciato ritiro dell’ambasciatore da Roma, mentre sul terreno c’è la mobilitazione di piazza: dinanzi all'ex parlamento federale, attese centinaia di migliaia di persone per la prima grande adunata contro quello che viene definito “lo scippo del Kosovo”, promossa ufficialmente dalle autorità serbe. Per l'occasione, le scuole resteranno chiuse e si potrà viaggiare gratis sui treni. Intanto, nella ex provincia i militari del contingente NATO della KFOR hanno ripristinato una normalità non priva di tensioni ai valichi di confine, devastati ieri da 2000 dimostranti nell'enclave serbofona a nord di Mitrovica.
 
Italia - Prosegue la campagna elettorale segnata da alleanze e candidature
Grandi manovre sul fronte delle alleanze e delle candidature negli schieramenti politici. Nella notte, trovato l’accordo tra il Partito democratico e i Radicali. Nel centrodestra, restano irrisolti i nodi di Roma e della Sicilia. Mentre al Centro continua il confronto tra UDC, Rosa Bianca e UDEUR per una lista unitaria. Servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3


Alla fine di una lunga trattativa, i Radicali hanno dunque accettato la proposta di Veltroni di inserire nelle liste del Partito democratico nove propri candidati in circoscrizioni considerate sicure. Inoltre, in caso di vittoria, Emma Bonino avrebbe un posto da ministro. L’intesa non era quella sperata dai Radicali, che avrebbero voluto apparentarsi con il PD mantenendo il simbolo come chiesto e ottenuto dall’Italia dei Valori di Di Pietro. Intanto, sempre nel PD, tiene banco la mancata ricandidatura di Ciriaco De Mita. L’ex segretario della DC ha risposto lasciando il PD e appare ora probabile il suo ingresso nella Rosa Bianca di Tabacci. Che dice no all’accordo elettorale con l’UDEUR di Mastella, e prova piuttosto a ricucire i rapporti con l’UDC di Casini. Il quale da parte sua vorrebbe un accordo tra tutte le forze di centro. Acque agitate anche nel centrodestra. Il PDL cerca un candidato sindaco a Roma da contrapporre a Rutelli. Definitivamente tramontata l’ipotesi Giuliano Ferrara, la cui Lista per la Vita non viene vista di buon occhio da Berlusconi e Fini. Partita aperta anche per la candidatura alla regione Sicilia. Ore decisive per la candidatura del leader del Movimento per le autonomie, Lombardo, che sarebbe sostenuto da PDL e UDC insieme, in controtendenza con lo strappo avvenuto a livello nazionale. Per tutte le forze politiche il tempo incalza. Dal 29 febbraio al 2 marzo, dovranno essere depositati i simboli al ministero dell’interno. Dal 9 al 10 marzo la presentazione delle liste dei candidati.

Risoluzione del parlamento europeo sulla crisi nella Striscia di Gaza
Il parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione presentata dai sei principali gruppi parlamentari nella quale esprime “la sua profonda preoccupazione per la crisi umanitaria e politica nella Striscia di Gaza e per le sue ulteriori possibili gravi conseguenze”. I deputati ritengono inoltre che i recenti sviluppi della situazione al Valico di Rafah, “siano essi eventi pacifici o atti di violenza, costituiscono il risultato della crisi nella Striscia di Gaza”. Il parlamento europeo in particolare “ribadisce il suo invito a cessare immediatamente ogni atto di violenza, esorta Israele a porre fine alle azioni militari che uccidono e mettono in pericolo i civili e alle uccisioni mirate extragiudiziali e chiede ad Hamas, a seguito dell'occupazione illegale della Striscia di Gaza, di impedire il lancio di razzi ad opera delle milizie palestinesi verso il territorio israeliano”. L’europarlamento sottolinea inoltre che “la politica di isolamento della Striscia di Gaza è fallita sia a livello politico sia a livello umanitario” e ribadisce l'appello per una fine del blocco e per una riapertura “controllata” dei valichi da e verso Gaza.

Bombardamenti turchi al nord dell’Iraq
L'artiglieria turca ha bombardato questa mattina alcune aree di confine in territorio iracheno, mentre aerei da guerra turchi sorvolano la zona: è quanto ha riferito una fonte dell'Unione patriottica del Kurdistan, il partito del presidente iracheno, Jalal Talabani. Una decina di giorni fa, il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, si era impegnato a continuare a colpire in Iraq obiettivi del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan, indipendentisti curdi turchi). Ankara ritiene che il PKK sia responsabile della morte di circa 40 mila persone dal 1984, anno in cui ha cominciato la sua lotta armata per ottenere il riconoscimento di uno Stato curdo nel sudest della Turchia.

