Mons. Piero Marini: con il Motu Proprio "Summorum Pontificum" il Papa difende l'unità
della Chiesa. Il presule replica a critiche dei media su sue pubblicazioni liturgiche
Per quasi vent'anni maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, l'arcivescovo
Piero Marini - attualmente presidente del Pontificio Comitato per i Congressi
Eucaristici - è stato uno dei protagonisti, all'interno della Curia romana, della
stagione post-conciliare che vide la riforma liturgica modificare radicalmente la
partecipazione dei fedeli alle varie celebrazioni, a cominciare dalla Messa. Questa
grande esperienza è stata condensata, fra l'altro, in due libri pubblicati di recente
all'estero, oltre ai tre precedenti volumi dedicati al Giubileo del 2000, alla Sede
Vacante e ai riti di inizio del ministero petrino di Benedetto XVI. In lingua francese,
è uscito per i tipi della Bayard il volume "Cérèmoniaire des papes", che racconta
gli anni di mons. Marini a fianco degli ultimi Pontefici, mentre in lingua inglese
il volume "A Challenging Reform", descrive proprio quei primi anni di applicazione
della riforma liturgica. Un volume, quest'ultimo, letto pretestuosamente da alcuni
media in chiave di contrapposizione rispetto al recente Motu Proprio di Benedetto
XVI Summorum Pontificum. Ecco la riflessione e la replica dello stesso mons.
Marini, al microfono di Giovanni Peduto:
R. -
I cinque volumi appena ricordati hanno visto la luce per una fortunata coincidenza
nel momento in cui lasciavo l’incarico di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie
nel mese di ottobre 2007, diventando presidente del Pontificio Comitato per i Congressi
Eucaristici Internazionali. Tali pubblicazioni costituiscono quindi per me un punto
di arrivo e mi aiutano a ricordare le varie stagioni della mia vita e il cammino percorso
al servizio della Santa Sede. Non nascondo che questo passaggio, a 66 anni di età,
costituisce un momento di verifica a livello esistenziale, nel tempo della maturità
che va verso l’anzianità. Posso quasi dire che tutta la mia vita di sacerdote e poi
di vescovo nel 1998, quando ero Maestro delle Celebrazioni da più di dieci anni, è
trascorsa a servizio della liturgia. Anche il motto episcopale che ho scelto - Fons
Vitæ - ha un significato liturgico, alla scuola della Costituzione conciliare Sacrosanctum
Concilium. Fino a 23 anni, ho vissuto nel nord Italia, nell’Oltrepò pavese, nella
mia diocesi di Bobbio. Appena ordinato sacerdote sono stato mandato a Roma. E così
ho lavorato dai 23 ai 45 anni negli Uffici della Santa Sede incaricati di attuare
la riforma liturgica stabilita dal Concilio Vaticano II e, successivamente, dai 45
ai 65 anni, nell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Il libro
"A Challenging Reform" mi ricorda il primo periodo di lavoro e le vicende che hanno
accompagnato l’attuazione della riforma liturgica a Roma e in tutta la Chiesa. Il
volume "Cérémoniaire des papes" è una memoria della mia esperienza vissuta vicino
ai Pontefici Romani: Paolo VI, e in particolare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
I tre libri pubblicati a cura dell’Ufficio richiamano alla memoria tre eventi straordinari
che hanno coinvolto tutta la Chiesa che io ho potuto vivere dal di dentro e in certo
modo in prima persona: il Grande Giubileo dell’anno 2000, la morte del Papa Giovanni
Paolo II, la Sede Apostolica Vacante e i Riti di inizio del ministero petrino del
Santo Padre Benedetto XVI. Veramente posso dire di aver vissuto una esperienza ecclesiale
unica e irrepetibile che mi ha permesso di respirare il soffio di vita del passaggio
dello Spirito non solo nei Padri conciliari ma anche in tanti uomini che hanno lavorato
alla attuazione della riforma liturgica. Uomini esperti e insieme ricchi di virtù
umane e spirituali. In particolare, mi ha arricchito la lunga vicinanza e la familiarità
avuta con Papa Giovanni Paolo II e l’ultimo periodo con Papa Benedetto. Da loro ho
imparato ad amare la Chiesa. Si, posso dire che veramente Dio mi ha preso per mano
e mi ha introdotto all’interno del mistero della vita della Liturgia.
