Il Rettore de "La Sapienza" Guarini: attendiamo con gioia il Papa, messaggero di
pace e uomo di grande cultura. Sulle contestazioni in corso, il commento di mons.
Fisichella e dello storico Galli Della Loggia
Un momento di alta cultura, di confronto di idee che sarà fecondo per tutta la comunità
universitaria de “La Sapienza”. Il rettore dell'università, il prof. Renato Guarini,
presenta così - alla nostra emittente - la visita di Benedetto XVI all’ateneo romano
di giovedì prossimo. Nell’intervista di Alessandro Gisotti, il rettore de “La
Sapienza”, che, ricordiamo, ha invitato il Papa nei mesi scorsi, mette l’accento sull’importanza
del dialogo tra fede e ragione, tratto distintivo del Pontificato di Benedetto XVI:
R. -
Io, personalmente, e la comunità accademica ci prepariamo ad accogliere il Papa, senz’altro
messaggero di pace, ma soprattutto uomo di grande cultura, di profondo pensiero filosofico.
Ci si può, quindi, confrontare con lui e ascoltare le sue riflessioni.
D.
- L’anno accademico si inaugura all’insegna dell’impegno per abolire la pena di morte,
un tema caro al Papa, che anche recentemente ha chiesto di aprire un dibattito pubblico
sulla sacralità della vita umana. Cosa può fare su questo fronte il mondo accademico?
R.
- Può fare molto, perché noi siamo gli educatori delle generazioni del futuro. Dobbiamo,
quindi, sensibilizzare le generazioni a queste problematiche. E lo scopo della visita
e dell’invito al Papa sono proprio legati al tema di fondo, per così dire, dell’inaugurazione
dell’anno accademico. Vorrei, infatti, che alla fine della cerimonia, oppure nei giorni
successivi, gli studenti de “La Sapienza” in qualche modo si impegnassero a sensibilizzare
gli studenti di tutte le università italiane ed internazionali.
D.
- Benedetto XVI, com’è noto, è stato a lungo un professore universitario. Come guardano
i suoi docenti a questo ex collega d’eccezione?
R.
- “La Sapienza” è un’università molto grande, molto complessa. Evidentemente, ci sono
credenti e non credenti e di diversa ideologia. Io ritengo che tutti dovrebbero guardare
Benedetto XVI soprattutto come a un uomo di cultura e a un ex professore, indipendentemente
dalle proprie idee. Mi sembra che in questi giorni qualcuno però abbia fatto delle
affermazioni… forse qualcuno che non ha mai letto gli scritti di Benedetto XVI.
D.
- Il riferimento, dunque, è ovviamente ad alcune decine di docenti de “La Sapienza”
che hanno chiesto con un appello, con una lettera proprio a lei rivolta, di annullare
l’evento. Cosa può rispondere? R. - Io ribadisco che è senz’altro
una minoranza, perché “La Sapienza” ha 4500 docenti. Quindi, coloro che hanno manifestato
il proprio dissenso nella lettera sono un numero esiguo. Io rispetto le idee di tutti,
ma vorrei richiamare tutti a dialogare, soprattutto a far prevalere la ragione sulle
ideologie, che ormai sono superate.
D. - Com’è
noto, uno dei tratti caratterizzanti del Pontificato di Benedetto XVI è il suo impegno
a rendere fecondo il dialogo tra fede e ragione. Quali difficoltà, ma anche quali
sviluppi possibili, secondo lei?
R. - Io sono un
uomo di ragione e mi auguro che si possa veramente con il dialogo, con l’approfondimento
dei temi, arrivare ad una riflessione feconda. Perché fin quando tutti rimangono sul
generico - e, le ripeto, ci sono persone che non hanno mai letto gli scritti del Papa
- evidentemente è facile poi prendere delle posizioni preconcette. Quindi, mi auguro
che questa sia anche l’occasione per un fecondo dialogo tra fede e ragione.
D.
- Nel recente discorso agli amministratori locali di Roma e Lazio, il Papa ha messo
l’accento sulla centralità dell’educazione per la formazione della persona umana.
Quale ruolo può svolgere l’università al riguardo?
R.
- L’università può svolgere un ruolo importantissimo, e soprattutto le università
di Roma, un’Università come “La Sapienza”, che è un grande centro di attrazione per
le diverse regioni d’Italia come anche per alcuni Paesi dell’area mediterranea. Quindi,
noi abbiamo un ruolo importante, ma soprattutto abbiamo grandi responsabilità. Io
mi auguro che nella formazione delle persone, oltre alla loro preparazione professionale
e scientifica, si badi anche molto alla loro formazione umana. Dobbiamo, con la nostra
azione, riuscire a fare in modo che i giovani riescano ad impegnarsi con grandi ideali.
