L'Italia commemora le vittime delle foibe. Intervista con la professoressa Licia Cossetto,
sopravvissuta all’eccidio
L'Italia rende oggi omaggio ai morti delle foibe del 1943-1945 e ai trecentomila esuli
dalle coste istriane e dalmate negli anni tra il 1945 e il 1954. Il 10 febbraio, infatti,
è la ‘Giornata del Ricordo’, istituito quattro anni fa dal parlamento, proprio per
non dimenticare quei drammi. La cerimonia ufficiale si tiene al Quirinale alla presenza
del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E proprio in questi giorni a Roma è in corso
la prima mostra mai realizzata - a carattere nazionale - interamente dedicata a quell’eccidio.
È intitolata ‘Foibe: martiri dimenticati – Per spezzare la congiura del silenzio’
ed è ospitata fino al 24 febbraio al Rifugio antiaereo degli uffici di EUR spa, in
piazzale Adenauer 8. L’ingresso è gratuito. Il servizio di Fabio Colagrande:
Gettati
vivi o morti nelle voragini carsiche, dette ‘foibe’, solo perché erano italiani, tra
il 1943 e il 1945. E' la sorte toccata, dopo la seconda guerra mondiale, a migliaia
di cittadini di Trieste, dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia. Sacerdoti, donne,
anziani, giovani e bambini, vittime della 'pulizia etnica' dei partigiani e dei soldati
della Jugoslavia comunista di Tito. Solo negli anni ’90, dopo circa mezzo secolo da
quella primavera di sangue, il velo dell’oblio su quelle tragiche vicende ha cominciato
a squarciarsi. Luigi Papo, istriano e storico delle Foibe, presidente
del Comitato Scientifico della Mostra allestita all’EUR, spiega così i motivi del
silenzio: "La complicità e il rimorso sono i due motivi che
hanno spinto gli italiani a cercare di ignorare e di dimenticare. Oggi, questa tragedia
viene ignorata ancora. Non siamo in grado di poter autonomamente, orgogliosamente
ricordare noi stessi".
Inizia tutto dopo l’armistizio,
dopo l’8 settembre del ’43. Perché quella data dà il via a questi orrori? Il professor
Papo:
"Per la semplice ragione che l’Italia si è
sfasciata, si è inginocchiata, ha buttato via le armi. Tanto è vero, che i partigiani
jugoslavi non sono arrivati armati con carri armati e roba del genere: le armi le
hanno trovate sul posto, perché il nostro esercito le ha abbandonate per strada; ha
abbandonato carri armati, autoblinde, cannoni, mitragliatrici ... Quando un gruppo
di istriani si è ribellato di fronte a tanto scempio e ha voluto riprendere la bandiera
italiana e rimetterla al suo posto, questo gruppo di patrioti ha trovato le armi là,
dove l’esercito le aveva gettate, là dove i partigiani le avevano raccolte. In questi
giorni di interregno, i partigiani jugoslavi hanno commesso circa un migliaio di eccidi".
Gli
italiani devono assumersi la responsabilità di aver negato la verità delle Foibe per
‘pregiudiziali ideologiche’ o ‘convenienze internazionali’. La ferma denuncia è stata
pronunciata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella ‘Giornata del
Ricordo’ 2007. L’anno precedente, il suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, aveva
conferito la medaglia d’oro al merito civile a Licia Cossetto,
sopravvissuta all’eccidio delle Foibe e sorella della più sfortunata Norma, martire
torturata. Ecco la signora Licia ai nostri microfoni:
"L’ho
ricevuta come simbolo di tutti gli infoibati, nel ricordo di mia sorella che era una
ragazza giovane che non si curava di politica; era solo iscritta al GUF (Gruppi universitari
fascisti) perché era una studentessa. Si stava laureando in quel periodo, e invece
è stata presa perché volevano che collaborasse con loro. Lei si è rifiutata perché
si sentiva italiana. E allora l’hanno portata via e dopo varie vicissitudini l’hanno
trasferita nella scuola di Antignana, che è vicino a Tisino; l’hanno legata ad un
tavolo e non le dico quello che le hanno fatto…. Poi l’hanno buttata in una foiba,
ancora viva" ...
Anche la professoressa Licia Cosetto
è stata arrestata in quei giorni ...
"Sì, anch’io
ero stata arrestata, solo che mi avevano rinchiuso nella scuola elementare di Castellier,
e lì ho avuto la fortuna di trovare un mio compagno di scuola venuto lì per combinazione;
mi ha chiesto: “Cosa fai qui? Vieni, ti riaccompagno a casa”. Io di notte sono scappata
a piedi attraverso i boschi con una mia zia, sono venuta in Italia. Che Dio ci dia
la grazia di far conoscere anche le nostre sofferenze, perché io non ho perso solo
mia sorella: ho perso mio papà, ho perso zie, zii, cugini ... ho perso tutta la famiglia".