Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani: pubblicato un libro sull'esicasmo,
metodo di preghiera dell'oriente cristiano
L’invito a pregare continuamente è al centro della Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani, giunta oggi al suo quarto giorno. E proprio in questi giorni è uscito
un volume dal titolo ‘Aspetti storico-religiosi del metodo di orazione esicasta’,
la tipica preghiera dell’oriente cristiano, la preghiera continua, conosciuta in occidente
soprattutto attraverso “I racconti del pellegrino russo”. Ma che cosa è l’esicasmo?
Giovanni Peduto lo ha chiesto all’autore dell’opera, Marco Toti, studioso
di teologia spirituale comparata, coordinatore del Comitato scientifico dell’Associazione
‘Insieme per l’Athos’:
R. –
Il termine esicasmo deriva dalla parola greca “esichìa”, la cui traduzione più corretta
probabilmente è “pace spirituale”, “silenzio”, “quiete” e potremmo dire l’equivalente
del termine latino “quies contemplationis” e quindi una quiete contemplativa e non
un semplice atteggiamento psicologico. L’esicasmo possiamo, quindi, definirlo come
la corrente di spiritualità contemplativa che si sviluppa nella sua forma tecnica
sul Monte Athos tra il XIII e il XIV secolo.
D.
– L’esicasmo ha avuto inizio, come lei ha detto, sul Monte Athos e … poi quale sviluppo
ha avuto?
R. – Anzitutto c’è da dire che ancora prima
del Monte Athos c’era stata una corrente di esicasmo, definita per l’appunto “l’esicasmo
sinaitico”, che si sviluppò più o meno tra il VII e l’VIII secolo sul Monte Sinai.
Gli eredi di questo monachesimo sono i monaci del Monte Athos. Successivamente il
Monte Athos, pur rimanendo sempre il custode di una certa forma di contemplazione
dell’esicasmo, potremmo dire che ha un momento di crisi e, intorno al XVIII secolo,
l’esicasmo si riprende soprattutto in Russia. C’è, quindi, una sorta di passaggio:
abbastanza famosa è l’opera “I racconti del pellegrino russo”, nella quale c’è la
puntualizzazione sul metodo. Ovviamente la spiritualità esicasta si manifesta poi
in tutti Paesi ortodossi ed in particolar modo in Romania, dove nel XX secolo c’è
stato un importantissimo movimento di rinnovamento esicasta, attraverso specificatamente
il cosiddetto “rugul aprins” (il roveto ardente) che tentò di modulare l’esperienza
esicasta anche come spiritualità laicale.
D. – Cosa
distingue la preghiera esicasta da altre forme di orazione?
R.
– Diciamo che in primo luogo l’esicasmo è una forma di orazione, una forma di contemplazione,
che ha una caratterizzazione tecnica specifica. Il metodo esicasta si compone – oltre
ovviamente all’invocazione del nome di Gesù e al fine della cosiddetta discesa della
mente nel cuore – di un metodo psicofisico che è caratterizzato in primis dalla ricerca
di una tecnica respiratoria, dall’assunzione di posture e dalla concentrazione su
alcuni centri corporei, soprattutto il cuore.
D.
– In che maniera la pratica dell’orazione esicasta può avvicinare cattolici e ortodossi?
R.
– La spiritualità esicasta nelle sue fonti primarie si fonda sulla patristica e, secondo
me, questo rappresenta un punto centrale. La riscoperta della patristica in Occidente
– ovviamente già in itinere – può essere un modo abbastanza profondo ed abbastanza
possibile per l’avvicinamento tra Oriente ed Occidente, tra coloro che Giovanni Paolo
II, usando una bella metafora di un poeta russo, chiamò i due polmoni della Chiesa.
D. – Lei perché si è appassionato a questo argomento
fino a scriverne un libro?
R. – L’esicasmo è un oggetto
sconosciuto ancora oggi in buona parte dell’Occidente. Nel libro io cerco di spiegare
che l’esicasmo non va inteso come una semplice manifestazione della spiritualità cristiana,
ma proprio come il cuore e il compendio del cristianesimo, ovvero il puntare tutto
sull’unico necessario, che è poi il cuore stesso della spiritualità cristiana e, quindi,
la preghiera.