Il Papa riprende le udienze in Vaticano dopo la settimana di esercizi spirituali:
la riflessione del cardinale Comastri
Benedetto XVI, dopo la settimana di esercizi spirituali, ha ripreso questa mattina
le udienze in Vaticano incontrando i membri del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e le Unioni Internazionali
dei Superiori e delle Superiore Generali. Ieri all’Angelus il Papa ha rinnovato il
suo invito a vivere questa Quaresima in profondo raccoglimento spirituale, facendo
digiuno in particolare da immagini e rumori. Questo tempo che precede la Pasqua –
ha scritto nel Messaggio per la Quaresima ci offre infatti “una provvidenziale occasione
per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani”. Agli esercizi
spirituali in Vaticano, conclusi sabato scorso, ha partecipato anche il cardinale
Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro. Isabella Piro
gli ha chiesto l’importanza degli esercizi nella vita di un cristiano:
R. –
Gli esercizi spirituali sono un tempo particolarmente intenso da dedicare al Signore,
per metterci proprio sotto la luce di Dio, in modo da vedere tutte le macchie che
si sono realizzate, depositate nella nostra vita. D’altra parte, non dimentichiamo
che Gesù passava notti intere in preghiere. Gesù, prima di affrontare la grande lotta
della Passione, va nell’orto degli ulivi a pregare. Il cristiano proprio nella misura
in cui vuole essere discepolo di Gesù deve immergersi nella preghiera. E gli esercizi
spirituali sono un tempo di immersione profonda nella preghiera, in modo che da quelle
giornate così forti e così intense uno ne ricavi una spinta forte per seguire il Signore
con maggiore convinzione, con maggiore coerenza.
D.
– Accogliamo Cristo, nostro Sommo Sacerdote: gli esercizi spirituali sono partiti
da questa riflessione. Significa che l’accoglienza è un punto focale del periodo quaresimale?
R.
– Certo, la prima accoglienza è l’accoglienza di Dio. Dio ci è venuto incontro in
Gesù Cristo. Ma Dio non sfonda le porte. Nel libro dell’Apocalisse si trovano queste
parole impressionanti ed è Gesù che parla: “Ecco io sto alla porta e busso”. Pertanto
Dio non sfonda le porte, Dio bussa. Ma se la porta resta chiusa, Dio non entra. Il
tempo della Quaresima è il tempo per aprire la porta veramente al Signore, per accogliere
il Signore. E l’accoglienza del Signore avviene nella preghiera, ma dopo la preghiera
avviene nella carità. Se ho Dio dentro di me io brucio di amore. Come Maria, che dopo
aver detto il suo sì nella casetta di Nazareth, subito si mette in viaggio per andare
a servire Elisabetta. Il dinamismo della vita cristiana è questo: in ginocchio nell’umiltà
per accogliere Dio e poi subito in piedi, per andare a vivere la carità che Dio mette
dentro di noi.
D. – Gli esercizi spirituali coinvolgono
anche il Papa e la Curia Romana. Lei come vive questo periodo che precede la Pasqua?
R.
– Anche noi che ci siamo consacrati al Signore possiamo raccogliere polvere. Anche
noi possiamo attenuare l’entusiasmo. Anche noi possiamo perdere dentro di noi una
spinta forte nel servire il Signore. Allora bisogna rimotivare la nostra sequela del
Signore, purificarci da tante piccole presenze di orgoglio, di vanità, di incoerenza.
Tutti abbiamo bisogno di rimetterci in cammino verso il Signore, noi per primi. Ne
sente il bisogno il Papa, dobbiamo sentirne il bisogno tutti noi.
D.
– I ragazzi, i giovani sembrano a volte lontani da temi come quello del digiuno e
della preghiera. Come far capire loro invece l’importanza di questi pilastri per la
Quaresima?
R. – I giovani capiscono anche il senso
del digiuno. Una vita disordinata è una vita infelice. Senza regole non si può vivere.
Digiunare non vuol dire perdere qualcosa, digiunare vuol dire imbrigliare bene le
nostre energie, come l’acqua: l’acqua torrenziale distrugge, l’acqua incanalata fa
del bene. Così sono le energie che abbiamo dentro di noi. Noi abbiamo delle forze,
che chiamiamo delle passioni, ma le dobbiamo ben incanalare, perché queste ricchezze
siano veramente benefiche e facciano del bene. Il digiuno serve a questo: è un’educazione
della volontà, un’educazione di tutte le risorse che abbiamo dentro di noi, perché
siano incanalate e possano farci del bene e fare del bene agli altri.