Iraq
Quattro soldati britannici sono rimasti leggermente feriti da un'esplosione avvenuta al passaggio del loro convoglio presso Bassora, nel sud del Paese. Nella zona meridionale dell'Iraq, ci sono ancora dispiegati circa 4.100 militari britannici. Intanto, sono in corso le operazioni preparatorie per ritirare i 550 soldati australiani combattenti di base e i 65 addestratori dell'esercito nella provincia di Dhi Qar, sud dell'Iraq. Il governo laburista di Canberra, eletto a gran maggioranza in novembre, mantiene così la promessa elettorale di ritirare le truppe di combattimento per la metà del 2008. Da parte del governo, fanno sapere che il ritiro sarà effettuato in stretta consultazione con gli USA e la Gran Bretagna per minimizzare le ripercussioni, che le truppe australiane hanno portato a termine il loro impegno e che inoltre è migliorata la situazione di sicurezza perché Al Qaida ha sofferto perdite notevoli e ha perso influenza in Iraq. Nel 2003, sotto il precedente governo conservatore, il Paese aveva partecipato all'invasione dell'Iraq con 2000 soldati a fianco delle forze USA e britanniche.

Afghanistan
Un soldato britannico è rimasto ucciso e un altro ferito in un'esplosione avvenuta oggi mentre i due militari erano di pattuglia nel sud dell'Afghanistan. Circa 40 commando dei Royal Marines, è stato precisato da fonti ufficiali, stavano compiendo un “pattugliamento di sensibilizzazione” nella provincia di Helmand, una di quelle dove più attivi sono gli insorti taleban, quando sono stati investiti dall'esplosione. Sale così a 89 il numero dei soldati britannici morti in Afghanistan dal 2001. Il Regno Unito ha circa 7.800 uomini nel Paese asiatico, in maggioranza dispiegati nella turbolenta provincia di Helmand.

Pakistan
Consultazioni determinanti sono in corso a Islamabad sulla formazione del nuovo governo pakistano fra i leader dei due partiti d'opposizione che hanno vinto le elezioni legislative di lunedì, ma che devono fare i conti con il presidente, Pervez Musharraf, determinato a rimanere al proprio posto. E' una questione cruciale quella del futuro del presidente, al potere dal 1999 con un colpo di Stato militare: il Partito popolare pachistano (PPP) della leader assassinata Benazir Bhutto non è ostile a una collaborazione con Musharraf - un accordo sulla spartizione del potere era stato raggiunto con l'ex premier, che era quindi tornata a ottobre dopo otto anni di esilio volontario. Ma Nawaz Sharif, il cui governo venne rovesciato da Musharraf nel 1999, ha fatto delle dimissioni del presidente la sua missione. Contro il presidente, si è schierato anche il movimento dei togati. Il presidente della Corte suprema, Iftikhar Chaudry, agli arresti domiciliari da novembre, quando Musharraf destituì due terzi dei giudici della Corte a lui ostili, ha rinnovato l'appello al nuovo parlamento a cancellare gli “emendamenti anticostituzionali” imposti da Musharraf nelle sei settimane di leggi speciali alla fine dello scorso anno. La sua prima destituzione, nel marzo dello scorso anno, ha scatenato le piazze, tanto che Musharraf è stato costretto a reinsediarlo dopo sei mesi. Asif Ali Zardari, vedovo della Bhutto e nuovo leader del PPP, si incontra nel tardo pomeriggio con Nawaz Sharif. I risultati non ancora definitivi indicano che nessuno dei partiti ha la maggioranza assoluta sui 272 seggi eletti in parlamento.

