Le primarie negli USA: Obama vince anche nelle Hawaii
È ormai certo: Barack Obama ha trionfato anche nel caucus delle Hawaii. Ha
ottenuto il 76% dei consensi contro il 24% di Hillary Clinton secondo i dati riportati
dalla Cnn. Proseguendo la sua serie di vittorie contro la rivale Hillary Clinton,
si è imposto anche in Wisconsin. Il senatore nero si è imposto in uno Stato dove l'88
per cento degli elettori sono bianchi e dove è alta la percentuale di elettori dal
basso reddito (uno dei serbatoi di voti, almeno in teoria, della senatrice di New
York). Altrettanto netta è stata la vittoria in Wisconsin del candidato repubblicano
John McCain contro Mike Huckabee. Sia la Clinton che McCain, parlando dopo i risultati,
hanno attaccato Obama, con parole simili. “La scelta di un presidente non deve essere
limitata alle parole, ma occorre il lavoro, un duro lavoro, per rimettere in marcia
l'America”, ha detto la Clinton, senza porgere al rivale le tradizionali congratulazioni
per la vittoria. Anche McCain ha usato lo stesso concetto nell'attaccare Obama: “L'America
non deve essere tratta in inganno da esortazioni, eloquenti ma vuote, al mutamento”.
La serie di sconfitte impone adesso ad Hillary Clinton di ottenere una convincente
vittoria nel voto del 4 marzo in Texas ed Ohio se vuole sperare di fermare la marcia,
per adesso inarrestabile, del senatore Obama verso la candidatura democratica e forse
la Casa Bianca.
Pakistan Il presidente pachistano, Pervez Musharraf,
ha escluso le sue dimissioni, malgrado l'eclatante vittoria dell'opposizione nelle
elezioni legislative di lunedì. Il presidente USA Bush sottolinea che sono state elezioni
libere e pertanto rappresentano una vittoria del popolo. Il nostro servizio:
Evidente
il rischio di instabilità e crisi politica, nell'unico Paese musulmano dotato di atomica.
Ieri, Nawaz Sharif, ex primo ministro destituito nel colpo di Stato militare che nel
1999 ha portato al potere Musharraf, aveva chiesto le dimissioni del presidente. Oggi,
Musharraf ribadisce di non uscire di scena. Il partito di Sharif, la Lega musulmana
pachistana-N (PML-N) è seconda forza d'opposizione, dopo il Partito popolare pachistano
(PPP) della leader assassinata, Benazir Bhutto. I due avranno in parlamento la maggioranza
dei seggi: se raggiungessero i due terzi potrebbero chiedere l'impeachment
del presidente, eletto quando era ancora capo delle forze armate. Musharraf ha smesso
la divisa a novembre, su pressioni americane, ma solo dopo essersi assicurato il secondo
mandato presidenziale ed avere allontanato con leggi speciali due terzi della Corte
suprema a lui ostile. Ma gli accordi tra partiti di opposizione non sembrano così
facili e scontati. Inoltre, si sa che gli Stati Uniti sostenevano la Bhutto, mentre
non sembra ci sia supporto per Nawaz Sharif, sostenitore dell’applicazione
integrale della sharia, la legge islamica. Guardando alla popolazione, secondo
un colonnello dell'esercito americano, è fuga generalizzata verso l’Afghanistan: oltre
10 mila persone nelle ultime settimane. Le violenze sono cresciute dopo l’attentato
alla Bhutto di fine dicembre. Con Musharraf alleato nella lotta al terrorismo, il
Pakistan dal 2001 ha ricevuto dagli USA 10 miliardi di dollari che hanno aiutato
l'economia senza ridurre la povertà: il 31 per cento dei 160 milioni di pakistani
vive in indigenza.
Iraq Tre sanguinosi attentati
in Iraq in poche ore: a Mossul uccisi quattro agenti di polizia, a Baghdad tre soldati
Usa; a Muqdadiya, cittadina a maggioranza sunnita a 90 km a nord-est della capitale,
almeno quattro agenti di polizia iracheni e due donne sono morti per l’esplosione
di un kamikaze. Secondo un comandante delle truppe USA, gli attacchi si erano ultimamente
diradati grazie ad una stretta impressa ai fondamentalisti, ma nel mese di febbraio,
fino a questo momento, sono stati uccisi 22 soldati. In tutto, sono 3.966 i soldati
americani uccisi in Iraq dall'invasione del 2003. Sempre oggi, viene annunciato che
le truppe australiane di stanza nel sud dell'Iraq hanno terminato la loro missione
e rientreranno nel loro Paese alla metà del 2008. Secondo il capo delle Forze Armate,
i 550 soldati australiani dispiegati nelle province irachene meridionali di Al-Muthanna
et Dhi Qar hanno passato le consegne, con successo, alle forze di sicurezza locali.
