Alla Berlinale, due film convincono la critica: Kabei (Nostra madre) e Happy-Go-Luck
A due giorni dalla sua chiusura, la Berlinale può cominciare a tracciare un bilancio
della sua 58.ma edizione, più denso di ombre che di luci. L’impressione è infatti
quella di una manifestazione che da una parte, grazie all’efficienza della struttura
logistica e del personale, funziona magnificamente come macchina di spettacolo e luogo
di mercato, ma dall’altra, a causa di una linea che privilegia la quantità delle pellicole
selezionate alla loro qualità, presenta poche sorprese. Anche di fronte al programma
degli ultimi giorni risulta evidente che chi sceglie i film è interessato più ai soggetti
che essi propongono che ai loro modi di rappresentazione; e, talvolta, ci si domanda
se lo scandalo sia più importante dell’etica. Da una tale considerazione di fondo
emergono, tuttavia, due titoli che si impongono per la forza della messa in scena,
per la morale che la sorregge e per la straordinaria bravura degli interpreti. Parliamo
di Kabei (Nostra madre) di Yoji Yamada e Happy-Go-Luck di Mike Leigh. A più di tre
anni dalla drammatica storia di una praticante di aborti clandestini nella Londra
del dopoguerra, raccontata in Vera Drake, il regista inglese torna ai toni agrodolci
della commedia, portando sulla scena le vicende di una giovane insegnante incantata
dalla vita. Godendo di una recitazione collettiva che rasenta la perfezione, di una
sceneggiatura brillante e di un montaggio che inchioda allo schermo, lo spettatore
ride e piange di fronte alla forza dei sentimenti, imparando come l’esistenza vada
vissuta fino in fondo, con le sue gioie e i suoi dolori. È la conclusione a cui arriva
anche Kabei, cronaca della resistenza umana di una madre alle violenze della Storia.
Ambientato nel Giappone della seconda guerra mondiale, il film racconta la repressione
interna, la povertà della gente, i giovani mandati a morire, gli orrori di un nazionalismo
che oscura lo spirito. Girato in uno stile che ricorda quello di Ozu, tutto inquadrature
frontali e grande equilibrio formale, Kabei è importante non solo perché ricorda,
ma anche perché previene il ritorno di antichi e mai sopiti demoni, che mai smettono
di agitare l’umanità. (A cura di Luciano Barisone)