Intanto,
in Italia, è acceso il dibattito innescato dall’appello dei 67 docenti de “La Sapienza”,
che hanno chiesto di annullare la visita di Benedetto XVI, mentre stamani un piccolo
gruppo di studenti ha occupato il rettorato. Sulla vicenda delle contestazioni anti-Papa
all’ateneo romano, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento dello storico
Ernesto Galli Della Loggia:
R.
- La tolleranza in Italia è ancora una merce molto rara e quello che è triste è che
sembra essere rara soprattutto dove non dovrebbe esserlo, cioè negli ambienti intellettuali.
Soprattutto le università, in Italia, continuano ad essere un luogo dove non sempre
la tolleranza è molto praticata. Che non lo fosse da parte di gruppi di studenti -
gruppi, bisogna sempre ripetere, minoritari, molto minoritari - questo lo sapevamo.
Che ci fossero anche gruppi di professori che non si riconoscono in un atteggiamento
dialogico, questo colpisce un po’ di più.
D. - I
firmatari dell’appello contro la visita del Papa fanno riferimento ad un discorso
su Galileo dell’allora cardinale Ratzinger, del 1990. E però attribuiscono al Papa
il pensiero di un filosofo, peraltro agnostico, citato dal cardinale. Insomma, l’ennesima
estrapolazione stile Ratisbona?
R. - Sì, credo si
tratti per l’ennesima volta di un equivoco, non so fino a che punto in buona o in
malafede, di una citazione che il Papa ha fatto di Feyerabend, un filosofo
della scienza, che appunto commentando il processo di Galileo sosteneva che in un
certo senso - ed il problema appunto è vedere in che senso - la posizione del cardinale
Bellarmino, cioè della Chiesa, era più razionale, più ragionevole di quella di Galileo,
che come tutte le scoperte, le rotture, si poneva in qualche modo in contrasto con
l’opinione media ragionevole del suo tempo. Mi pare di capire, dalla citazione che
ho letto per esteso, che il senso del discorso fosse questo e che il Papa lo riprendeva
per dimostrare quanto i giudizi, in base al principio di razionalità, di ragionevolezza,
possano essere anche fallaci, come appunto fu il giudizio di Bellarmino sul conto
di Galileo.
D. - Qualcuno, in questi giorni, è tornato
a ripetere, stancamente, il teorema della contrapposizione tra Giovanni Paolo II,
“l’amico della scienza”, e Benedetto XVI, “il reazionario”. Cosa pensa di questo voler
mettere un Papa contro l’altro?
R. - Credo che dal
punto di vista storico sia abbastanza bizzarro, perché è a tutti noto che il principale
consigliere teologico di Giovanni Paolo II, colui che tra l’altro - e questo si può
dire tranquillamente, perché è ovvio che rientrasse anche tra le sue funzioni - ha
esteso materialmente un numero significativo di passi delle encicliche, di discorsi
di Giovanni Paolo II, era proprio il cardinale Ratzinger. Pensare che ci fosse, che
ci sia, un contrasto, che si possa leggere un contrasto dottrinale tra i due, mi sembra
veramente privo di fondamento storico.
Dal canto suo, l’agenzia SIR della
Conferenza episcopale italiana (CEI) sottolinea che è stata “un’ottima idea invitare
Benedetto XVI” in una "grande università” come “La Sapienza”. A proposito delle contestazioni
annunciate, poi, l’agenzia esprime preoccupazione. C’è da preoccuparsi, si legge nella
nota, “per il senso di vuoto che questo rifiuto grida alla comunità universitaria
innanzi tutto e poi alla più vasta opinione pubblica. Il vuoto di chi rifiuta il confronto,
di chi ritorna a forme di anticlericalismo ottocentesco”. Sulle polemiche sorte intorno
all’imminente visita di Benedetto XVI a “La Sapienza” di Roma, è intervenuto ieri
anche mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense.
Silvia Gusmano ha raccolto un suo commento a margine della presentazione del
libro del senatore Domenico Fisichella, “Crisi della politica e governo dei produttori”,
svoltasi presso l’ateneo pontificio:
R.
- Mi sembra ci sia molta miopia e ci siano molti pregiudizi da questa prospettiva.
Tutto io posso pensare tranne che l’Università, e quindi l’ambito accademico, non
sia o non debba essere un luogo aperto all’ascolto di tutti, all’ascolto delle diverse
istanze che sono presenti nella società. L’Università è nata per questo, l’Università
è nata perché ci possa essere il confronto delle proprie posizioni e delle posizioni
altrui. L’Università esiste e deve esistere proprio perché le diverse istanze, che
sono presenti come frutto della ricerca, possano essere condivise e partecipate. Se
c’è una preclusione o c’è una pre-comprensione sulla presenza cattolica, mi sembra
allora che ci sia un’autoesclusione da parte di chi compie gesti di questo genere.
Mi sembra, cioè, che venga meno alla natura stessa dell’Università.