Giovani, evangelizzazione, sfida educativa al centro dell'incontro di Benedetto XVI
con il clero della diocesi di Roma
“Aiutarci reciprocamente”: è questo, nelle parole di Benedetto XVI, lo spirito che
ha animato l’incontro di stamani con i parroci e il clero della diocesi di Roma, all’Aula
delle Benedizioni in Vaticano. Come già nei tre appuntamenti degli anni scorsi, il
Papa ha risposto a braccio alle domande dei sacerdoti, che hanno parlato al loro vescovo
con affetto e sincerità. Tra i temi più ricorrenti, nelle domande di 10 sacerdoti,
i giovani, l’evangelizzazione e la sfida educativa. L’indirizzo d’omaggio al Papa,
per questo ormai tradizionale appuntamento, è stato rivolto dal cardinale vicario
Camillo Ruini che ha messo l’accento sulle tante ricchezze umane e spirituali presenti
nella diocesi di Roma. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Giovani
in primo piano nell’incontro del Papa con i sacerdoti della sua diocesi. Oggi, ha
costatato il Santo Padre, rispondendo ad una domanda, è difficile per un ragazzo vivere
da cristiano, visti gli stili dominanti di vita. E’ allora fondamentale che i sacerdoti
sappiano testimoniare che noi possiamo davvero conoscere Dio, che possiamo essergli
amici e camminare assieme a Lui. Benedetto XVI ha indicato l’importanza della presenza
di Dio nell’educazione. Non basta mai, ha avvertito riprendendo la sua Lettera alla
diocesi di Roma, una formazione professionale senza una formazione del cuore, senza
la presenza di Dio. D’altro canto, ha proseguito, è anche un aspetto della formazione
culturale conoscere il Vangelo. Il Papa si è quindi soffermato sul periodo quaresimale.
In un tempo così inflazionato da immagini e parole, è stato il suo invito, abbiamo
bisogno di fare spazio alla Parola di Dio, non basta dunque solo un digiuno del corpo:
“Mi
sembra che il tempo della Quaresima potrebbe anche essere un tempo di digiuno delle
parole e delle immagini, perché abbiamo bisogno di un po’ di silenzio. Abbiamo bisogno
di uno spazio senza il bombardamento permanente delle immagini (…) di crearci spazi
di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all’immagine vera
e alla Parola vera”. Rispondendo poi ad un sacerdote indiano,
che si trova a Roma da alcuni anni, Benedetto XVI ha affrontato il tema dell’evangelizzazione,
riprendendo la Nota sul tema approvata recentemente dalla Congregazione per la Dottrina
della Fede. Dialogo, ha ribadito, vuol dire rispetto dell’altro. Ma questa dimensione
del dialogo, così necessario, ha precisato, non esclude l’annuncio del Vangelo, dono
della Verità che non possiamo avere solo per noi stessi, ma dobbiamo offrire anche
agli altri. Missione non è imposizione, ma è offrire il dono di Dio lasciando che
la sua bontà ci illumini, altrimenti trascureremmo un dovere. Saremmo infedeli anche
noi se non proponessimo la nostra fede, pur rispettando la libertà dell’altro. Per
noi, dicono molti non cristiani, ha aggiunto, la presenza del cristianesimo ci aiuta
anche se non ci convertiamo. Per Gandhi, per esempio, ha ricordato il Papa, il Sermone
della Montagna era un punto di riferimento che ha formato tutta la sua vita. Il lavoro
missionario è fondamentale. Dialogo e missione non si escludono, ha aggiunto, ma anzi
si richiamano l’un l’altro. Dieci le domande, come detto, alcune particolarmente impegnative.
Ad una di queste, il Papa ha risposto, iniziando con una simpatica battuta:
“Grazie
per questo intervento. Naturalmente, lei sa bene, che le domande sono così grandi
che avremmo bisogno di almeno un semestre di teologia per rispondere… (risate e applausi)”. Il
Pontefice si è poi soffermato sull’importanza dei Novissimi, riconoscendo che
forse oggi nella Chiesa si parla troppo poco del peccato, come anche del Paradiso
e dell’Inferno. Anche per questo, ha detto il Papa, “ho voluto parlare del Giudizio
Universale nell’Enciclica Spe Salvi. Chi non conosce il Giudizio ultimo, ha
avvertito, non conosce la possibilità del fallimento e la necessità della redenzione.
Chi non lavora per il Paradiso, ha detto ancora, non lavora neanche per il bene degli
uomini sulla Terra. Nazismo e comunismo, ha affermato, che volevano cambiare solo
il mondo, lo hanno distrutto. Il Papa ha quindi messo l’accento sul ruolo sempre più
significativo dei diaconi, oltre cento a Roma, rammentando che dobbiamo ringraziare
i padri del Concilio Vaticano II se è stato ripristinato nel suo valore. Un ministero,
ha sottolineato, che rappresenta un collegamento tra il mondo laico e il ministero
sacerdotale.