2008-02-21 12:38:26

Il Papa ai Gesuiti: la Chiesa ha bisogno di voi e conta su di voi per portare il Vangelo dove altri non arrivano


“Amare e servire” il Papa - come il tipico “quarto voto” li sprona a fare - e servire la Chiesa con lo slancio leggendario di tanti predecessori, da riscoprire oggi in un’epoca in cui il Vangelo trova ostacoli in un dilagante relativismo etico e nel materialismo pratico. E’ il grande impegno spirituale e apostolico che Benedetto XVI chiede alla Compagnia di Gesù: il Papa ne ha parlato durante l’udienza concessa questa mattina ai membri della 35.ma Congregazione generale, che un mese fa ha eletto il nuovo preposito, padre Adolfo Nicolás. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

 
Da una parte, c’è un mondo che è “teatro di una battaglia fra il bene e il male”, dove il male cova nell’individualismo di idee e azioni che relativizzano il sacro, si propaga attraverso la “confusione di messaggi”, che rendono difficile l’ascolto del Messaggio di Cristo, e ristagna in quelle “situazioni di ingiustizia” e di conflitto delle quali i primi a farne le spese sono i poveri. Dall’altra parte, c’è un Ordine religioso che in quasi cinquecento anni è stato capace di sfidare ogni avversità storica e culturale e di portare realmente il Vangelo ai confini del mondo, grazie all’intelligenza e all’abnegazione di persone che rispondono al nome di Francesco Saverio, Matteo Ricci o Roberto De Nobili, solo per citare i più noti. Questi esempi servono ancora oggi e Benedetto XVI ha chiesto alla Compagnia di Gesù di formare “persone di fede solida e profonda, di cultura seria e di genuina sensibilità umana e sociale”:

 
“Voglio oggi incoraggiare voi e i vostri confratelli a continuare sulla strada di questa missione, in piena fedeltà al vostro carisma originario, nel contesto ecclesiale e sociale che caratterizza questo inizio di millennio. Come più volte vi hanno detto i miei Predecessori, la Chiesa ha bisogno di voi, conta su di voi, e continua a rivolgersi a voi con fiducia, in particolare per raggiungere quei luoghi fisici e spirituali dove altri non arrivano o hanno difficoltà ad arrivare”.

 
Oggi, ha constatato il Papa, non sono tanto “i mari o le grandi distanze gli ostacoli che sfidano gli annunciatori del Vangelo, quanto le frontiere che, a seguito di una errata o superficiale visione di Dio e dell’uomo, vengono a frapporsi fra la fede e il sapere umano, la fede e la scienza moderna, la fede e l’impegno per la giustizia”. Su queste frontiere, ha rilanciato Benedetto XVI, i Gesuiti devono invece “testimoniare e aiutare a comprendere che vi è invece un’armonia profonda fra fede e ragione”, da tradursi - ha sollecitato - in una difesa di quei “punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare”. In sintesi, il matrimonio e la famiglia, la morale sessuale, la questione della salvezza di tutti gli uomini in Cristo:

 
“Proprio per questo vi ho invitato e vi invito anche oggi a riflettere per ritrovare il senso più pieno di quel vostro caratteristico ‘quarto voto’ di obbedienza al Successore di Pietro, che non comporta solo la prontezza ad essere inviati in missione in terre lontane, ma anche - nel più genuino spirito ignaziano del ‘sentire con la Chiesa e nella Chiesa’ - ad ‘amare e servire’ il Vicario di Cristo in terra con quella devozione ‘effettiva ed affettiva’ che deve fare di voi dei suoi preziosi e insostituibili collaboratori nel suo servizio per la Chiesa universale”.
 
Una fedeltà che poco prima, nel suo indirizzo di saluto al Pontefice, il neo preposito generale della Compagnia, padre Nicolás, aveva ribadito con estrema schiettezza:

 
“Ci rattrista, Padre Santo, che le inevitabili insufficienze e superficialità di alcuni tra noi vengano talvolta utilizzate per drammatizzare e rappresentare come conflitti e opposizioni quelle che spesso sono solo manifestazioni di limiti e imperfezioni umane, o inevitabili tensioni del vivere quotidiano. Ma tutto ciò non ci scoraggia, né attenua la nostra passione, non solo di servire la Chiesa, ma anche, con maggiore radicalità, secondo lo spirito e la tradizione ignaziana, di amare la Chiesa gerarchica e il Santo Padre, Vicario di Cristo”.
 
Benedetto XVI ha espresso apprezzamento per le opere di solidarietà cone le quali i Gesuiti - sulla scia, ha detto, di una “delle ultime lungimiranti intuizioni di di Padre Arrupe” - si sono messi a servizio dei rifugiati. Nel mettere in guardia a che tali opere “conservino sempre una chiara ed esplicita identità”, che non pregiudichi la bontà del lavoro apostolico, il Papa si è soffermato sul senso cristiano del servizio ai chi è nel bisogno:

 
“Per noi la scelta dei poveri non è ideologica, ma nasce dal Vangelo. Innumerevoli e drammatiche sono le situazioni di ingiustizia e di povertà nel mondo di oggi, e se bisogna impegnarsi a comprenderne e a combatterne la cause strutturali, occorre anche saper scendere a combattere fin nel cuore stesso dell’uomo le radici profonde del male, il peccato che lo separa da Dio, senza dimenticare di venire incontro ai bisogni più urgenti nello spirito della carità di Cristo”.

 
La conclusione dell’ampio discorso è stata riservata da Benedetto XVI all’importanza degli esercizi spirituali, da poco celebrati in Vaticano e pratica fondamentale nell’ascetica di Sant’Ignazio di Loyola. Sono uno “strumento prezioso ed efficace”, ha riconosciuto il Papa, per distinguere la voce di Dio nel rapido e spesso caotico mutare degli eventi e dei messaggi odierni. Quindi, Benedetto XVI ha concluso con la preghiera composta dal fondatore dei Gesuiti e definita “troppo grande” al punto che, ha ammesso il Pontefice, “quasi non oso dirla”: “Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me l’hai dato, a te, Signore, lo ridòno; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà; dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta”.







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