Cambiare stili di vita per favorire un autentico sviluppo sostenibile: l’esortazione
di mons. Migliore alle Nazioni Unite. Ai nostri microfoni, la riflessione del prof.
Masullo di Greenaccord
Dai comportamenti individuali alle scelte delle industrie, bisogna favorire il consolidarsi
di una mentalità rispettosa dell’ambiente: è l’invito rivolto dall’arcivescovo Celestino
Migliore alla 62.ma sessione dell’assemblea generale dell’ONU, che si è riunita in
questi giorni sul tema dei cambiamenti climatici. L’Osservatore permanente della Santa
Sede presso le Nazioni Unite di New York ha ribadito l’urgenza di politiche nazionali
e globali che favoriscano l’uso di tecnologie eco-compatibili. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
Gli
individui e le società devono iniziare a cambiare i propri stili di vita se vogliamo
davvero promuovere uno sviluppo sostenibile: è l’esortazione dell’arcivescovo Celestino
Migliore, che parlando alle Nazioni Unite ha incoraggiato la comunità internazionale
ad adottare strategie e politiche efficaci per ridurre l’inquinamento. La cura dell’ambiente,
ha ribadito il presule, è una responsabilità a cui nessuno può sfuggire. Quindi, ha
auspicato che si raggiungano gli obiettivi stabiliti nella recente Conferenza internazionale
di Bali sul cambiamento climatico. L’osservatore vaticano ha ricordato i tanti appelli
di Benedetto XVI in favore della salvaguardia del Creato ed ha ribadito l’importanza
delle iniziative, anche piccole, volte ad un cambiamento di mentalità e di stili di
vita. Dal canto suo, ha aggiunto, la Santa Sede ha adottato alcune misure in questo
senso quali la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in Vaticano e l’utilizzo
di pannelli solari, come anche il sostegno ad un progetto di rimboschimento in Ungheria.
Ogni
individuo, è stato il suo richiamo, deve assumersi la sua parte di responsabilità
per dar vita ad uno sviluppo equilibrato. E’ questo lo spirito necessario ad affrontare
le sfide odierne che vedono interrelati la preservazione dell’ambiente e lo sviluppo
economico. L’uso di “tecnologie pulite”, ha aggiunto mons. Migliore, è una componente
importante dello sviluppo sostenibile. Gli Stati sviluppati devono condividere queste
tecnologie con i Paesi in via di industrializzazione affinché non vengano ripetuti
gli errori del passato. Il cambiamento del clima, in particolare, ha proseguito, è
una sfida da affrontare a più livelli, individuale, locale ma anche nazionale e globale.
I mercati, ha poi sottolineato, devono incoraggiare la “green economics”, un’economia
rispettosa dell’ambiente, che non favorisca la produzione di beni che causano un degrado
ambientale. Dal canto loro, ha concluso mons. Migliore, i consumatori devono essere
consapevoli che i loro comportamenti hanno un impatto diretto sulle condizioni dell’ambiente
in cui viviamo.
Sul richiamo di mons. Migliore all’ONU ad un cambiamento
degli stili di vita e del sistema economico, Alessandro Gisotti ha intervistato
il prof. Andrea Masullo, docente di Fondamenti di Sostenibilità Ambientale
all’università di Camerino e presidente del comitato scientifico dell’associazione
di ispirazione cristiana Greenaccord:
R. – Ci
troviamo in una situazione paradossale. Nei Paesi industrializzati in cui il livello
dei consumi è già eccessivamente elevato, il sistema sembra non funzionare senza una
richiesta continua di un ulteriore aumento dei consumi. Si spinge il consumatore a
consumare ancora di più, sempre di più, senza porsi il problema di che cosa abbia
bisogno e per quale motivo consumi. Quindi, l’invito di mons. Migliore mi sembra estremamente
opportuno perché richiede un’assunzione di responsabilità su entrambi i fronti: il
consumatore, che spesso è vittima di questo bersagliamento di messaggi, e anche un
sistema economico che ha perso di vista la sua reale funzione, quella di essere a
servizio dell’uomo. Un sistema che, invece, è semplicemente al servizio del consumo,
cioè della formazione di un capitale attraverso l’utilizzo di risorse senza preoccuparsi
se questi beni producono effettivamente un benessere. Spesso acquistiamo cose soltanto
inseguendo la promessa di benessere che ci viene dai messaggi pubblicitari, e poi
siamo indotti rapidamente a disfarcene per desiderare altre cose e consumare, attraverso
una spirale veramente insostenibile.
D. – Quindi,
serve un vero e proprio cambiamento di mentalità, e non solo di atteggiamenti pratici
...
R. – Anche nei messaggi recenti del Santo Padre
ci sono molti richiami alla necessità di una riconversione dell’economia, che diventi
effettivamente al servizio dell’uomo, che produca benessere. Ormai, le economie dei
Paesi industrializzati in gran parte sono economie del danno. Il grande economista
Hermann Daly, per esempio, ha valutato che nell’economia americana, i due terzi del
prodotto lordo consistono in attività di riparazione dei danni causati dal restante
terzo del prodotto lordo, quindi il disinquinamento, la cura di malattie indotte dall’inquinamento,
danni relativi ai cambiamenti climatici e via dicendo. Dobbiamo ridiventare un’economia
del benessere, soprattutto un’economia più equa perché fermandoci ai cambiamenti climatici
e quindi ai consumi energetici, non è possibile che il mondo possa funzionare come
nei Paesi industrializzati. In questi Paesi, i consumi sono di circa 5 tonnellate
pro capite di petrolio, mentre il resto del mondo, gli altri 5 miliardi e oltre di
abitanti hanno a disposizione soltanto una tonnellata equivalente di petrolio. Quindi,
se questo è il modello, vuol dire che nel 2050 avremo bisogno di una quantità esorbitante
di energia che, effettivamente, non sappiamo dove trovare sul nostro pianeta ...
D.
– Guardando all’Italia, oggi viene celebrata per il quarto anno l’iniziativa “Mi illumino
di meno”, lanciata dalla trasmissione Caterpillar di Radio RAI…
R.
– Dobbiamo prendere questa sfida, simbolica, come questa campagna “Mi illumino di
meno”, come una sfida importante. L’unica strada perché tutta l’umanità progredisca
è che ci si attesti su un livello più basso di consumi. Produrre benessere consumando
di meno: noi dobbiamo dimezzare i nostri consumi di risorse per consentire al resto
del mondo di raggiungere un livello minimo di benessere.