Dialogo tra fede e laicità: la riflessione del cardinale Poupard
Il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della
Cultura, ha presentato in questi giorni, a Roma, il suo libro “Le religioni nel mondo”.
Si tratta di una riedizione artistica a tiratura limitata, curata da mons. Pasquale
Iacobone. Alla presentazione è intervenuto anche l’attuale presidente del dicastero,
mons. Gianfranco Ravasi. Durante l’incontro si è parlato del ruolo della religione
nella società e del dialogo, a volte difficile, tra fede e laicità. Ascoltiamo in
proposito lo stesso cardinale Poupard, al microfono di Stefano Cavallo:
R.
– Stiamo attenti a non sposare in modo cieco gli stereotipi... Ricordo il sociologo
americano di Chicago, Peter Berger, uno dei più grandi sociologi della religione,
conosciuto a Tokyo, in un colloquio molto interessante. Lui, parlando della tesi secondo
la quale la modernità è sinonimo di secolarizzazione, dice un fatto quasi unico per
uno studioso di fama internazionale: “La tesi è molto semplice – dice – ed io sono
stato uno che l’ha propagata, ma questa tesi è falsa”. Allora partendo da qui fa tutto
uno studio, che vale anche oggi se si è attenti all’attualità quotidiana, dicendo
che non si può capire il nostro tempo se non si fa entrare il fattore religioso. Contrariamente
alle tesi del positivismo, non è vero che ci sarebbero tre momenti nella storia dell’umanità:
l’età delle favole, quella della metafisica e della religione e quella retta dalla
ragione, dalla filosofia e dalla tecnica. L’uomo è religioso anche quando nega la
religione, perchè lo fa in modo religioso e tocca l’assoluto.
D.
– Come fare per parlare della spiritualità e della religiosità in modo obiettivo ed
aperto?
R. – Ogni uomo, ogni donna, come diceva il
mio amico e compianto filosofo protestante francese, Paul Ricard, cerca di dare un
senso alla sua azione quotidiana, ma alla fine c’è la ricerca del senso dei sensi.
E’ per questo che la religione ci aiuta a rispondere ai famosi tre quesiti che il
pittore Gauguin aveva messo sul suo famoso quadro: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove
stiamo andando?”. Ricordo il Principe di Asburgo che diceva: “Come possiamo sapere
dove andiamo, se non sappiamo da dove veniamo?”. Come dice il Concilio Ecumenico Vaticano
II, nella sua Costituzione “Nostra Aetate”, ogni uomo si interroga su cosa sia la
vita, che cosa sia la sofferenza, che cosa sia l’amore, che cosa sia la morte. Ed
ogni religione tenta di dare una risposta a questi quesiti. E per noi cristiani è
una risposta che viene dal cielo. Comunque è importante poter dialogare e questo è
il senso del dialogo interreligioso.