Benedetto XVI all'udienza generale: i cristiani testimonino la loro unità nella preghiera
in un mondo che "soffre per l'assenza di Dio"
Una “corale implorazione fatta con un cuore solo e un’anima sola”: è questo il senso
spirituale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà
dopodomani e alla quale Benedetto XVI ha dedicato stamattina la catechesi dell’udienza
generale in Aula Paolo VI. Il Papa ha ripercorso sinteticamente le tappe di questo
evento, che quest’anno celebra i 100 anni di vita, ed ha auspicato che i cristiani
sappiano dare una testimonianza di unità per rendere “accessibile” il volto di Dio
al mondo che “soffre” per la sua assenza. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Chiedendo
la grazia dell’unità, i cristiani si uniscono alla preghiera stessa di Cristo e si
impegnano ad operare attivamente perché l’intera umanità lo accolga e lo riconosca
come solo Pastore ed unico Signore, e possa così sperimentare la gioia del suo amore”. Benedetto
XVI ha spiegato subito, all’inizio della sua ampia catechesi, il valore di quella
che chiama “concorde implorazione fatta con un’anima sola e un cuore solo”, riflesso
dell’invocazione che duemila anni fa Gesù levò per primo con il suo “ut unum sint”,
“perché tutti siano uno”. E quel valore, all’inizio del 2008, presenta - spiega il
Papa - uno spettro di significati ancora più ampio perché esattamente un secolo fa
- dopo secoli di ostilità - i cristiani delle varie confessioni riscoprirono, al di
là delle divisioni, la forza unificante della preghiera in comune. Benedetto XVI ha
ripercorso la storia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani a partire
dall’intuizione definita “veramente feconda” del pastore anglicano, padre Paul Wattson,
che nel 1908 lanciò l’iniziativa di un Ottavario di preghiera, divenuto vent’anni
dopo - grazie all’apporto decisivo dell’Abbé Couturier di Lione - l’attuale Settimana
di preghiera. E quando 40 anni fa anche i padri conciliari del Vaticano II avvertirono
“l’urgenza dell’unità” tra i cristiani, la Settimana di preghiera, ha riconosciuto
il Pontefice, divenne “uno dei momenti più qualificanti e proficui” del cammino ecumenico.
Dopo gli accenni storici, Benedetto XVI si è soffermato
sul fulcro spirituale dell’ecumenismo: su ciò - ha detto - che lo “ha vivificato”,
ovvero la preghiera, che converte il cuore e spinge alla “santità di vita”:
“‘Pregate
continuamente’, questa Parola di San Paolo è il tema della Settimana di quest’anno;
è al tempo stesso l’invito che non cessa mai di risuonare nelle nostre comunità, perchè
la preghiera sia la luce, la forza, l’orientamento dei nostri passi, in atteggiamento
di umile e docile ascolto del nostro comune Signore”.
Un
passo oltre la preghiera è la preghiera vissuta in “comune”, sulla cui validità molto
si sofferma il Decreto conciliare sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio.
In questo tipo di preghiera, sostiene Benedetto XVI, la fede indivisa in Cristo brilla
più delle divisioni confessionali:
"Nella preghiera
comune, le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore e, prendendo
coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione, manifestano la volontà di
ubbidire alla sua volontà ricorrendo fiduciosi al suo onnipotente soccorso (...) La
preghiera comune non è quindi un atto volontaristico o puramente sociologico, ma è
espressione della fede che unisce tutti i discepoli di Cristo”.
La
preghiera comune, dunque, ha fatto evolvere il dialogo ecumenico e “tali amichevoli
relazioni”, ha riconosciuto il Pontefice, hanno poi “migliorato la reciproca conoscenza”,
intensificando la comunione e “rendendo, al tempo stesso, più chiara la percezione
dei problemi che restano aperti e che fomentano la divisione”. E qui, il Papa ha parlato
a cuore aperto di quanto un’umanità oggi troppo spesso indifferente al soprannaturale
possa beneficiare dal raggiungimento della piena comunione fra i cristiani:
"Il
mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere
il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo
volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna
contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente
a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo". Al
termine delle catechesi e dei saluti ai gruppi in più lingue - fra i quali ai sacerdoti
e ai seminaristi dell’Ordine Maronita Mariamita - Benedetto XVI ha concluso l’udienza
generale ricordando la figura di San Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica,
del quale si celebra domani la memoria liturgica. “vescovo di Ginevra in un periodo
di gravi conflitti - ha sottolineato - egli fu uomo di pace e di comunione. Maestro
di vita spirituale, egli ha insegnato che la perfezione cristiana è accessibile ad
ogni persona”.