Mons. Tomasi: interdire le ‘bombe a grappolo’ è un imperativo etico
L’impegno della Chiesa per l’interdizione delle cosiddette ‘bombe a grappolo’. Intervento
dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Onu a Ginevra, durante la riunione - svoltasi nella città elvetica - fra esperti
governativi degli Stati che aderiscono alla Convenzione sull’uso delle armi convenzionali
(CCW). Il servizio di Roberta Gisotti:
Dare
“una rapida risposta al problema delle cosiddette ‘bombe a grappolo’ è un imperativo
etico, conoscendo il costo elevato in vite umane, di cui la maggioranza sono civili,
e soprattutto bambini”: così l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, ha fatto eco alle
parole del Papa rivolte, all’inizio del 2008, al Corpo diplomatico accreditato presso
la Santa Sede e di cui si è fatto latore davanti all’Assemblea generale dell’ONU,
nell’ottobre scorso, anche il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Da
ricordare che la Convenzione sulle armi convenzionali del 1980, ha avuto lo scopo
di proibire o limitare l’uso di quelle “eccessivamente dannose” e con “effetti indiscriminati”.
Rivista l’ultima volta nel novembre 2006, la Convenzione ha lasciato sospesa la questione
delle munizioni a grappolo, su cui i 100 Paesi firmatari hanno preso solo l’impegno
di discuterne a livello di esperti gli aspetti umanitari e militari.
Per
questo l’arcivescovo Tomasi ha raccomandato a tutti i Paesi parte della Convenzione
di arrivare a “risultati pratici che faranno o no la differenza per migliaia di persone
e decine di Paesi”. Il presule ha evidenziato pure che numerosi altri Stati possono
divenire produttori, utilizzatori e possessori di certe armi convenzionali e che l’uso
da parte di soggetti non statali nei conflitti recenti deve indurre “ad essere vigilanti
e determinati nell’agire urgentemente”. “La prevenzione – ha aggiunto il presule -
dovrà essere il punto comune di un'azione concertata tra i produttori e utilizzatori
attuali e quanti non lo sono ancora.”
Del resto “inaccettabile”
per la Santa Sede è la “necessità militare delle bombe a grappolo”, e se l’interdizione
di certe armi convenzionali non ha mai messo in pericolo la sicurezza nazionale degli
Stati, “il vero rischio” è il “superarmamento” e confidare su quelle armi sul piano
nazionale o internazionale. Sono invece “lo sviluppo, la fiducia reciproca, la prevenzione,
la creazione di condizioni di vita dignitosa” “i parametri senza i quali non si può
avere né sicurezza né stabilità”. “Se la guerra ha un prezzo – ha detto l’arcivescovo
Tomasi – la pace ne ha un altro”, “in ogni caso di gran lunga più modesto: “preservare
la vita”.