Road map per la riconciliazione e la ricostruzione della Somalia stilata dalla società
civile e dalla diaspora
Con la presentazione della “Dichiarazione di Roma” si è chiusa la prima conferenza
della società civile somala. Per quattro giorni, quaranta delegati provenienti da
diverse regioni della Somalia e dalla diaspora, in rappresentanza dell’associazionismo,
del mondo accademico e imprenditoriale somalo, si sono incontrati per condividere
le loro preoccupazioni e confrontare le loro idee sul futuro del Paese e sul ruolo
che la società civile somala può e deve avere nella pacificazione e nella ricostruzione.
L’incontro, patrocinato dall’Associazione delle ONG italiane e con lo sforzo predominante
d’Intersos, ha visto anche il confronto con la società civile e i rappresentanti delle
istituzioni italiane ed europee. Il servizio di Lucas Dùran: “Esiste
un’altra Somalia”. Questo è il primo ed importante messaggio che i rappresentanti
della società civile somala hanno voluto dare con la loro presenza a Roma in questi
giorni. Accademici, economisti, membri della diaspora provenienti da regioni e clan
diversi si sono confrontati e hanno sottoscritto un documento comune; è un fatto
già significativo di per sé, vista la frammentarietà che, spesso, ha fatto naufragare
i tentativi di dialogo instaurati nel passato. La comunità internazionale - si sottolinea
poi nel testo – deve continuare ad assicurare il proprio impegno e a rinvigorire i
suoi sforzi di assistenza umanitaria. Soprattutto, si afferma come la soluzione del
problema somalo non debba e non possa passare attraverso l’uso della violenza. L’unica
arma dovrà essere il dialogo, quel dialogo che è stato la vera chiave del successo
dell’incontro di Roma. Mai come in questo momento la politica deve dimostrare di essere
quello per cui è chiamata ad agire: uno strumento al servizio della gente e non il
contrario, come ha ricordato il direttore generale allo Sviluppo della Commissione
Europea, Stefano Manservisi.
Sullo sfondo delle discussioni di questi
giorni, naturalmente, c’era l’attuale presenza delle forze etiopi in territorio somalo.
Tuttavia, si è registrata l’impressione generale che i primi passi del governo presieduto
dal colonnello Nur Adde vadano nella giusta direzione, come sottolinea Mario
Raffaelli, inviato speciale per l’Italia in Somalia:
“Prima
della nascita di questo governo, l’accento era posto sulle questioni della lotta al
terrorismo. Il nuovo primo ministro ha chiarito, invece, come il suo governo intenda
creare la sicurezza, tutelando il diritto, per tutti i cittadini, di avere garantite
le proprie libertà personali. Ma ha anche assicurato che l'esecutivo somalo si impegnerà
per creare un ambiente positivo e favorire un dialogo di riconciliazione con le opposizioni”.
Le elezioni previste per il 2009 rappresentano un
termine che va rispettato a detta di tutti. Sempre Raffaelli ha tenuto a ricordare
che a quella data occorrerà arrivarci pronti, grazie anche all’impegno della società
civile. Proprio quest'ultima, in questi anni, ha saputo sostituirsi alle istituzioni,
mantenendo vitale il tessuto sociale somalo. Il percorso è quello del dialogo inclusivo.
L’Italia, in questo senso, può e deve svolgere un ruolo importante, legato alla storia
delle relazioni che legano i due Paesi.