Riflessioni sulla lettera del cardinale Tettamanzi a separati e divorziati
Vasta eco ha avuto la Lettera che l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi,
ha rivolto agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione. Pubblicata
lunedì scorso e intitolata ‘Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito’, non presenta
innovazioni dal punto di vista magisteriale ma esorta la comunità ecclesiale a un
maggiore impegno di vicinanza e solidarietà verso quanti vivono situazioni familiari
di difficoltà. Il servizio di Fabio Colagrande:
L’esclusione
dei fedeli divorziati e risposati dalla Comunione eucaristica è un problema ‘particolarmente
doloroso’, ma occorre far capire che essi ‘non sono esclusi dal grande mistero dell'Eucaristia,
dall'amore della Chiesa e dall'amore di Cristo’. Così, Benedetto XVI, nel luglio del
2005, in un dialogo con i sacerdoti della diocesi di Aosta, aveva ribadito e approfondito
quel principio generale di accoglienza delle famiglie in situazione irregolare, già
affermato quindici anni fa nel ‘Direttorio di pastorale familiare’ della Chiesa italiana.
Oggi, la Lettera del cardinale Tettamanzi, pur non contenendo novità magisteriali,
rappresenta uno stimolo per colmare un ritardo nell’applicazione pastorale. Lo conferma
mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la
Pastorale della famiglia della CEI:
R. – E’ una lettera
che risponde in modo splendido all’attesa di molti separati, divorziati e divorziati
risposati, che si sentono in qualche modo lontani dalla Chiesa o addirittura allontanati
dalla Chiesa. La lettera del cardinale Tettamanzi è una lettera che si pone in un
atteggiamento accogliente nella verità, ma insieme nella carità.
D.
– Secondo la sua esperienza pastorale, mons. Nicolli, è abbastanza viva questa consapevolezza
nel tessuto ecclesiale, la necessità di accogliere o ci sono ancora dei passi da fare
in avanti?
R. – Direi che questa consapevolezza non
è affatto penetrata nella Chiesa, almeno nel Popolo di Dio. Però, devo dire che c'è
un’attenzione di molte diocesi ad occuparsi di questo problema. La presenza numerosa
di tante persone che hanno fallito il progetto matrimoniale impone di occuparsi di
questo tema. Auspico che questa lettera possa risvegliare anche nei cristiani, nei
sacerdoti soprattutto la volontà di accoglienza e di andare incontro a queste sofferenze
e a queste persone.
La riprova di quanto sia urgente
ridare slancio alla pastorale in Italia anche per quanto riguarda la situazione delle
famiglie in difficoltà o in situazione irregolare, arriva da Emanuele Scotti,
vice-presidente dell’Associazione Famiglie separate cristiane:
R.
– La Chiesa da tempo si è espressa con grande chiarezza a livello magisteriale. Nella
prassi pastorale ancora ci sono degli spazi di grande lavoro. Questa lettera, però
ci dà, anche da questo punto di vista, una grande speranza. Parla di una volontà di
camminare insieme, di accoglierci. E questa è una prospettiva che già esiste, ma che
viene rafforzata: quella di voler valorizzare le esperienze di chi ha vissuto sulla
propria pelle queste situazioni. Per questo ci mettiamo a disposizione con la nostra
esperienza umana e associativa. Ci sono difficoltà che sono proprie della vita dei
separati, che spesso sfuggono: la difficoltà a vivere una vera bigenitorialità. Poi,
ci sono difficoltà di alcuni che vivono un dramma di non facile risoluzione interiore,
riguardo appunto quelle che sono le indicazioni della Chiesa. Noi diciamo che la difficoltà
più grande, quella che noi con modestia ed umiltà cerchiamo di vivere nella nostra
associazione, è quella di essere accolti. Molto spesso il separato si autoesclude.
Questo lo dobbiamo riconoscere. Noi vogliamo vederla in positivo. Noi ci sentiamo
Chiesa, noi ne facciamo parte e facciamo la nostra parte. Spesso il separato sente
su di sé il peso di un giudizio che alle volte è più percepito che reale. Purtroppo
esiste anche questo: nelle comunità c’è un certo pregiudizio, ci sono diversi luoghi
comuni. Credo che però gesti di questo tipo siano fondamentali per ribadire la giusta
prospettiva con la quale affrontare questo problema.