Il ricordo di don Andrea Santoro a due anni dalla tragica morte a Trebisonda, in
Turchia
La piccola comunità cattolica della Turchia si è riunita a Trebisonda, in occasione
del secondo anniversario della morte di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei
donum della diocesi di Roma ucciso mentre era raccolto in preghiera il 5 febbraio
2006 nella chiesa di Santa Maria. Il rito di suffragio è stato officiato nella città
anatolica dai vescovi mons. Vincenzo Paglia, in rappresentanza della diocesi di Roma,
e da mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. Una liturgia eucaristica
sarà celebrata nel pomeriggio anche nella parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio,
della quale don Santoro fu parroco. Sul significato del suo sacrificio sentiamo alcune
testimonianze nel servizio di Giancarlo La Vella:
Un martire
dei giorni nostri: don Andrea Santoro è diventato - a due anni dalla morte - un simbolo
della Chiesa che dà tutta se stessa fino all’estremo sacrificio. Sulla figura del
sacerdote ucciso sentiamo mons. Vicenzo Paglia:
R.
- E’ tra quelle testimonianze che scendono nel profondo della storia, che in realtà
irrorano una terra bisognosa di testimoni come, appunto, era don Andrea. Egli fa parte
di quei nuovi martiri, che, come diceva Giovanni Paolo II, hanno evitato che il mondo
scendesse nel baratro. Ed ecco perché, a due anni dalla sua morte, è importante ritornare
lì dove visse gli ultimi giorni della sua esistenza, non solo per ricordare, ma anche
per approfondire questa testimonianza di fede e di amore fino all’effusione del sangue.
Abbiamo molto da imparare da testimoni come don Andrea ed ecco perché questo piccolo
pellegrinaggio in un luogo nell’estrema periferia in realtà ci porta al centro del
mondo, al centro della storia della salvezza, al centro del messaggio cristiano, dove
il cielo e la terra toccano il cuore stesso di Dio e quindi l’Amore che non conosce
confini. Il mondo crederà e si salverà, solo se c’è un amore che non conosce confini
di nessun genere. Un ricordo profondo quello che ha lasciato
don Andrea Santoro nei suoi parrocchiani, sia a Roma che in Turchia, e soprattutto
nei suoi familiari. Luca Collodi ha parlato con la sorella del
sacerdote, la signora Maddalena Santoro:
R.
- Don Andrea è presente in ciascuno di noi e non soltanto nei familiari, ma in tutti
i suoi parrocchiani e in tutte le persone che lo hanno avuto come pastore. Per tutti
noi è ancora presente, leggiamo le sue cose. Abbiamo anche trovato, tra i suoi scritti,
dei diari, delle lettere ai superiori, che speriamo di poter pubblicare a breve. La
sua presenza, quindi, è in noi, oggi, anche attraverso questi pensieri lasciati da
lui.
D. - Da questi scritti che avete trovato emerge
qualche nuovo pensiero di don Andrea rispetto alla sua testimonianza di sacerdote?
R.
- Emerge questa sua volontà di radicarsi in Cristo attraverso una conversione continua
e, quindi, questo suo richiamo continuo al sacerdozio, al suo sacerdozio per conformarsi
sempre di più a Cristo. Io l'ho conosciuto come una persona molto disponibile, nel
cuore e nella mente, e dunque questo suo andare verso i parrocchiani, prima ancora
che verso la sua famiglia, è ancora oggi molto evidente in noi. E
la morte di don Santoro, mai come oggi, rappresenta un seme fecondo che sta già dando
i suoi primi frutti, soprattutto nel dialogo della minoranza cattolica in un Paese
come la Turchia a maggioranza musulmana. Sentiamo mons. Luigi Padovese:
R.
- La testimonianza che nasce dal martirio di don Andrea è di avere, tra le altre cose,
polarizzato l’attenzione su questa nostra realtà di Chiesa. Don Andrea è venuto in
Turchia per esprimere il legame che le Chiese dell’Occidente hanno nei confronti delle
antiche Chiese dell’Oriente. Dal suo martirio, uno dei frutti è proprio questo: aver
aperto gli occhi sulla realtà di una Chiesa che è adesso piccola, minoritaria, proprio
come agli inizi del cristianesimo. Quello che don Andrea ha cercato di fare durante
la sua vita, gli è riuscito attraverso la sua morte. Stiamo lottando per restituire
il senso dell’essere cristiani. Se, come mi auguro, riusciremo a pubblicare le lettere
di don Andrea, penso che, anche attraverso questa iniziativa, e soprattutto nei confronti
dei giovani possa nascere un senso più vivo della propria identità cristiana.