Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa prima Domenica di Quaresima la Liturgia ci presenta il Vangelo delle tentazioni.
Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto e dopo aver digiunato quaranta giorni e
quaranta notti ha fame e viene tentato dal diavolo. Alla terza proposta dell’avversario
il Signore dice:
«Vattene, satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto"».
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il
commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia
Università Lateranense:
Ancora una
volta siamo posti dinanzi al realismo crudo della “tentazione” e del “tentatore”.Essere tentato significa essere messo alla prova, venir provato, essere sotto
discernimento, sotto giudizio.E’ da escludere, quindi, una definizione
solo “interiore” della tentazione, quasi si tratti di una dinamica puramente endogena,
di una perversa alchimia interna dell'anima.La tentazione esemplare
cui Gesù si è sottoposto ce lo mostra chiaramente. Qui il diavolo è chiamato anche
“il tentatore” (o peirazon).Molti guai insorgono nella vita di fede
del cristiano che si immagina essere lui stesso, il suo spirito stesso, il produttore
e il responsabile unico delle tentazioni e non un “altro”, che positivamente lo induce
in esse. Qui la demitizzazione è una derealizzazione. Le tentazioni di Gesù sono tre
e non una sola. Ciò sta ad indicare che c'è una articolazione, una logica del male
che va individuata e riconosciuta. Il riconoscere viene ad essere già uno smascherare.Non solo, ma c’è un crescendo. Il diavolo parte dai bisogni elementari, per
dissestarne l'ordine e il significato, ma punta sempre alla morte e alla falsa adorazione.Il cardinal Joseph Ratzinger in una meditazione sulle tentazioni di Gesù riportava
una frase scritta da un gesuita tedesco in carcere: “Il pane è importante, la libertà
è più importante, ma la cosa più importante di tutte è l'adorazione”.