Kenya
Il governo keniano ha annunciato di accettare, almeno “in linea di principio” l'ipotesi della creazione del posto di primo ministro, ruolo attualmente non previsto dalla costituzione keniana, che affida tutti i poteri al presidente della Repubblica. Si tratta di un'importante svolta negoziale, su cui il capo della mediazione, l'ex segretario generale dell'ONU Kofi Annan, lavorava da tempo. Il problema ora è vedere di quali poteri sarà investito il premier, ruolo che - appare scontato - sarebbe attribuito al leader dell'opposizione, Raila Odinga, che bilancerebbe così quelli del presidente, Mwai Kibaki, la cui contestata elezione ha scatenato le violenze nel Paese. Il passo del governo potrebbe calmare la situazione. Ieri, l'opposizione aveva annunciato il ritorno in piazza entro una settimana in mancanza di un'intesa, mentre si erano diffuse notizie secondo cui i due schieramenti stavano preparando milizie paramilitari. Di condivisione di potere si è già parlato in diverse fasi del negoziato. Come mai, dunque, l’accordo di massima raggiunto oggi in kenya è considerato così importante? Stefano Leszczynski l’ha chiesto all’africanista Enrico Casale, della rivista dei Gesuiti italiani, Popoli:RealAudioMP3


R. - Il punto sul quale si è trovata una convergenza oggi è quello della creazione di un primo ministro. Questo è un punto delicato, perchè il presidente della Repubblica kenyana, nell’attuale Costituzione, ha un potere effettivamente molto grande. La creazione di un primo ministro significherebbe, e significherà probabilmente, ridurre questo potere e, soprattutto, permetterà di condividerlo con altre forze politiche. Io non sarei ottimista sulla soluzione della crisi kenyana.

 
D. - Sul Kenya, è intervenuto spesso nel corso della sua missione africana anche il presidente statunitense, Bush. Che influenza può avere oggi in Africa il punto di vista degli Stati Uniti?

 
R. - Non si parla mai abbastanza di un conflitto che in Africa è in corso ormai da qualche tempo, ed è un conflitto tra un blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti e un blocco orientale guidato dalla Cina, per la gestione delle risorse enormi dell’Africa. Il viaggio attuale del presidente degli Stati Uniti è stato un viaggio necessario per ribadire come gli Stati Uniti siano attenti all’Africa e presenti in Africa. Quindi, io credo che gli Stati Uniti possano avere una voce importante nella soluzione della crisi kenyana.

Ciad
Il ministro degli Affari esteri del Ciad, Ahmad Allam-Mi, ha detto a Bruxelles che il suo governo “in questo momento negozia con i ribelli”, aggiungendo di sapere che i ribelli sono manipolati dal governo del Sudan”, ha affermato il ministro dopo un incontro con alti funzionari dell'Unione europea. Il ministro del Ciad ha quindi assicurato che il governo “non sa” dove siano i due dirigenti dell'opposizione in Ciad, Ibni Oumar Mahamat Saleh e Ngarlejy Yorongar, che secondo voci diffuse nei giorni scorsi erano stati imprigionati. Ha anche criticato l'Austria che aveva raccolto tali voci e ieri aveva chiesto il rilascio dei due. “Per un Paese dell'EUFOR è un'ingerenza grave negli affari interni del Ciad”, ha sostenuto, aggiungendo che non si può escludere che i due esponenti politici abbiano raggiunto le file dei ribelli.

Record per petrolio e oro
Prezzo del petrolio ancora sopra la soglia dei 100 dollari, dopo il record toccato ieri a 101,32 dollari al barile. Il greggio con consegna ad aprile è scambiato al mercato elettronico after hours di New York a 100,28 dollari al barile, in rialzo di 58 cent (+0,6%). È c’è da dire che in queste ore anche l’oro ha stabilito un nuovo record. Il metallo giallo vale 947,15 dollari l'oncia. Anche il platino ha toccato il nuovo massimo di sempre, a quota 2.185,5 dollari l'oncia. Le quotazioni sono state rilevate sui mercati asiatici e la loro impennata appare legata alla necessità di difendersi dall'inflazione in un contesto caratterizzato dal surriscaldamento delle materie prime, a cominciare dal petrolio.

Rapporto della Commissione UE sull’economia
La crescita dell'economia italiana sarà “quasi piatta” nei primi tre mesi del 2008 (+0,1%) per poi riprendersi in maniera “graduale ma modesta” nei trimestri successivi (+0,2%, +0,3%, +0,3%), chiudendo l'anno con un +0,7%. È quanto afferma la Commissione UE nel rapporto in cui sono contenute le nuove stime sull'andamento del PIL dei principali Paesi dell'UE. “L'attività economica in Italia - si legge - ha rallentato più che nel resto della zona euro nell'ultima parte del 2007, chiudendo l'anno all'1,8%, lo 0,1% in meno del previsto”. Questo - si spiega - è dovuto anche a “fattori eccezionali, come gli scioperi di dicembre nel settore dei trasporti”. Ma il dato 2007 avrà inevitabilmente ripercussioni sul 2008, “con le indicazioni disponibili per la prima parte dell'anno abbastanza negative”. Anche l'inflazione resterà intorno al 3% nei primi mesi dell'anno, per poi attestarsi al 2,7% a fine 2008. Nel mirino di Bruxelles, non solo il caro-benzina e gli elevati prezzi dei generi alimentari, ma anche “gli aumenti delle tariffe”.