D.
- In particolare, eccellenza, qualche settimana fa lei era a Londra alla presentazione
del libro “A Challenging Reform”, pubblicato dalla Casa editrice inglese “Liturgical
Press”, che raccoglie scritti da lei curati sulla Riforma liturgica voluta dal Concilio
Vaticano II: di cosa tratta in particolare il volume?
R.
- "A Challenging Reform" è essenzialmente un libro di storia della liturgia e della
Chiesa, tratta delle persone e degli avvenimenti che hanno accompagnato gli inizi
della riforma liturgica dall’ottobre 1963 al 7 marzo 1965. Nel volume, viene descritto
come è nato l’organismo che ha attuato la riforma, durante e subito dopo il Concilio
Vaticano, e come è stato impostato l’insieme del lavoro di riforma. Si tratta di un
periodo cruciale che segna il passaggio dalle decisioni conciliari alla loro attuazione
concreta, quando il Concilio, attraverso la liturgia è entrato nella vita quotidiana
delle comunità cristiane. Possiamo dire che i fedeli hanno conosciuto il Concilio
attraverso il rinnovamento liturgico. È stato un inizio difficile pieno di contrasti
ma in un clima generale di entusiasmo, di speranza e di amore per la Chiesa. Il volume
mostra che la riforma liturgica non è nata improvvisamente, ma è stata preparata da
oltre 60 anni di movimento liturgico. Per questo, viene presentato in sintesi non
solo lo sviluppo delle riforme attuate dai Papi nel 900, da Pio X fino alle riforme
di Pio XII (settimana Santa e Veglia pasquale) ma anche l’iter delle decisioni conciliari
sulla liturgia fino alla promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium.
Non poteva mancare anche una sintesi degli avvenimenti accaduti dopo il 7 marzo 1965.
La descrizione si arresta all’inizio degli anni Ottanta, proprio perchè il volume
è stato scritto tra il 1979 e il 1980 quando lavoravo alla Congregazione per il Culto
Divino e frequentavo i corsi di scienze politiche presso la LUISS di Roma.
D.
- Nonostante l’elaborazione degli scritti che compongono il libro sia chiaramente
collocabile in un passato piuttosto lontano, alcuni giornali hanno interpretato la
sua ricostruzione storica come una critica al recente Motu Proprio di Benedetto XVI
- il Summorum Pontificum, che favorisce la possibilità di celebrare la Messa
in latino secondo il rito di San Pio V, riformato da Giovanni XXIII - e anche come
una critica alla Curia Romana. Cosa pensa di queste opinioni dei media?
R.
- La prima parte dell’originale italiano si trova nel volume "Costituzione Liturgica
'Sacrosanctum Concilium', studi a cura della Congregazione per il Culto Divino", C.L.V.
– Edizioni Liturgiche, Roma 1986, pp. 68-101. Le altre parti dell’originale italiano
sono state pubblicate dalla "Rivista Ephemerides Liturgicæ" in articoli successivi
a partire dal 1992: EL 1992, 4-5, pp. 289-318; EL 1993, 6, pp. 401-439; EL 1994, 3,
pp. 205-231; EL 1995, 2, pp. 97-158; EL 1998, 4-5, pp. 289-309; EL 1999, 1, pp. 3-30.
