Oggi si celebra la Giornata per l’approfondimento del dialogo tra cattolici ed ebrei.
Interviste con mons. Paglia ed il rabbino Laras
Incentrata sul tema “Non pronunziare il nome del Signore Dio tuo invano”, si celebra
oggi la 19.ma Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici
ed ebrei. Per accompagnare la Giornata, è stato approntato un sussidio a firma del
vescovo di Terni Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo
e il dialogo della CEI, e del rabbino Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico
di Milano e del Nord Italia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La
fondamentale prospettiva ecclesiologica ed ecumenica che caratterizza questa Giornata
– fanno notare il vescovo ed il rabbino - si motiva a partire dall’affermazione del
Concilio Vaticano II che ricorda “il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento
è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo”. Ma come si rinsalda e come viene
sigillato questo vincolo nel nostro tempo? Risponde mons. Vicenzo Paglia:
“Non
possiamo essere cristiani senza questo legame. Peraltro, mi pare anche bello che gli
stessi ebrei comprendano, e sempre più chiaramente, che i cristiani non sono i loro
nemici, ma certamente i loro fratelli. La diversità, che pure c’è e non possiamo ovviamente
negarla, ci fa tuttavia ricomprendere e riaffermare la fraternità di tutti gli uomini.
Il futuro dell’umanità - se è compreso a partire dalla paternità di Dio - certamente
non può che essere fraterno”.
“Padre Nostro” è l’invocazione
più semplice e profonda che la Bibbia rivela al credente ebreo e cristiano. Questa
preghiera ardente è uno degli anelli di congiunzione tra ebraismo e cristianesimo.
Un legame che si conferma anche nel Comandamento: “Non pronunziare il nome del Signore
Dio tuo invano”. Ebrei e cristiani sono pertanto chiamati a “glorificare nel mondo
il Santo Nome”. Ascoltiamo il presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo
e il dialogo della CEI:
“Il nome di Dio non può essere tradito.
Deve anzi risplendere nel cuore di ciascun credente. Il nome di Dio è la pace. Il
nome di Dio è la fraternità. Il nome di Dio è la solidarietà. In questo senso, chiunque
sfrutti il nome di Dio per i propri disegni è, allo stesso tempo, un idolatra ed anche
un fratricida, perché rinnega la verità stessa della fraternità umana, che sul rispetto
del nome di Dio è fondata”.
Lo sviluppo del dialogo ebraico – cristiano
è stato rilanciato con forza dal Concilio Vaticano II. Come il patrimonio cristiano
diventa allora un riferimento centrale anche per gli ebrei? Risponde Giuseppe
Laras:
“E’ centrale il fatto che il cristianesimo abbia
introdotto nel mondo l’idea del monoteismo. Il cristianesimo e l’islam sono da considerarsi
come degli apripista, come degli anticipatori dell’idea monoteistica nel mondo. Questo
aspetto, quindi, della predicazione cristiana e della presenza cristiana nel mondo,
vengono considerati in modo di apprezzamento e positivo”.
Quali
sono le principali esortazioni degli ebrei ai cristiani per rendere ancora più saldo
questo profondo legame? Ancora il presidente del Tribunale rabbinico di Milano e del
Nord Italia:
“Io credo che ci ritroviamo insieme soprattutto laddove
riprendiamo il concetto dell’amore del prossimo, che in fondo ha rivoluzionato la
vita dell’Occidente, quando ha stabilito la posizione dell’alterità come posizione
di incontro. Ci sono tante cose che possono essere fatte bene e meglio insieme, traendole
dalla radice comune del pensiero religioso dell’ebraismo”.
Nel sussidio,
si fa riferimento, infine, alla situazione di Gerusalemme: “come ebrei e come cristiani
– si legge nel testo – possiamo unirci in un’unica testimonianza di santità perché
il nome divino non sia profanato, a partire da Gerusalemme, in tutti i luoghi del
mondo e nella persona umana”.