Donne kamikaze fanno strage a Baghdad: oltre 60 morti
In Iraq dopo un periodo di relativa calma, confermato dalle stime delle autorità che
registrano un netto calo delle vittime negli ultimi mesi, il terrorismo torna a colpire
pesantemente nel centro di Baghdad. Almeno 63 persone sono rimaste uccise ed altre
100 ferite in due distinti attentati compiuti in successione da donne kamikaze in
altrettanti mercati della capitale. I suq erano particolarmente affollati essendo
il venerdì giornata festiva. Ma come vive la popolazione irachena di fronte alla continua
violenza? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Philip Najim, visitatore apostolico
per i fedeli Caldei in Europa:
R.- Questi
attentati, che attualmente avvengono a Baghdad, sono contro la popolazione irachena,
che soffre da anni e che continua a soffrire. Quelli che realizzano questi attentati
vogliono la divisione, la distruzione, la sofferenza e non vogliono arrivare ad una
pace che regni su tutto il Paese, creando la normalità. Perciò, queste violenze rallentano
il processo che l’Iraq deve compiere per inserirsi di nuovo nella comunità internazionale.
Sono atti contro l’essere umano, contro tutto il popolo iracheno che soffre, siano
essi cristiani o musulmani: perché le bombe, quando arrivano, non conoscono religione.
D.
– Quanta paura c’è di circolare per le strade del Paese?
R. – Veramente tanta
paura, perché non si sa cosa potrà accadere. Perciò tanta gente lascia Baghdad e il
Paese.
D. – I rapimenti e le violenze che hanno colpito anche i cristiani cosa
hanno generato in Iraq?
R. – I rapimenti continuano, come pure le richieste
di riscatto a gente povera, che non ha soldi e deve fare il possibile per trovare
il denaro. L’Iraq ha bisogno della pace e la pace è nelle mani della comunità internazionale.