2008-02-17 14:23:44

A Torvaianica, vicino Roma, due Case-famiglia, nate in parrocchia, ridonano la fiducia nella vita ai bambini vittime di violenza sessuale


Non c’è via migliore della condivisione per curare il male di un corpo, di un cuore, di un’anima: è lo spirito che anima l’associazione “Chiara e Francesco”, un sodalizio nato da un gruppo di giovani e famiglie di una parrocchia di Torvaianica, vicino Roma. Dal 2003, questo proposito si concretizza nell’impegno di due Case-famiglia che stanno lavorando con pazienza per far rinascere la speranza nei cuori di bambini vittime di violenza sessuale. Per una testimonianza su questa esperienza, Alessandro Gisotti ha intervistato il vicepresidente dell’associazione “Chiara e Francesco”, Alessandro Orsini:RealAudioMP3


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R. – Una delle prime difficoltà è stata l’accoglienza di questi ragazzi, considerando che i loro abusi sono nati nelle loro famiglie. Quindi, sono diffidenti, non si fidano di nessuno perché gli adulti che dovevano proteggerli, li hanno massacrati. Prima di tutto, quindi, conquistare la loro fiducia e far loro capire che c’è qualcuno che vuole loro bene, che non li vuole utilizzare, non li vuole sfruttare, non vuole fare loro del male. Poi, purtroppo, ci scontriamo anche con alcune mentalità, ancora un po’ vecchie, che guardano alla “casa-famiglia” dove metti lì il bambino e sta bene. No: bisogna accompagnarlo, bisogna aiutarlo e farlo crescere. Per questo non basta la casa-famiglia: ci vuole tutta una società, un contorno, una comunità che aiuti ... C’è bisogno proprio di una nuova cultura. Non può essere un volontariato o un lavoro: per noi è proprio una scelta di vita. Noi praticamente stiamo qui 24 ore al giorno, viviamo con questi ragazzi come se fossero figli nostri.

 
D. – Ma come si riesce a testimoniare la speranza, a far ripartire la speranza nei cuori di questi ragazzi così feriti e che, soprattutto, non si fidano degli adulti perché dagli adulti hanno ricevuto del male?

 
R. – Principalmente, ci vuole tanto amore. Piano piano, far loro capire che tu sei lì soprattutto perché li ami. E questo, all’inizio, è un po’ difficile da far loro capire perché non hanno l’esperienza di un amore gratuito, quello di un padre verso un figlio, quello di una madre ... E quindi, piano piano, con i piccoli gesti, far loro vedere che giorno dopo giorno tu sei sempre lì, anche nei momenti di crisi, anche nei momenti in cui lui distrugge la stanza, anche nei momenti in cui – in preda ai ricordi –comincia a fare “il matto”, diciamo, a comportarsi male, ma tu sei lì vicino. Facendo questo, cerchiamo di ridare la speranza.

 
D. – C’è anche un altro impegno della casa-famiglia, che è quello dell’informazione, cioè di rendere sempre più consapevoli le persone del problema di questa piaga ...

 
R. – Dopo che sono state aperte le case-famiglia, dopo che abbiamo incominciato a raccogliere i bambini, ci siamo accorti che ormai, quando arrivavano da noi, era già stato fatto un danno. Quindi, abbiamo pensato che bisognava partire prima, fare la prevenzione. Facciamo prevenzione nelle scuole, ma soprattutto bisogna informare le persone e per far questo noi abbiamo fatto diverse iniziative, già nel passato. In questo momento stiamo organizzando una comunicazione multimediale che si terrà qui da noi, a Torvaianica, dentro il teatro “Zoomarine”, il 23 febbraio, proprio per aprire il cuore e per aprire gli occhi su tutto quello che riguarda la pedopornografia, che riguarda la vita nelle case-famiglia, perché i bambini sono affidati a noi, però sono affidati a tutta la comunità: tutti quanti dobbiamo collaborare per fare in modo che in questi bambini ritorni la speranza, la gioia di vivere.

 
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