Il Papa incontra i religiosi nella Giornata della vita consacrata: intervista con
il cardinale Rodé
La Chiesa celebra oggi, nella Festa della Presentazione del Signore, la Giornata della
vita consacrata. Nel mondo sono oltre un milione i consacrati, di cui 800 mila sono
donne. Questo pomeriggio nella Basilica Vaticana il cardinale Franc Rodé, prefetto
della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica
presiederà una celebrazione eucaristica con i religiosi e le religiose. Al termine
della liturgia, il Papa scenderà in Basilica per rivolgere la sua parola ai presenti.
La Radio Vaticana seguirà in diretta l'evento a partire dalle 17.20. Ma cosa si aspetta
oggi il mondo dalle persone di vita consacrata? Giovanni Peduto lo ha chiesto
al cardinale Rodé:
R. –
Si aspetta soprattutto la testimonianza personale di vivere i voti di castità, di
povertà, di obbedienza, di un certo distacco dal mondo e di una scelta chiara e decisa
della “sequela Christi”. La Costituzione del Vaticano II sulla Chiesa, la “Lumen Gentium”,
parla di “intimius sequela Christi”, di una sequela di Cristo più da vicino. Ecco:
essere più conformi a Gesù nel suo stile di vita di povero, di casto e di obbediente
al Padre. E con questo, la vita consacrata è un richiamo ad uscire da questo mondo
materialista, da questo mondo che si rinchiude negli orizzonti terreni per scoprire
il vero destino dell’uomo, il destino eterno, il destino trascendente dell’uomo che
è l’incontro con il Signore, nella gioia del Cielo.
D.
– Un fedele laico come può nel suo modo specifico consacrare la sua vita a Dio?
R.
– La consacrazione fondamentale di tutti i cristiani è il sacramento del battesimo.
Dunque, a partire dal battesimo che fa di noi dei cristiani, noi possiamo – ciascuno
nel suo stato di vita – seguire una vita di perfezione verso il Signore, di consacrazione
al Signore con i due comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo.
D.
– C’è il rischio oggi di una certa secolarizzazione degli stessi consacrati?
R.
– Bé, il male del secolarismo si trova anche nelle comunità di consacrati, come dicevo
durante l’assemblea dei superiori generali di due anni fa. La cultura secolarizzata,
infatti, a volte è penetrata nella mente e nel cuore delle persone consacrate e di
alcune comunità, confusa come un accesso alla modernità e come una modalità di approccio
al mondo contemporaneo, con tutte le sue conseguenze. Gli indicatori di questa secolarizzazione
possiamo riassumerli così: un certo rilassamento nella vita quotidiana, anche nel
linguaggio che diventa più secolare che religioso, la diminuzione del tempo dedicato
alla preghiera e agli atti comuni, la perdita della visibilità della consacrazione,
l’abbandono dell’abito religioso; un orientamento sempre più spiccato verso attività
sociali e umanitarie a scapito della evangelizzazione ...
D.
– Cosa dire delle vocazioni?
R. – La situazione è
molto diversificata. Se prendiamo l’Europa occidentale e l’America del Nord, possiamo
dire che stiamo vivendo una vera crisi delle vocazioni religiose. Per contro, l’America
Latina conosce una certa stabilità, tanto nelle congregazioni maschili come in quelle
femminili; invece, in Africa ci sono molte vocazioni ma che hanno bisogno di una buona,
buona formazione. Invece, quello che sorprende è l’Asia. Alcuni Paesi dell’Asia, come
il Vietnam, l’Indonesia, la Corea, le Filippine, l’India e anche – se ne parla sempre
più spesso – in Cina, anche se le notizie che arrivano da quel grande popolo sono
poche, si registra una grande, grande fioritura di vocazioni religiose e, devo dire,
per quanto le conosco, di gran buona qualità spirituale.