Sugli schermi in Italia il film "Lo scafandro e la farfalla" di Julian Schnabel: un
inno alla vita nel mistero del dolore
Da ieri sugli schermi italiani "Lo scafandro e la farfalla" del pittore e regista
americano Julian Schnabel. Vincitore a Cannes del premio per la migliore regia, doppia
vittoria anche ai Golden Globes e con quattro candidature all’Oscar, è un film che
parla al cuore e alla mente, insegnandoci la bellezza della vita anche quando è toccata
da malattie inesprimibili e da tragedie che sembrano senza senso. Il servizio di Luca
Pellegrini:
(Parole
del protagonista tratte da una scena del film): “Ho appena scoperto che, a parte
il mio occhio, ho altre due cose che non sono paralizzate: la mia immaginazione e
la mia memoria”.
Un battito di ciglia per affermare la vita. Un battito
di ciglia per esprimere la speranza. Chiuso nello scafandro di carne del proprio corpo,
Jean-Dominique Bauby si sente farfalla con la sua mente libera: vola nei meandri della
memoria, si libra sugli infiniti spazi dell’immaginazione. Il fatto è realmente accaduto:
nel 1995, a quarantatre anni compiuti, vita ricca di soddisfazioni, Bauby è colto
da un ictus. Con il suo lento risveglio ha inizio il toccante e originale film di
Julian Schnabel: scopriamo che Bauby, interpretato da un bravissimo e credibile Mathieu
Amalric, è affetto da sindrome locked-in, ossia è mentalmente vigile e presente, ma
completamente prigioniero del suo corpo, che gli permette di muovere soltanto la palpebra
dell’occhio sinistro. Grazie a quella palpebra libera, grazie all’aiuto e all’idea
di una ortofonista credente, riesce a comunicare con l’esterno e dettare così le sue
memorie, che usciranno, con il titolo appunto de "Lo scafandro e la farfalla", dieci
giorni prima della sua morte. Il film non è fortunatamente un film a tesi, non gioca
sui facili e scontati ricatti emotivi. E’ puro, appassionato. Abbiamo chiesto a Julian
Schnabel che cosa ci lascia come insegnamento questa tragica storia di
Bauby:
In his observation of life, ... "Nella
sua osservazione della vita può dire agli altri: 'Ama coloro che ti stanno vicini,
abbi attenzione per i tuoi figli, afferra le occasioni e le opportunità che la vita
ti concede, non irrigidirti nelle cose negative, sii cosciente di ciò che hai, ora
tu hai le braccia e le gambe che funzionano, io non le ho più, ma ti posso dire che
quando le avevo non ero cosciente delle cose che potevo fare'. Con la sua visione
retrospettiva della vita può dire: 'Ero così cieco e sordo che sono dovuto precipitare
in questo tragico disastro per capire che cosa è davvero la vita? La mia vita, scrive,
è stata un susseguirsi di mancanze: le donne che non ho potuto amare, i momenti di
gioia che ho lasciato scorrere via, una corsa in cui sapevo già chi avrebbe vinto
eppure non ho scommesso sul vincitore'. Ha avuto questa possibilità di rivivere la
sua vita e con un palato limitato ha potuto assaporare le cose, assaggiarle, avendo
ancora desideri. E capisci anche le persone che sono ammalate, i disabili: loro hanno
dei desideri, hanno una loro vita. Noi vediamo soltanto le carrozzelle e la loro malattia,
ossia ciò che siede di fronte a noi. Ma lì di fronte abbiamo anche una persona che
vive, lì di fronte abbiamo una parte dell’umanità. E’ una questione di coscienza".