2008-01-16 12:27:39

"Una grande sconfitta della cultura": così mons. Ravasi sulla vicenda della mancata visita del Papa alla Sapienza


"Una pagina nera della storia della cultura": con queste parole mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, definisce la vicenda che ha portato all'annullamento della visita del Papa all'Università romana della Sapienza. Il presule, parlando della vittoria del "fondamentalismo culturale" di una minoranza, ha espresso la speranza che la maggioranza reclami la necessità del confronto e del dialogo. Ascoltiamo mons. Ravasi al microfono di Giovanni Peduto:RealAudioMP3

 
R. – Questa vicenda merita sicuramente anche un giudizio dal punto di vista strettamente culturale, prescindendo proprio dalla figura in questione, che è la figura del Santo Padre, una figura quindi di grande profilo religioso. Infatti, secondo me, questa vicenda ha nel suo interno, segnala e scandisce, una grande sconfitta della cultura. La cultura di sua natura è fatta di incontro e di dialogo, che può anche supporre ad un certo momento la dissonanza, la differenza delle prospettive, ma che non può mai essere definito come culturale quando esplode e diventa mera negazione, quando diventa mero rifiuto, senza la possibilità, appunto, di un incontro. In questo caso abbiamo, quindi, da un lato una sorta di fondamentalismo culturale che si è manifestato con questa negazione di principio – quasi – dell’ascolto e dell’incontro; dall’altra parte direi che è veramente insensato che il mondo della cultura non consideri anche il discorso religioso, il discorso teologico o il discorso in senso lato ed anche spirituale che ha condizionato ed ha arricchito per secoli tutta la vicenda dell’Occidente, ma anche la vicenda universale e che non la voglia assolutamente mettere nell’interno del proprio orizzonte, considerandolo come qualcosa del tutto estraneo. In questa luce, direi, che queste due dimensioni e quindi da una parte proprio l’incapacità dell’ascolto e dell’incontro e quindi il semplice rigetto; e dall’altra parte il non considerare il fenomeno religioso e il fenomeno spirituale come una componente rilevante della cultura, ha fatto sì che questa vicenda sia ora una pagina nera all’interno non tanto del discorso dei rapporti con la religione, ma sia una pagina nera della storia della cultura.

 
D. – Quali sviluppi - lei prevede – per il futuro, dopo tutto quello che è accaduto?

 
R. – Questa è indubbiamente una ferita che si è creata soprattutto per quanti vogliono il confronto, vogliono il serio dialogo, vogliono la capacità di avere anche voci diverse che sanno però entrare in confronto diretto, immediato ed anche vario. Tutto questo probabilmente si arresterà e sarà come un peso, un macigno sulla strada. Dovremmo ritornare all’inizio, tenendo conto però di un fatto che non è sottolineato a sufficienza: questo rifiuto è stato marcato da una minoranza. Una minoranza - e certamente questo lo si è ripetuto – di docenti, ma anche degli stessi fruitori dell’università, perché questo gruppo di studenti, cresciuto ed accresciuto anche artificiosamente con presenze esterne, non rappresenta il desiderio di conoscenza anche da parte di studenti e di docenti, che non sono credenti, ma che vogliono sempre guardare al di là della loro siepe e vedere questo mondo. Mai come in questo tempo, per esempio, c’è stata una crescita della produzione di tipo editoriale religioso. Questo vuol dire che i confronti interessano. Noi speriamo che proprio questa autentica base continui a reclamare la necessità degli incontri, la necessità del confronto e del dialogo. Questo è sicuramente il futuro in cui dobbiamo sperare, dopo questa tappa così nuvolosa e così tenebrosa.







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