Cuba
L'opposizione cubana ritiene che l'Assemblea popolare eleggerà nei prossimi giorni Raul Castro quale presidente al posto di Fidel, che rimarrebbe a capo del partito, vera forza dirigente della Rivoluzione. “È molto probabile che Raul sia eletto alla presidenza al posto di Fidel, e in questo caso quest'ultimo manterrà verosimilmente la carica di primo segretario, che è quella veramente dirigente nel regime cubano”, ha detto all'ANSA Antonio Guedes, dell'Unione liberal cubana. Secondo Guedes, non si può tuttavia escludere del tutto che, considerata l'età di Raul (76 anni), l'Assemblea decida di eleggere una personalità più giovane come ad esempio Carlos Lage. “In questo caso Fidel potrebbe lasciare anche la carica di primo segretario che verrebbe assunta da Raul, ma per questo bisognerebbe convocare un congresso del PCC”. “A Cuba il vero potere sta nel partito e nelle forze armate, attualmente guidate da Raul”, assicura Rigoberto Carceller, leader della piattaforma 'Cuba, democrazia adesso'. “La costituzione cubana - ricorda - stabilisce che 'la massima forza dirigente della società e dello Stato è il partito comunistà, lo stesso modello della fu Unione Sovietica. “Inoltre - avverte Carceller - non bisogna dimenticare che Fidel e Raul manterranno la carica irrinunciabile di Comandanti in Capo della Rivoluzione, al di sopra di chiunque”.

Timor est
Il presidente di Timor Est, Jose Ramos-Horta, ferito gravemente in un attentato nella sua residenza e ricoverato nell'ospedale maggiore di Darwin in Australia, ha ripreso conoscenza dopo 10 giorni di coma indotto e cinque operazioni chirurgiche. Militari ribelli hanno sparato a Ramos-Horta, 58 anni, premio Nobel per la pace per il suo impegno a favore dell'indipendenza dall'Indonesia, in un attacco all'alba nella sua residenza l'11 febbraio scorso. Durante l'attacco, è rimasto ucciso il leader dei ribelli, l'ex ufficiale Alfredo Reinado. Un'ora dopo, altri uomini armati hanno sparato all'auto del premier Xanana Gusmao, che grazie alla perizia del suo autista è riuscito e fuggire ed è rimasto illeso. Intanto, sono giunti a Timor est tre agenti dell'FBI per assistere con le investigazioni i 70 detective e ufficiali della Polizia federale australiana che stanno indagando sul duplice attacco.

Corea del Sud
Il neopresidente sud coreano, Lee Myung Bak, è stato scagionato dalle accuse di frode a suo carico in seguito ad un'inchiesta condotta da una commissione speciale. Lo scrive la BBC on line. “Riteniamo che il presidente non sia coinvolto in alcuna manipolazione del mercato azionario”, ha detto il procuratore, Chung Ho-young. L'annuncio arriva quattro giorni prima che Lee Myung-bak, eletto il 19 dicembre 2007, presti giuramento. Durante la campagna elettorale, il presidente aveva respinto le accuse che lo vedevano coinvolto in uno scandalo finanziario scoppiato nel 2001, per il quale è finito sotto processo un ex socio in affari. I procuratori avevano già scagionato Lee Myung-bak nel dicembre 2007, ma la magistratura aveva votato per la riapertura del caso dopo la comparsa di un video nel quale Lee ammette di aver fondato la BKK, controversa società d'investimenti. Le indagini hanno anche scagionato il presidente dalle accuse secondo le quali avrebbe acquistato un terreno sotto falso nome. Il 25 febbraio, Lee inizierà ufficialmente il suo mandato dopo la vittoria alle elezioni di dicembre. Lee Myung-bak, ex membro dell'esecutivo Hyunday, e leader del Gran partito nazionale conservatore, ha tra suoi obiettivi la ripresa dell'economia e la conduzione di una politica più rigida nei confronti della Corea del Nord. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 
 Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 52

 

 
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.







All the contents on this site are copyrighted ©.