Situazione preoccupante in Ciad dove almeno duemila ribelli provenienti dal Sudan
sono riusciti a prendere il controllo di N’Djamena. Combattimenti sono avvenuti davanti
al palazzo presidenziale. Secondo alcune fonti, gli insorti sono riusciti a rompere
la recinzione dell’edificio all’interno del quale c’è il presidente Deby. Circa 150
soldati francesi sono giunti stamani nella capitale ciadiana per arginare le violenze.
L’Unione Africana ha duramente condannato l’attacco, incaricando il leader libico
Gheddafi e il presidente congolese, Denis Sassou-Nguesso, di guidare la mediazione
per risolvere la crisi. Ieri gli operatori umanitari dell’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati e altre Ong hanno lasciato la parte orientale del Ciad.
Sulla situazione nel Paese, Stefano Leszczyski ha intervistato Irene Panozzo,
africanista di “Lettera 22”:
R.
– E’ da alcuni anni che gruppi ribelli ciadiani operano nell’est del Paese al confine
con il Sudan e in particolare con la regione del Darfur, quindi una zona molto instabile.
Nel corso di questi anni – dal 2003 in poi – si è registrato un forte afflusso di
profughi in arrivo proprio dalla crisi del Darfur, persone che appartengono in molti
casi alle stesse etnie perché l’etnie che vivono nella regione sudanese vivono anche
nella parte orientale del Ciad.
D. – C’è una forte
presenza internazionale nel Paese, in particolare da parte della Francia...
R.
– Il Ciad è una ex colonia francese ed è forse il Paese che meno si è reso indipendente
dall’ex madre patria, per cui a N'Djamena è sempre rimasta una presenza militare francese
e la Francia ha sempre molto influito, dagli anni ’60 in poi, sulle vicende politiche
del Paese. Adesso bisognerà capire che cosa ha intenzione di fare Parigi.
D.
– Da un punto di vista umanitario, cosa significa questo ulteriore aggravamento della
crisi?
R. – Probabilmente è presto per capire cosa
succederà, quale sarà il destino sul piano umanitario e quale sarà il risultato degli
scontri di queste ore a N'Djamena. Poi si potrà capire anche come evolverà la situazione
nell’est del Paese che è sicuramente la zona più fragile, più instabile di tutto il
Ciad.