All’inizio del 2004, mi è stato chiesto dagli editori della “Liturgical Press” di
pubblicare i testi in lingua inglese. Il lavoro di traduzione si è protratto per tre
anni e il volume ha potuto essere pubblicato solo nel mese di ottobre 2007. Il volume
inoltre sottolinea la straordinaria preparazione e capacità non solo degli Organismi
di Curia: il Consilium e la Congregazione per il Culto Divino, ma anche degli
uomini di Curia, a cominciare da Papa Paolo VI, che hanno dedicato la loro vita a
servizio della Chiesa e della liturgia. È evidente dunque che non era possibile criticare
27 anni prima che fosse pubblicato il Motu Proprio di Papa Benedetto XVI. E con un
volume pubblicato in parte dalla Congregazione per il culto nel 1986 e in parte da
un’autorevole Rivista liturgica. Persino il luogo della presentazione del volume,
Londra, è stato visto come una scelta polemica. Come sono stato invitato a Parigi
per la presentazione del libro in francese "Cérémoniaire des Papes" perché in lingua
francese, così sono stato invitato a Londra per il volume "A Challenging Reform" perché
in lingua inglese. Che cosa penso di queste opinioni dei media? Ritengo che la maggior
parte dei media offrano un grande servizio alla società e alla chiesa dando una informazione
obiettiva, documentata e responsabile. Purtroppo debbo constatare che alcuni media,
certamente nel mio caso, creano e inventano “la notizia” con malizia e faziosità.
La cosa mi ha suscitato rammarico, soprattutto perché ciò è avvenuto da parte di alcuni
media che si dicono di ispirazione cristiana e anche per la diffusione immediata che
la notizia ha avuto non solo in Italia.
D. - Lei
è stato per un ventennio responsabile dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie
ed ha potuto - specie al fianco di Giovanni Paolo II - osservare in prima persona
il cammino di rinnovamento liturgico attuato dalle Chiese in ogni continente: da esperto,
oltre che da pastore, come valuta questo cammino nel suo complesso?
R.
- Sono stato per 18 anni vicino a Giovanni Paolo II e due anni e mezzo a Papa Benedetto.
Come responsabile delle Celebrazioni pontificie ho compiuto insieme con il Papa 80
viaggi internazionali e almeno 60 viaggi in Italia. I viaggi sono stati compiuti per
due volte: la prima nella fase di preparazione, la seconda insieme con il Papa nella
visita vera e propria. Ho visitato oltre 100 Paesi e ho organizzato con gli esperti
locali innumerevoli celebrazioni dell’Eucaristia, della Liturgia delle Ore, della
Parola di Dio, celebrazioni dei Sacramenti, celebrazioni ecumeniche in tante lingue
e culture diverse, in piccole comunità come nell’isola di Rodriguez, nell’Oceano Indiano,
o in grandi assemblee come a Manila, da Reikiawik a Punta Arenas, da New York a Ports
Moresby, da Santiago a Giakarta, da Edmonton ad Astanà. Ovunque, la liturgia voluta
dal Concilio è stata celebrata con viva partecipazione e con entusiasmo, ognuno celebrando
ha percepito la liturgia come propria della sua chiesa locale e allo stesso tempo
come espressione della chiesa universale. In tanti anni, e in tante celebrazioni,
non ho mai trovato difficoltà o opposizione. Perciò, posso sottoscrivere oggi quanto
ha scritto Giovanni Paolo II nel 1988: “I Pastori e il popolo di Dio nella loro grande
maggioranza hanno accolto la riforma liturgica in uno spirito di obbedienza e anzi
di gioioso fervore. Per questo, bisogna rendere grazie a Dio per il passaggio del
Suo Spirito nella Chiesa, quale è stato il rinnovamento liturgico” (Vigesimus quintus
annus, 12).
D. - Molti media hanno fornito a suo
tempo interpretazioni di vario segno circa il Motu Proprio del Papa, spesso travisandone
con superficialità il reale signficato. Qual è la giusta comprensione di questo atto
pontificio?
