2008-02-05 13:53:54

Il ricordo di don Andrea Santoro a due anni dalla tragica morte a Trebisonda, in Turchia


La piccola comunità cattolica della Turchia si è riunita a Trebisonda, in occasione del secondo anniversario della morte di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum della diocesi di Roma ucciso mentre era raccolto in preghiera il 5 febbraio 2006 nella chiesa di Santa Maria. Il rito di suffragio è stato officiato nella città anatolica dai vescovi mons. Vincenzo Paglia, in rappresentanza della diocesi di Roma, e da mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. Una liturgia eucaristica sarà celebrata nel pomeriggio anche nella parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio, della quale don Santoro fu parroco. Sul significato del suo sacrificio sentiamo alcune testimonianze nel servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3


Un martire dei giorni nostri: don Andrea Santoro è diventato - a due anni dalla morte - un simbolo della Chiesa che dà tutta se stessa fino all’estremo sacrificio. Sulla figura del sacerdote ucciso sentiamo mons. Vicenzo Paglia:

 
R. - E’ tra quelle testimonianze che scendono nel profondo della storia, che in realtà irrorano una terra bisognosa di testimoni come, appunto, era don Andrea. Egli fa parte di quei nuovi martiri, che, come diceva Giovanni Paolo II, hanno evitato che il mondo scendesse nel baratro. Ed ecco perché, a due anni dalla sua morte, è importante ritornare lì dove visse gli ultimi giorni della sua esistenza, non solo per ricordare, ma anche per approfondire questa testimonianza di fede e di amore fino all’effusione del sangue. Abbiamo molto da imparare da testimoni come don Andrea ed ecco perché questo piccolo pellegrinaggio in un luogo nell’estrema periferia in realtà ci porta al centro del mondo, al centro della storia della salvezza, al centro del messaggio cristiano, dove il cielo e la terra toccano il cuore stesso di Dio e quindi l’Amore che non conosce confini. Il mondo crederà e si salverà, solo se c’è un amore che non conosce confini di nessun genere.
 
Un ricordo profondo quello che ha lasciato don Andrea Santoro nei suoi parrocchiani, sia a Roma che in Turchia, e soprattutto nei suoi familiari. Luca Collodi ha parlato con la sorella del sacerdote, la signora Maddalena Santoro:

 
R. - Don Andrea è presente in ciascuno di noi e non soltanto nei familiari, ma in tutti i suoi parrocchiani e in tutte le persone che lo hanno avuto come pastore. Per tutti noi è ancora presente, leggiamo le sue cose. Abbiamo anche trovato, tra i suoi scritti, dei diari, delle lettere ai superiori, che speriamo di poter pubblicare a breve. La sua presenza, quindi, è in noi, oggi, anche attraverso questi pensieri lasciati da lui.

 
D. - Da questi scritti che avete trovato emerge qualche nuovo pensiero di don Andrea rispetto alla sua testimonianza di sacerdote?

 
R. - Emerge questa sua volontà di radicarsi in Cristo attraverso una conversione continua e, quindi, questo suo richiamo continuo al sacerdozio, al suo sacerdozio per conformarsi sempre di più a Cristo. Io l'ho conosciuto come una persona molto disponibile, nel cuore e nella mente, e dunque questo suo andare verso i parrocchiani, prima ancora che verso la sua famiglia, è ancora oggi molto evidente in noi.
 
E la morte di don Santoro, mai come oggi, rappresenta un seme fecondo che sta già dando i suoi primi frutti, soprattutto nel dialogo della minoranza cattolica in un Paese come la Turchia a maggioranza musulmana. Sentiamo mons. Luigi Padovese:

 
R. - La testimonianza che nasce dal martirio di don Andrea è di avere, tra le altre cose, polarizzato l’attenzione su questa nostra realtà di Chiesa. Don Andrea è venuto in Turchia per esprimere il legame che le Chiese dell’Occidente hanno nei confronti delle antiche Chiese dell’Oriente. Dal suo martirio, uno dei frutti è proprio questo: aver aperto gli occhi sulla realtà di una Chiesa che è adesso piccola, minoritaria, proprio come agli inizi del cristianesimo. Quello che don Andrea ha cercato di fare durante la sua vita, gli è riuscito attraverso la sua morte. Stiamo lottando per restituire il senso dell’essere cristiani. Se, come mi auguro, riusciremo a pubblicare le lettere di don Andrea, penso che, anche attraverso questa iniziativa, e soprattutto nei confronti dei giovani possa nascere un senso più vivo della propria identità cristiana.







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