Libano I leader religiosi islamici libanesi si riuniranno domani
per tentare di disinnescare la tensione nel Paese, che la scorsa settimana ha causato
sporadici e sanguinosi scontri tra sunniti e sciiti a Beirut e dintorni. Secondo quanto
riferiscono fonti di stampa, il muftì sunnita, Mohammed Rashid Qabbani, il vicepresidente
dell'Alto Consiglio islamico sciita, sheikh Abdel Qabalan, e il leader spirituale
druso, sheikh Naim Hassan, intendono discutere dell'escalation della tensione
sfociata nelle violenze che finora hanno causato il ferimento di almeno 20 persone.
Gli scontri, tra i più sanguinosi dalla fine della guerra civile (1975-1990), sono
una conseguenza dello stallo politico tra il governo antisiriano del premier Fuad
Siniora e l'opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, che ha il sostegno
della Siria e dell'Iran. Frattanto, il presidente del parlamento, Nabih Berri, uno
dei leader sciiti dell'opposizione, citato oggi dal quotidiano As Safir, ha affermato
che la soluzione alla crisi in corso da oltre 15 mesi “sta maturando”. Annunciando
una riunione per il 24 febbraio, Berri ha aggiunto che se nel corso della riunione
si raggiungerà un accordo, il comandante dell'esercito, il generale Michel Suleiman,
sarà eletto presidente della Repubblica nella riunione del parlamento in programma
per il 26 febbraio. Il Libano è senza capo dello Stato sin dal 24 novembre 2007, quando
è terminato il mandato di Emile Lahoud.
Armenia Il premier armeno,
Serge Sarkisian, ha vinto le elezioni presidenziali al primo turno, con il 52,86%
dei voti, secondo quanto annunciato dalla Commissione elettorale centrale dopo lo
scrutinio del 100% delle schede. Al secondo posto, con il 21,5% c'è Levon Ter-Petrosian,
primo presidente dell'Armenia indipendente post-sovietica, diventato bandiera dell'opposizione,
che ha rilanciato le accuse di brogli e invitato a manifestare. Al terzo posto, Arthur
Bagdasarian (16,6%), ex presidente del parlamento e sostenitore di una politica filoccidentale.
I candidati erano nove. Sarkisian prenderà il posto di Robert Kocharian, che dopo
due mandati consecutivi non poteva più ricandidarsi. I circa 600 osservatori internazionali,
tra cui quelli dell'OSCE, dovrebbero pronunciarsi oggi sulla regolarità del voto.
Congo “Almeno 30 civili” sono stati massacrati lo scorso gennaio
nell'insanguinata regione del nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo (RDC,
l'ex Zaire), dai miliziani agli ordini del capo ribelle tutsi, ex generale Laurent
Nkunda, secondo quanto denuncia oggi la Missione dell'ONU nel Paese (MONUC). In gennaio,
le autorità locali avevano denunciato che almeno 40 abitanti di villaggi fra Nyamitaba
e Kalonge erano stati uccisi. Il nord Kivu è la tormentata regione del nord-est del
Congo ambita per le ricchezze del suo sottosuolo e famosa per il parco di Virunga,
che ospita gli ultimi gorilla di montagna in libertà.
Darfur: bombardamenti
e attacchi contro i villaggi, migliaia di persone in fuga Da giorni, migliaia
di rifugiati provenienti dal Darfur occidentale hanno attraversato il confine con
il Ciad orientale, in fuga dagli attacchi dei guerriglieri e dai bombardamenti. Il
segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto “estremamente preoccupato” per
quanto sta accadendo nel Paese africano, in preda alla guerra civile, e in particolare
per il bombardamento considerato “inaccettabile" di Aro Sharow, uno dei campi dei
rifugiati. I bombardamenti aerei hanno costretto l’Alto commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (UNHCR) a ritirare il proprio personale impegnato negli aiuti
ai rifugiati sudanesi, fuggiti nel vicino Ciad. La portavoce del segretario generale
ha aggiunto che le forze del governo del Sudan e delle milizie ribelli si sono ammassate
nell’area di Jebel Moun, sempre nel Darfur occidentale. Questo, secondo i funzionari
dell’ONU, è “un segnale preoccupante perché indica che continueranno a verificarsi
violenze nella zona”.
Ciad La Forza europea (EUFOR) per il Ciad
e Repubblica Centrafricana (RCA) ha iniziato ieri le prime operazioni di riconoscimento
e sarà dispiegata interamente prima del mese di giugno. Lo ha dichiarato a Bangui,
capitale del Paese, il generale francese Ganascia, comandante in campo della forza
europea. Il dispiegamento era stato interrotto all'inizio di febbraio per l'attacco
dei ribelli ciadiani a N'Djamena, ma le operazioni sono riprese il 12 febbraio. Intanto,
oggi a Bruxelles il ministro agli Affari esteri del Ciad, Ahmad Allam-Mi, incontra
l'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE, Javier
Solana, per discutere anche degli sviluppi recenti in Ciad e del dispiegamento della
missione europea EUFOR nello stesso Ciad e nella Repubblica Centrafricana.
