Il dramma dei profughi in Ciad. La testimonianza di un missionario comboniano
N’Djamena, la capitale del Ciad, è di nuovo sotto il controllo delle autorità governative
dopo gli aspri combattimenti dei giorni scorsi tra i ribelli e l’esercito fedele al
presidente Idriss Deby. Sulle strade della capitale restano le auto carbonizzate e
i corpi delle vittime, il cui numero è ancora imprecisato. Intanto, nel Paese si profila
un crisi umanitaria, e la Commissione europea ha annunciato uno stanziamento urgente
di due milioni di euro per beni di prima necessità. Tuttavia, Bruxelles ha deciso
di mantenere in sospeso la missione militare "Eufor", mentre il governo francese si
è schierato apertamente a sostegno del regime del presidente Deby. Alla frontiera
con il Camerun continua intanto il flusso di persone in fuga. Secondo alcune stime,
tra i 15.000 e i 20.000 cittadini di N'Djamena avrebbero attraversato il confine.
A confermare la gravità della situazione è padre Renzo Piazza, missionario
comboniano in Ciad, raggiunto telefonicamente da Stefano Leszczynski: R.
– La situazione si sta lentamente normalizzando nella capitale. Il vero problema resta
il fatto che molta gente è partita ed ha lasciato il Ciad: sono decine di migliaia.
Mancano i generi di prima necessità, bisogna pagare anche l’acqua.
D.
– Ci sono stati combattimenti molto violenti nella capitale. I ribelli hanno lasciato
completamente l’area o sono ancora nella zona?
R.
– Dalle ultime informazioni che ho avuto, pare che un gruppo di ribelli sia ancora
non molto lontano dalla capitale, diciamo nella zona verso l’est. Questa mattina ho
osservato un via vai di elicotteri. Secondo la radio, è l’ultima resistenza. Altri
mi hanno, invece, detto di camion militari che ancora si dirigevano verso l’uscita
della città. Ieri sera hanno cominciato a raccogliere i morti sulle strade, mentre
i combattimenti ci sono stati tra sabato e domenica.
D.
– Questa coalizione di ribelli si è capito da dove provenisse? Se dal vicino Sudan
o se si è formata all’interno del Ciad?
R. – La coalizione
è composta da dissidenti dell’attuale governo. Uno dei capi era il collaboratore strettissimo
del presidente, altri componenti della coalizione hanno collaborato con l’attuale
governo, che avevano lasciato per le difficoltà di spartizione del potere. Dietro
c’è poi sicuramente il Sudan, che in modo molto forte li ha appoggiati e questo per
due ragioni: anzitutto perché l’attuale presidente ha appoggiato la ribellione sudanese
nel Darfur e poi perché non vuole che siano presenti europei dell’ “Eufor” alla frontiera
del Sudan che dovevano arrivare proprio in questi giorni e che è stato ora ovviamente
bloccato.
D. –Si riuscirà a portare a termine questa
missione europea o c’è scetticismo al riguardo?
R.
– Adesso è stata intanto rinviata, perché si aspetta che ci siano delle condizioni
più favorevoli. Fa comunque un po’ sorridere il fatto che ci sia una grande missione
europea per difendere dei campi profughi, lasciando però il Paese nella situazione
attuale.