Violento terremoto nella regione africana dei Grandi Laghi: decine le vittime
E' di circa 40 morti il bilancio provvisorio del sisma di sesto grado della scala
Richter che ha colpito ieri la regione dei Grandi Laghi in Africa. Epicentro del terremoto
Bukavu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Il sisma colpisce il Paese
in un momento di grave crisi umanitaria, teatro da più di dieci anni di una logorante
guerra civile. A Bukavu è presente Beatrice Luccardi, responsabile di un progetto
della Cooperazione internazionale Sud-Sud in favore dei pigmei, finanziato dal ministero
degli Esteri italiano. Ecco la sua testimonianza al microfono di Chiara Calace:
R.
– Nella zona di Bukavu, il bilancio in termini numerici è basso, se si considerano
eventi di questa portata: per ora si parla di cinque morti e di 169 feriti gravi.
C’è da considerare, però, quanti di questi feriti gravi saranno adeguatamente curati,
considerate le risorse locali. E’ un Paese che esce dalla guerra e le risorse sono
molto limitate. C’è poi il fatto che la maggior parte degli edifici sono stati colpiti
in modo più o meno grave, quindi l’intera città dorme all’aperto. Cosa succederà?
Ci saranno altre scosse? Siamo nella stagione delle grandi piogge e ieri notte, per
fortuna, non ha piovuto, ma quanto durerà? La situazione è forse più grave di quanto
possano dire le cifre, in questo momento.
D. – Si
parla del crollo di una chiesa gremita di fedeli nei pressi di Bukavu. Ci puoi confermare
questo dato?
R. – Ci sono state due chiese purtroppo
che hanno subito dei crolli durante il sisma. La situazione più grave è stata a Kabara,
a 25 chilometri a nord-ovest di Bukavu, dove una parte della chiesa è caduta. La gente
ha cercato di uscire e una bambina è morta nella ressa. In un’altra chiesa, a Oualungu,
ci sono stati una dozzina di feriti. Il problema è stato che il terremoto è avvenuto
alle 9.30 del mattino di domenica e sia nelle chiese cattoliche che in altri luoghi
di culto c’era partecipazione. C’è una grande religiosità qui nella regione.
D.
– La gente come sta vivendo questo tragico momento?
R.
– La gente ha un grande coraggio, come ha già dimostrato durante la guerra e lo dimostra
anche in questa occasione. Si trovano sfollati, persone che non possono rientrare
in casa, che fanno un sorriso per strada. Sono passata poco fa e avevano un piatto
di patate con i fagioli. Noi che passavamo, abbiamo chiesto come va e loro hanno risposto
“si campa” e ci hanno offerto un piatto.
D. – La
Chiesa cosa sta facendo in questo momento?
R. – Qui
a Kivu la Chiesa è in prima linea per aiutare le persone. Già ieri, a mezzogiorno,
la Caritas era attiva e l’ospedale provinciale coordinava i primi aiuti. Questa mattina
sono già in corso varie riunioni. Sicuramente continuerà anche grazie alla grande
esperienza acquisita durante il periodo della guerra e la credibilità che ha conquistato
durante i dieci anni di guerra.