Il nuovo preposito generale dei Gesuiti, padre Nicolás: i poveri attendono da noi
il messaggio di salvezza
Siamo “servitori” di una salvezza che va annunciata a tutte le nazioni, e con particolare
predilezione ai poveri, perché soprattutto loro possano trovare in Dio la forza per
continuare a sperare. E’ con un messaggio di grande intensità che il nuovo preposito
generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, si è rivolto ieri pomeriggio, nella Chiesa
del Gesù, ai membri dell’Ordine, nella prima omelia tenuta dopo la sua elezione, avvenuta
sabato scorso. Sul suo contenuto, il servizio di Alessandro De Carolis:
(Canto "Anima
Christi") “Non ti dimenticare dei poveri”. Una richiesta, quasi
un sussurro, che scende nell’anima mentre tutti intorno festeggiano e si congratulano.
Un sussurro che diventa il saluto “più importante” per chi è stato appena chiamato
ad essere l’“Ignazio” del 21.mo secolo. E’ quanto accaduto al neo-preposito generale
dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, negli istanti successivi allo “shock”, come lui
stesso l’ha definito, dell’elezione a capo della famiglia religiosa fondata nel 1540.
All’omelia della sua prima Messa in veste di 29.mo successore di Sant’Ignazio di Loyola,
padre Nicolás ha parlato a cuore aperto ai delegati della Congregazione generale di
ciò che considera fondamentale nella propria missione, dettata per il suo nuovo ministero
da ciò che il precedente gli ha lasciato in eredità: l’attenzione agli immigrati,
ai poveri in generale, conosciuti specie nelle Filippine. “Per i poveri - ha detto
ricordando alcuni colloqui avuti con gente in situazioni difficili - soltanto Dio
è la forza”. E noi, ha proseguito, siamo chiamati a servirli, perché è questo che
“piace” a Dio, anche se spesso l’occhio del mondo guarda alla missione cristiana con
una superficialità fatta di luoghi comuni più che di reale attenzione:
“I
giornali, le riviste, stanno giocando in questi giorni con i ‘cliché’: il ‘papa nero’,
il ‘papa bianco’, potere, incontri, discussioni, ma tutto questo è così superficiale,
è così irreale. Questo è soltanto un po’ di nutrimento per coloro che amano la politica,
ma non per noi. Isaia ci dice: servire dà piacere a Dio. E’ servire che conta. Servire
la Chiesa, servire il mondo, servire gli uomini, servire il Vangelo”. Quello
del Vangelo è un messaggio di salvezza, “il nostro è un messaggio di salvezza”, ha
ripetuto padre Nicolás, citando la lettura della Messa del profeta Isaia. Un messaggio
che, ha confessato, lo ha colpito per la sua insopprimibile universalità:
“Il
nostro Dio, la nostra fede, il nostro messaggio, la nostra salvezza sono così grandi,
che non si possono mettere in un contenitore, in un Paese, in un gruppo, in una comunità,
nemmeno in una comunità religiosa. Queste sono notizie di salvezza per tutte le nazioni.
E’ un messaggio universale, perché il messaggio stesso è grande. E’ un messaggio che
non si può ridurre a null’altro”. Ci sono “nazioni” di popoli,
più ancora che geografiche - ha continuato padre Nicolás - che “chiedono il nostro
aiuto”: gli esclusi anche dalla globalizzazione, gli svantaggiati, i “manipolati”:
per i quali, ha detto, “la salvezza è ancora un sogno”, ma che restano comunque i
candidati ideali a ricevere il “messaggio di Dio che è per tutti”:
“Perché
quello che conta è la salvezza, la gioia dei poveri. Quello che conta, quello che
è reale, è la speranza, la salvezza, e noi vogliamo che questa salvezza si estenda.
Che sia come un’esplosione di salvezza: è così che parla Isaia. Che sia una salvezza
che tocchi a tutti, una salvezza secondo il cuore di Dio, la sua volontà, il suo Spirito”. (Canto
"Anima Christi")