Il presidente Bush riconosce l'indipendenza del Kosovo
Dopo la proclamazione di indipendenza del Kosovo, è ora il momento delle diplomazie:
il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha riconosciuto l'indipendenza del
Kosovo affermando che "i Kosovari ora sono indipendenti". Il capo di Stato americano
ha anche aggiunto che il riconoscimento statunitense del Kosovo sarà guidato dal piano
del mediatore dell'ONU, Martti Ahtisaari. A Bruxelles, intanto, sono riuniti i ministri
degli Esteri dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Torna a riunirsi anche il Consiglio
di Sicurezza dell'ONU, convocato ieri sera su richiesta della Russia che considera
“nulla” l’iniziativa di Pristina. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
All’indomani
della dichiarazione di indipendenza unilaterale il Kosovo è in attesa di riconoscimenti
ufficiali. Il primo è arrivato da George W. Bush: i kosovari - ha detto il capo della
Casa Bianca - "ora sono indipendenti". La Serbia ha ribadito, invece, la propria
contrarietà al riconoscimento del Kosovo. Il Regno Unito parla di “importante sviluppo”
e la Slovenia, presidente di turno dell'UE, lancia un appello alla moderazione. La
Germania, inoltre, preferisce aspettare che l’Unione Europea chiarisca la propria
posizione. Non hanno atteso, invece, i cittadini del Kosovo che hanno accompagnato
la proclamazione dell’indipendenza con un crescendo di festeggiamenti. Il premier
del Kosovo, Hashim Thaci, ha proclamato “un orgoglioso, indipendente e libero Stato”.
Uno Stato - ha detto - che “non sarà mai più sotto il dominio di Belgrado”, ma sarà
“democratico e multietnico”. Il primo ministro ha anche affermato che saranno tutelate
tutte le minoranze, riferendosi in particolare ai 120.000 serbi che vivono in Kosovo.
Il governo serbo, invece, ha precisato che “reagirà con tutti i mezzi pacifici,
diplomatici e legali”. Il ministero dell'Interno serbo ha anche incriminato le autorità
kosovare per aver organizzato "la proclamazione di uno Stato falso su territorio serbo"
commettendo così – secondo Belgrado - un atto illegale. Manifestazioni di protesta
si sono tenute a Belgrado e in altre città. La Cina infine, che secondo
molti analisti teme che Taiwan possa seguire l’esempio del Kosovo, ha espresso preoccupazione
e invitato le parti al dialogo.
La Georgia - come per esempio lo Sri Lanka
più a Oriente - ha espresso preoccupazione perché il Kosovo potrebbe costituire un
precedente e, nel proprio caso, innescare un effetto domino per le repubbliche separatiste
di Abkhazia e Ossezia del sud. Sulle conseguenze geopolitiche che potrebbero innescarsi
nell’area ex sovietica, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Fulvio
Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
R. –
Le conseguenze sono già in atto e a questo proposito va fatto forse un discorso un
pò più ampio. La politica estera americana degli ultimi otto anni, cioè dell’amministrazione
Bush, ha perseguito una sorta di vecchia regola che è quella del divide et impera.
Se usciamo un attimo dai Balcani o dall’est europeo e ci spostiamo ad esempio in Medio
Oriente lo vediamo bene. In Iraq, di fatto, l’occupazione anglo-americana ha favorito
una tripartizione del Paese, che prelude all’indipendenza del Kurdistan. Il Kurdistan
non è che un Kosovo in Medio Oriente.
D. – E la
politica della Russia in questi anni qual è stata?
R.
– La Russia in questi anni ha fatto tutta una serie di patti che tendevano appunto
ad unire entità anche diverse. Pensiamo ai trattati e alle alleanze che ha stipulato
in Asia, al tentativo comunque di costruire agglomerati importanti che si opponessero
alla politica della divisione, patrocinata dagli Stati Uniti. Ora, è chiaro che a
questo punto la Russia proverà a perseguire la strada analoga, cioè a dividere a sua
volta ciò che invece agli Stati Uniti piacerebbe fosse unito. Il caso della Georgia
è tipico. La Georgia è diventata una sorta di patrocinio americano. Da lì, gli Stati
Uniti hanno fatto operazioni importanti di politica estera, di politica globale, anche
ad esempio sugli oleodotti. Lì cercherà di agire la Russia come ritorsione.
D.
– Quindi, cambiamenti di fatto nell’immediato?
R.
– Bisogna vedere quanto la Russia cercherà di ‘spingere sul pedale’. In questo momento,
credo che con l’elezione presidenziale alle porte e qualche assestamento a livello
di potere, forse non dobbiamo aspettarci nulla. Ma qualcosa succederà di sicuro.