Nigeria Un
dirigente nigeriano del gruppo Agip è stato rapito da un gruppo di uomini armati nel
sud della Nigeria: lo ha reso noto un portavoce della società petrolifera italiana.
Il rapimento è avvenuto nelle vicinanze della sede centrale delle autorità portuarie
di Port-Harcourt, la più importante città del Delta del Niger (principale regione
petrolifera del Paese). Sempre il portavoce, Harsen Orife, ha precisato che durante
il sequestro l'autista del funzionario è rimasto ferito. Intanto, proprio oggi il
Movimento per l'emancipazione del delta del Niger (MEND) fa sapere di volere dal governo
nigeriano una prova che il suo leader, Henry Okah, sia ancora vivo. I ribelli separatisti
dicono di non credere alle smentite da parte del governo nigeriano che Okah sia morto
ieri in seguito a ferite da arma da fuoco in un ospedale militare nello stato di Kaduna.
Ieri, il MEND aveva concesso 24 ore al governo federale nigeriano per confermare o
smentire la voce dell'uccisione di Okah, annunciando in caso contrario un “bagno di
sangue nella regione e non solo”. Qualche giorno fa, i ribelli avevano denunciato
che Okah era stato deportato illegalmente in Nigeria dall'Angola, dove era stato arrestato
lo scorso settembre.
Siria Secondo l'Organizzazione nazionale per
i diritti umani in Siria (ONDUS), un dissidente siriano di etnia curda ed ex parlamentare
è morto “per non aver ricevuto in prigione le cure mediche necessarie”. L'ONDUS ha
precisato che Uthman Sulayman ben Hujja (60 anni), è morto lunedì scorso nell'ospedale
specializzato Ashrafiyye di Aleppo dove era stato condotto, sotto falso nome e senza
che la famiglia fosse informata, da agenti della polizia penitenziaria del carcere
dove era rinchiuso. L'ONDUS, che non ha specificato le cause del suo decesso, ha affermato
che durante la sua detenzione Ben Hujja “ha subito torture”. Eletto nel 1991, l'ex
parlamentare fu arrestato per la prima volta nel 1995 ed era finito nuovamente in
carcere ad Aleppo, lo scorso 27 novembre, perchè accusato di aver partecipato ai raduni
non autorizzati di solidarietà con la causa autonomista curda, svoltisi in autunno
nei pressi di Ayn Arab, sua cittadina natale, a pochi km a nord di Aleppo (355 km
a nord di Damasco).
Cipro Il Comitato Centrale del Partito Democratico
cipriota (Diko, di centro-destra) cui appartiene lo sconfitto presidente uscente,
Tassos Papadopoulos, ha deciso di appoggiare Dimitris Christofias, candidato del partito
Akel (comunista), al secondo turno delle elezioni presidenziali in programma domenica
a Cipro. Christofias potrebbe così diventare il primo presidente comunista dell'isola
mediterranea, divisa dal 1974 in seguito a un'invasione militare turca. La decisione,
che sembra sia stata alquanto sofferta, è arrivata la scorsa notte al termine di una
riunione di sei ore, conclusasi con un voto segreto per non esporre i votanti - come
è stato precisato - ad eventuali rappresaglie. Già lunedì scorso, il partito socialdemocratico
Edek aveva reso noto di schierarsi a favore di Christofias.
Russia Il
direttore dell'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (HRW), Kenneth
Roth, ha denunciato la mancata concessione del visto per entrare in Russia. Il dirigente
dell'ONG ha sostenuto che il Ministero degli esteri russo sapeva delle sue intenzioni
di tornare in Russia per una conferenza stampa in programma oggi e che avrebbe di
conseguenza cambiato le regole per il visto. Secondo Roth, intervenuto telefonicamente
alla conferenza stampa della sua organizzazione, è la prima volta dai tempi dell'URSS
che a un dirigente di Human Rights Watch venga negato il visto per la Russia. Ciò
dimostra, a suo avviso, la persecuzione delle ONG, descritta nel dossier di HRW sullo
stato della società civile in Russia.
Terremoti È di almeno tre
morti, 25 feriti gravi e numerosi danni materiali il bilancio del forte terremoto
che ha colpito il nord dell'isola indonesiana di Sumatra. Lo rende noto il Ministero
della sanità indonesiano. La scossa ha avuto una magnitudo pari a 7,6 gradi Richter,
secondo quanto calcolato dal Centro geofisico statunitense (USGS) e dal Centro sismologico
euro-mediterraneo (CESM). Sarebbe stata invece di 6,6 gradi secondo l'Agenzia di meteorologia
e geofisica di Giakarta. L'epicentro è stato registrato nella provincia di Aceh, vicino
a quello del terribile terremoto che il 26 dicembre del 2004 creò lo tsunami
che in tutta l'Asia del sud fece oltre 220 mila morti. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 51 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.