L'annuncio del Vangelo nel vecchio continente al centro dell'Assemblea generale delle
Conferenze europee di Superiori e Superiore Maggiori
Analizzare la situazione della Chiesa in Europa e fornire degli orientamenti per promuovere
l’annuncio del Vangelo: questi sono stati gli obiettivi della 13.ma Assemblea Generale
dell’UCESM, l'Unione delle Conferenze europee di Superiori e Superiore Maggiori, che
si è chiusa oggi a Torhout, in Belgio dopo una settimana di lavori. Alla plenaria
hanno partecipato 38 Conferenze di congregazioni religiose di 26 Paesi del vecchio
continente. Ma qual è il contributo della vita consacrata all’Europa? Al microfono
di Isabella Piro, risponde don Alberto Lorenzelli, presidente della
Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori:
R. –
Intanto, la vita religiosa è una scuola di pace, perché all’interno della comunità
si vive ogni forma di fraternità, di condivisione. La vita religiosa è la scuola dell’essere
insieme, dell’essere felici. Non ci siamo scelti noi: è Cristo che ci ha scelti per
condividere sempre di più la speranza, ma soprattutto l’identità con Gesù Cristo.
E l’altra tappa è quella della fraternità, per vedere nell’altro la figura di Cristo,
individuare – ecco – che Cristo è presente in mezzo a noi attraverso le persone che
ha messo accanto a noi. L’ospitalità tipica della tradizione della vita consacrata,
si apre anche all’esterno oggi, quando sempre di più bussano alla nostra porta tantissimi
popoli, tante situazioni di povertà, di sofferenza. Oggi la passione per l’umanità
è una risposta all’urlo dell’umanità, che sente il bisogno di sentirsi accolta e ascoltata.
D.
– Quali aspetti problematici presenta oggi l’Europa?
R.
– Uno è il fenomeno della secolarizzazione, dove si sente la difficoltà, oggi, di
comunicare quei valori di una cultura cristiana che ha dato vita all’Europa e che
oggi l’Europa in qualche modo disperde. Il secondo aspetto dell’Europa è il relativismo
morale e vediamo che i valori oggi vengono in qualche modo calpestati. Il terzo aspetto
è questo non-riconoscimento dell’identità cristiana, proprio quel cammino culturale
di crescita, di sviluppo dei popoli, del riconoscimento delle diversità delle culture,
delle lingue.
D. – Quali sono le aree europee maggiormente
critiche?
R. – La realtà è molto frammentata. Troviamo
l’Est europeo molto ferito, ferito da un passato e mentre da una parte c’è il tentativo
di prendere spunto dai valori cristiani, ancora rimangono troppi rancori, troppi odii.
E abbiamo un Occidente un po’ disorientato, confuso: direi che l’Europa deve ritrovare
nuovamente i suoi obiettivi, i valori cristiani.
D.
– Ci sono comunque spunti positivi ...
R. – Sta crescendo
un’Europa nuova, quella dei giovani, più sensibili, più attenti; quei giovani che
vanno alla ricerca di maggiore spiritualità, alla ricerca della trascendenza, del
superamento degli egoismi, degli individualismi per un senso più comunitario.
D.
– Quali le speranze derivanti dall’assemblea dell’UCESM?
R.
– Le speranze sono la consapevolezza, prima di tutto, che abbiamo delle ricchezze,
dei valori dentro di noi; sono il nostro DNA. Dobbiamo essere più autentici, più credenti
e più credibili. Con il coraggio e l’audacia di comunicare, anche di denunciare, se
c’è bisogno. L’altra speranza che si apre è sapere che ci siamo ritrovati: 26 Paesi
che compongono l’UCESM! E già di qui, questo interscambio, questa relazione è un segno
di speranza. La vita consacrata, oggi, non guarda solo ai propri ordini o alle proprie
realtà o ai propri Paesi, ma ha uno sguardo molto più ampio perché vede una serie
di minimi comuni denominatori che stanno segnando la vita di tutti.