I 40 anni della Comunità di Sant'Egidio, l'esperienza di un amore che cambia il mondo.
Intervista con Mario Marazziti
Dagli anziani agli stranieri, dai senza fissa dimora ai Rom, dalla cura dei malati
di AIDS in Africa alla mediazione nei conflitti tra i popoli e al dialogo tra i cristiani
e con le altre religioni: tante le frontiere sui cui la Comunità di Sant’Egidio si
è impegnata nei suoi primi 40 anni di vita. L’anniversario, che cade il 7 febbraio
prossimo, è stato già ricordato nei giorni scorsi nella basilica di San Giovanni in
Laterano, con una Messa solenne celebrata dal segretario di Stato vaticano, il cardinale
Tarcisio Bertone. Ma certo non tutto era chiaro agli inizi: quale dunque l’idea di
partenza che ha dato vita alla Comunità? Adriana Masotti l’ha chiesto a Mario
Marazziti, portavoce di Sant’Egidio.
R. -
Non avevamo nessun nome. Studenti, avevamo ripreso in mano la Bibbia e il Vangelo,
dicendo: “Vorremmo provare ad essere così, come Gesù, come la comunità degli Atti
degli Apostoli”. Prendevamo l’autobus al contrario, dal centro alla periferia della
città di Roma, e scoprivamo i poveri come amici. Allora cosa volevamo fare? Volevamo
provare ad essere cristiani, a cambiare un po’ la nostra vita, cambiare un po’ il
mondo, però senza violenza. Con Gesù e con il Vangelo. E questo era un antidoto all’ideologia
vincente in quegli anni: un antidoto ad una volontà di cambiare il mondo di tipo ideologico,
che non partisse dall’umanità, dalla commozione di Gesù per quelle pecore senza pastore,
per la nostra vita personale. Quindi, noi non abbiamo mai voluto essere la Comunità
di Sant’Egidio, ma amici che provavano a vivere il Vangelo e provavano ad essere amici
dei poveri.
D. - Qual è stato in tutti questi anni
ed è ancora il punto di forza della Comunità, che suggerisce anche di volta in volta
le scelte da compiere?
R. - Io credo che ciò che
ha fatto la differenza, e che rende quello che è oggi la Comunità di Sant’Egidio,
cioè un elemento di speranza per tanti, è la preghiera della sera. La Comunità di
Sant’Egidio è amicizia, poveri, dialogo, lavoro per la pace, ma il centro è la preghiera.
Da lì, poi, deriva una grande simpatia per il mondo: la lettura dei segni dei tempi,
questa capacità, da laici, di metterci a leggere quali sono le ricette, quali sono
le soluzioni. Il Vangelo rende intelligenti: l’amicizia con una persona nel braccio
della morte, tanti anni fa, pian piano diventa il veicolo per la campagna mondiale
per la moratoria universale. Oppure, l’amicizia con una persona - che poi è il vescovo
Gonsalves di Beira, Mozambico - ci introduce nel dramma della guerra civile in Mozambico
e, pian piano, se uno non si pone limiti, questa amicizia può diventare una forza
di pace e fa scoprire che il Vangelo è una grande forza di pace, dove le diplomazie
non arrivano.
D. - Una domanda un po’ più personale:
che cosa ha maturato questo vivere nella Comunità, in lei?
R.
- Io credo che la mia vita si sia dilatata. Si scopre che c’è una dilatazione dell’amore,
c’è una dilatazione dei rapporti umani profondi che si creano, e poi penso una grande
esperienza di perdono, nella mia vita personale. Perché è la misericordia di Dio per
la nostra vita che ci fa essere amici degli altri, amici dei poveri. Non siamo noi
che ci pieghiamo sui poveri, è una benedizione poterci occupare degli altri. Quindi,
questo senso di una vita che è più vita.
D. - Chi
sono gli appartenenti alla Comunità nel mondo? Che cosa li prende e li convince ad
assumere anche un impegno importante nella propria vita?
R.
- Sono persone comuni che scoprono che il modo di realizzare se stessi non è pensare
solo a se stessi. Sono persone comuni ormai di tutte le età, di tutti i ceti sociali,
che scoprono che il Vangelo è una grande forza di speranza, di cambiamento. Io credo
che ognuno abbia nella propria vita delle grandi energie e la Comunità le libera.
Questo incontro con l’amore di Gesù le libera. Poi, queste persone comuni scoprono
che si può vivere senza nemici. Se oggi pensiamo alla paura dell’altro, al problema
della sicurezza, alla diffidenza, alla demonizzazione di interi gruppi immigrati -
Rom o altri, a seconda delle epoche e dai luoghi…. in realtà, si può vivere senza
nemici, si possono ricostruire le ragioni per vivere insieme, costruire la speranza
nelle grandi città europee, anche per chi è anziano, non aver paura dell’altro. Questa
è la vita della Comunità di Sant’Egidio al servizio degli altri.