R. - È necessario anche in questo caso
evitare di creare ad arte polemiche e contrapposizioni. Il testo del Motu Proprio
va letto nel contesto in cui il Papa lo ha collocato : “Oggi - dice il Papa nella
lettera di accompagnamento indirizzata ai Vescovi - ci si impone un obbligo: fare
tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità,
sia reso possibile restare in questa unità o di ritrovarla nuovamente”. Per noi cattolici,
il Papa è nella Chiesa il segno visibile dell’unità, è il Vescovo della Chiesa di
Roma chiamata a presiedere tutte le altre chiese nella carità. Il Papa è stato chiamato
dal Signore ad esercitare il ministero petrino, a fare cioè ogni sforzo perchè la
rete della Chiesa rimanga integra. Egli pertanto ha il diritto e il dovere di provvedere
alla unità della Chiesa. Chi tra i cattolici gli può negare questo dovere o quest’obbligo?
Proprio la Liturgia, per chi la vive con autenticità è scuola che forma al vero senso
della Chiesa nel rispetto dei diversi compiti e ministeri e nell’obbedienza a colui
che presiede. Infine, è da ricordare che il Motu Proprio non intende introdurre modifiche
nel Messale Romano attuale né esprimere un giudizio negativo sulla riforma liturgica
voluta dal Concilio: “Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è l’espressione ordinaria
della ”legge della preghiera”… il Messale promulgato da S. Pio V… deve essere considerato
come espressione straordinaria della stessa “legge di preghiera”. Con questa nuova
disposizione il Papa non vuole assolutamente che “venga intaccata l’autorità del Concilio”
o che “venga messo in dubbio la riforma liturgica”. In realtà, la decisione del Papa
non ha comportato fino ad ora alcun cambiamento nella prassi celebrativa delle nostre
comunità parrocchiali. Il suo è stato solo un gesto di amore per l’unità.
D.
- Nel suo intervento alla presentazione del libro, lei ha sottolineato l’“entusiasmo”
che animò sia Paolo VI sia i suoi collaboratori nella prima fase di attuazione della
Sacrosanctum Concilium. Entusiasmo, ha aggiunto, che la Chiesa di oggi non
deve smarrire poiché - lei afferma - “l’avvenire della liturgia è l’avvenire del cristianesimo”.
Come vede il futuro, in questo senso?
R. - Sì, io
ritengo che la liturgia non si possa ridurre al cambiamento di qualche testo o di
qualche rito. Occorre ricordare che il Concilio si era proposto quattro obiettivi
ben precisi: la crescita della vita cristiana, l’aggiornamento delle istituzioni ecclesiali
in relazione alle esigenze dei tempi, l’unità di tutti i credenti in Cristo, la chiamata
di tutti gli uomini nel seno della Chiesa. Proprio per conseguire questi quattro obiettivi,
il Concilio “ritiene di doversi interessare in modo speciale della riforma e dell’incremento
della liturgia”. Pertanto, la riforma liturgica fu voluta dal Concilio non come semplice
riforma di riti, ma come ispirazione e fondamento per raggiungere gli scopi che il
Concilio si era proposti. Se è vero che “la Liturgia è il culmine verso cui tende
l’azione della Chiesa e la fonte da cui promana tutta la sua virtù”, allora chiesa
e liturgia sono così intimamente legate che l’avvenire dell’una è l’avvenire dell’altra,
e la sorte dell’una è la sorte dell’altra. Sono sempre di attualità le parole di Giovanni
Paolo II: “La riforma della Liturgia voluta dal Concilio Vaticano II può considerarsi
ormai posta in atto; la pastorale liturgica invece, costituisce un impegno permanente
per attingere sempre più abbondantemente dalla ricchezza della Liturgia quella forza
vitale che dal Cristo si diffonde alle membra del suo Corpo che è la Chiesa” (Vigesimus
quintus annus, 10). È l’impegno permanente nella pastorale liturgica che deve essere
portato avanti con entusiasmo, lasciandoci guidare dallo stesso Spirito che ha ispirato
il movimento liturgico, Papa Paolo VI e i Padri conciliari e che ancora oggi continua
a guidarci. Dobbiamo guardare avanti e continuare con entusiasmo il cammino intrapreso
dal Concilio. È infatti lo Spirito la fonte del nostro entusiasmo, della nostra gioia
e della nostra speranza.