Il Papa ai Gesuiti: la Chiesa ha bisogno di voi e conta su di voi per portare il Vangelo
dove altri non arrivano
“Amare e servire” il Papa - come il tipico “quarto voto” li sprona a fare - e servire
la Chiesa con lo slancio leggendario di tanti predecessori, da riscoprire oggi in
un’epoca in cui il Vangelo trova ostacoli in un dilagante relativismo etico e nel
materialismo pratico. E’ il grande impegno spirituale e apostolico che Benedetto XVI
chiede alla Compagnia di Gesù: il Papa ne ha parlato durante l’udienza concessa questa
mattina ai membri della 35.ma Congregazione generale, che un mese fa ha eletto il
nuovo preposito, padre Adolfo Nicolás. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Da
una parte, c’è un mondo che è “teatro di una battaglia fra il bene e il male”, dove
il male cova nell’individualismo di idee e azioni che relativizzano il sacro, si propaga
attraverso la “confusione di messaggi”, che rendono difficile l’ascolto del Messaggio
di Cristo, e ristagna in quelle “situazioni di ingiustizia” e di conflitto delle quali
i primi a farne le spese sono i poveri. Dall’altra parte, c’è un Ordine religioso
che in quasi cinquecento anni è stato capace di sfidare ogni avversità storica e culturale
e di portare realmente il Vangelo ai confini del mondo, grazie all’intelligenza e
all’abnegazione di persone che rispondono al nome di Francesco Saverio, Matteo Ricci
o Roberto De Nobili, solo per citare i più noti. Questi esempi servono ancora oggi
e Benedetto XVI ha chiesto alla Compagnia di Gesù di formare “persone di fede solida
e profonda, di cultura seria e di genuina sensibilità umana e sociale”:
“Voglio
oggi incoraggiare voi e i vostri confratelli a continuare sulla strada di questa missione,
in piena fedeltà al vostro carisma originario, nel contesto ecclesiale e sociale che
caratterizza questo inizio di millennio. Come più volte vi hanno detto i miei Predecessori,
la Chiesa ha bisogno di voi, conta su di voi, e continua a rivolgersi a voi con fiducia,
in particolare per raggiungere quei luoghi fisici e spirituali dove altri non arrivano
o hanno difficoltà ad arrivare”.
Oggi, ha constatato
il Papa, non sono tanto “i mari o le grandi distanze gli ostacoli che sfidano gli
annunciatori del Vangelo, quanto le frontiere che, a seguito di una errata o superficiale
visione di Dio e dell’uomo, vengono a frapporsi fra la fede e il sapere umano, la
fede e la scienza moderna, la fede e l’impegno per la giustizia”. Su queste frontiere,
ha rilanciato Benedetto XVI, i Gesuiti devono invece “testimoniare e aiutare a comprendere
che vi è invece un’armonia profonda fra fede e ragione”, da tradursi - ha sollecitato
- in una difesa di quei “punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura
secolare”. In sintesi, il matrimonio e la famiglia, la morale sessuale, la questione
della salvezza di tutti gli uomini in Cristo:
“Proprio
per questo vi ho invitato e vi invito anche oggi a riflettere per ritrovare il senso
più pieno di quel vostro caratteristico ‘quarto voto’ di obbedienza al Successore
di Pietro, che non comporta solo la prontezza ad essere inviati in missione in terre
lontane, ma anche - nel più genuino spirito ignaziano del ‘sentire con la Chiesa e
nella Chiesa’ - ad ‘amare e servire’ il Vicario di Cristo in terra con quella devozione
‘effettiva ed affettiva’ che deve fare di voi dei suoi preziosi e insostituibili collaboratori
nel suo servizio per la Chiesa universale”. Una fedeltà
che poco prima, nel suo indirizzo di saluto al Pontefice, il neo preposito generale
della Compagnia, padre Nicolás, aveva ribadito con estrema schiettezza:
“Ci
rattrista, Padre Santo, che le inevitabili insufficienze e superficialità di alcuni
tra noi vengano talvolta utilizzate per drammatizzare e rappresentare come conflitti
e opposizioni quelle che spesso sono solo manifestazioni di limiti e imperfezioni
umane, o inevitabili tensioni del vivere quotidiano. Ma tutto ciò non ci scoraggia,
né attenua la nostra passione, non solo di servire la Chiesa, ma anche, con maggiore
radicalità, secondo lo spirito e la tradizione ignaziana, di amare la Chiesa gerarchica
e il Santo Padre, Vicario di Cristo”. Benedetto XVI ha espresso
apprezzamento per le opere di solidarietà cone le quali i Gesuiti - sulla scia, ha
detto, di una “delle ultime lungimiranti intuizioni di di Padre Arrupe” - si sono
messi a servizio dei rifugiati. Nel mettere in guardia a che tali opere “conservino
sempre una chiara ed esplicita identità”, che non pregiudichi la bontà del lavoro
apostolico, il Papa si è soffermato sul senso cristiano del servizio ai chi è nel
bisogno:
“Per noi la scelta dei poveri non è ideologica,
ma nasce dal Vangelo. Innumerevoli e drammatiche sono le situazioni di ingiustizia
e di povertà nel mondo di oggi, e se bisogna impegnarsi a comprenderne e a combatterne
la cause strutturali, occorre anche saper scendere a combattere fin nel cuore stesso
dell’uomo le radici profonde del male, il peccato che lo separa da Dio, senza dimenticare
di venire incontro ai bisogni più urgenti nello spirito della carità di Cristo”.
La
conclusione dell’ampio discorso è stata riservata da Benedetto XVI all’importanza
degli esercizi spirituali, da poco celebrati in Vaticano e pratica fondamentale nell’ascetica
di Sant’Ignazio di Loyola. Sono uno “strumento prezioso ed efficace”, ha riconosciuto
il Papa, per distinguere la voce di Dio nel rapido e spesso caotico mutare degli eventi
e dei messaggi odierni. Quindi, Benedetto XVI ha concluso con la preghiera composta
dal fondatore dei Gesuiti e definita “troppo grande” al punto che, ha ammesso il Pontefice,
“quasi non oso dirla”: “Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria,
la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me l’hai
dato, a te, Signore, lo ridòno; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà;
dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta”.