Appello-denuncia da un convegno a Roma: i cristiani rischiano l'estinzione in Medio
Oriente, non abbandoniamoli!
Far conoscere la sofferenza e il martirio dei cristiani in Medio Oriente, rilanciare
i pellegrinaggi nei Luoghi Santi: è l'appello lanciato ieri dal cardinale Leonardo
Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante un convegno
a Roma promosso su questa tematica dalla Comunità di Sant'Egidio. Il Custode di Terra
Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato il fatto che in queste regioni
i cristiani sono a rischio estinzione. Analoghi appelli sono stati lanciati da vescovi
e personalità giunte dal Libano, dalla Siria e dall’Iraq. Ce ne parla Francesca
Sabatinelli:
L’appello
è all’Occidente, l’invito è a rendersi conto della ricchezza rappresentata dai cristiani
del Medio Oriente, e a sostenerli, perché ormai abbandonati. Bisogna aiutarli è il
richiamo, la loro presenza nella regione è fondamentale, sono un importante ponte
tra Oriente ed Occidente, un grande tramite con l’islam, e rappresentano un legame
con la modernità occidentale vista come pericolosa. Ma a situazioni come quella della
Siria, dove i cristiani, seppur in fortissima minoranza, hanno una vita sociale conservando
l’originalità della propria Chiesa, si oppone quella dell’Iraq. E’ lì che cristiani
sono dimenticati, anche da chi dovrebbe aiutarli. Il problema è strutturale, spiega
con forza mons. Jean-Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini. L’Iraq eterogeneo
è esploso con la caduta del regime di Saddam, quando si è scoperta la complessità
di una società unificata, ma non integrata. In Iraq le minoranze non hanno più posto,
il fondamentalismo si è sparso in un lampo, diventando cultura, esprimendosi in tanti
modi: i cristiani iracheni sono umiliati, sotto pressione, perseguitati, il loro esodo
dall’Iraq è una vera e propria emorragia, soprattutto verso la Siria e la Giordania,
e anche lì sono mal tollerati. Mons. Jean-Benjamin Sleiman:
“Che
l’emigrazione sia diventata un esodo, questa è una cosa visibile. Ci sono, però, situazioni
varie: ci sono quelli che hanno lasciato il Paese definitivamente; ci sono quelli
che stanno aspettando un visto sia in Siria, sia in Libano, sia in Giordania, sia
altrove; ci sono quelli che si sono spostati verso il nord alla ricerca di una maggiore
sicurezza; e, ci sono poi quelli che rimangono e che sono un po’ abbandonati e dimenticati.
Le situazioni sono, quindi, molto differenti fra loro, ma penso che ci sia un sentimento
comune fra tutti: la paura del domani”. Il futuro per i cristiani
d’Iraq è drammatico e per chi ha lasciato il Paese è difficile anche il rientro, ancora
mons. Sleiman: “Il ritorno in Iraq c’è, ma è veramente molto
scarso. Ci sono tra l’altro problemi anche economici. C’è infatti chi ha venduto tutti
i propri beni, chi ha perso il lavoro e non ha facilità di ritrovarlo. Ma ci sono
problemi anche politici e di sicurezza. Più di un cristiano è tornato perché è stato
obbligato. Io sento un sentimento molto profondo: l’aver perso il legame con la propria
patria, con la propria cultura. Come se tutto fosse diventato loro estraneo: non
è più il mio Paese, non è più la mia cultura. C’è questo sentimento molto diffuso”.
Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei, in Siria, vede
la soluzione nella unità delle Chiese, nel dialogo ecumenico, in quello interreligioso;
accanto a questo però bisogna far rinascere nei musulmani la fiducia nei cristiani
e nell’Occidente. Ciò che è stato fatto in Iraq, la guerra - ha detto - ha peggiorato
le cose. Ma i cristiani, ha precisato Andrea Riccardi, non sono
solo vittime della storia che li spinge ad una posizione di cittadini di seconda categoria,
sono anche, a loro modo, protagonisti del presente: “Nel
mondo contemporaneo globalizzato, la condizione della maggioranza è fatta anche dalle
minoranze. Io credo che la scomparsa dei cristiani di Oriente sia un perdita non solo
per loro , ma per i musulmani stessi. Questo sarà anche un inizio di difficoltà per
altre minoranze religiose, linguistiche ed etniche. Penso che sia necessario aiutare
i cristiani in Medio Oriente a non essere da soli, a non pensare da soli, a non sentirsi
soli”.